AOSTA «C’è la ‘ndrangheta in Valle d’Aosta, anche se il core business non sono il racket e le bombe per il pizzo, il traffico di droga, l’usura e il riciclaggio. E non deve stupire». Parole aguzze e ben mirate quelle del pubblico ministero Valerio Longi durante la prima udienza dell’Appello nel processo Geenna aa Aosta che ha fatto emergere le infliltrazioni delle cosche di ‘ndrangheta in Valle d’Aosta. Longi con un discorso di quattro ore – come riporta il Corriere della Sera – traccia il paradigma socio economico in cui il potere criminale si è inserito, non attraverso metodi violenti o spargimento di sangue ma «infiltrandosi nei gangli delle istituzioni comunali e regionali. La Regione – secondo il pm è il più grande stakeholder delle imprese». E’ qui, dunque, che si individua il giro d’affari scoperto dalla Dda di Torino e sotto processo al tribunale di Aosta, dove a settembre 2020 erano stati condannati a 13 anni il ristoratore di San Giorgio Morgeto (Rc) Antonio Raso, a 10 anni di reclusione il consigliere regionale sospeso Marco Sorbara e l’ex assessore del comune di Saint Pierre Monica Carcea, a 11 anni l’ex consigliere comunale di Aosta Nicola Prettico, la stessa pena per il dipendente del casino di Saint Vincent Alessandro Giachino. Concorso esterno in associazione mafiosa l’accusa per i primi due, partecipazione alla’ndrangheta per gli altri. Tutti al centro dell’indagine dei carabinieri del gruppo di Aosta e del Ros, coordinati dalla Dda.
«Al nord la ‘ndrangheta si attiene a tre regole: mimetismo, segretezza, unitarietà». Emerge dal racconto in aula della Procura generale che cita anche il maxiprocesso «Minotauro» e altre indagini sulla criminalità organizzata in Piemonte e in Valle d’Aosta commentando la presenza della ‘ndrangheta come «la farsa della normalità». L’inchiesta Geenna, quindi, mostra una mafia silente perché «a differenza di ciò che accade in Calabria o in Sicilia, non si può confidare in una rete diffusa di omertà e reticenza».
«Uno dei punti chiave dei processi contro la ‘ndrangheta è provare la presenza dell’organizzazione criminale al fuori dalla regione “casa madre“ secondo il pm Longi che ha spiegato come «alcune difese dicono che in Valle d’Aosta, di fatti di cronaca, succede poco o nulla». Per Longi invece «bisogna contestualizzare». A screditare la tesi dell’operatività delle cosche mafiose nel tessuto economico “sano” delle regioni abbienti del Nord sarebbe proprio la mancanza di atti intimidatori, le bombe e le minacce restano peculiarità del Sud. «Ma qui – insiste la Dda – l’obiettivo della ‘ndrangheta non sono il pizzo, qui non te lo pagano pure se bruci il locale, ma la ricchezza alla quale si può attingere dal sistema pubblico». Infiltrando la politica. Davanti alla corte d’Appello, il presidente Mario Amato, consigliere relatore Roberto Cappitelli, il prossimo 17 maggio concluderà la requisitoria Avenati Bassi, poi toccherà alle parti civili, tra cui la Regione (avvocato Riccardo Jans), il comune di Aosta, quello di Saint Pierre (avvocato Giulio Calosso) e l’associazione Libera.
x
x