Sulla costa tirrenica della provincia di Catanzaro non si aveva proprio memoria di un ciclone giudiziario di dimensioni caraibiche come quello che la sta sferzando da qualche giorno.
Anzi, in molti erano convinti di vivere in una sorta di isola felice, al tepore di un microclima ingentilito dall’abbraccio del Golfo di Sant’Eufemia e dai suadenti tramonti rivieraschi.
L’inchiesta Alibante ha invece spazzato via ogni illusione, stordendo le comunità interessate, aprendo scenari inquietanti e svelando ben altri e asfissianti abbracci, vedi quelli tra pezzi di politica e consorterie criminali.
In questo quadro si sono svegliati anche dubbi e interrogativi di non poco conto, che vale la pena, almeno in parte, sottolineare.
Ascoltando le parole del procuratore Nicola Gratteri e del suo vice Vincenzo Capomolla, infatti, vien da chiedersi con amara naturalezza come mai lo Stato abbia impiegato più di 30 anni per illuminare a giorno il medio Tirreno calabrese.
Perché solo ora?
In attesa di avere un briciolo di risposta, non resta che fare i conti con le macerie di quella illusione generalizzata di isola felix spazzata via in un attimo dall’inchiesta Alibante.
L’economia costiera drogata è solo uno dei danni più forti arrecati dall’incantesimo del “medio Tirreno felice” .
Poi c’è il disastro democratico: una politica di stampo oligarchico, giocattolo di potere in mano a pochi perché, salvo lodevoli e disinteressate new entry, si presentano sempre gli stessi, inutile girarci intorno, son sempre quelli, come se fossero iscritti ad un improbabile ordine degli abilitati alla politica.
E non potrebbe essere altrimenti.
Se la politica è prevaricazione, conquista del voto ad ogni costo, un fare all’amore continuo con chi vuole piegarla ai suoi non sempre meritori interessi, non puoi pensare che i giovani possano entrarvi per ossigenarla.
Se la politica rimarrà ancora in mano ai soliti falliti capipopolo, e questo vale per tutti i contesti sociali, la democrazia morirà.
Perché una comunità che non respira, muore.
A volte muore senza saperlo, o addirittura pensando il contrario, come accade da 30 anni a questa parte a Falerna e a Nocera.
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