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Cinque anni fa la scomparsa di Maria Chindamo. «Condannata da un tribunale clandestino»

Il 6 maggio del 2016 la scomparsa dell’imprenditrice. Davanti la tenuta di Limbadi venne trovata solo la sua auto col motore ancora acceso

Pubblicato il: 06/05/2021 – 8:21
Cinque anni fa la scomparsa di Maria Chindamo. «Condannata da un tribunale clandestino»

LIMBADI Sono trascorsi cinque anni dalla scomparsa dell’imprenditrice calabrese. Quella mattina del 2016 davanti al cancello della tenuta di Limbadi venne trovata solo la sua auto col motore ancora acceso. Vicini, alcuni resti di sangue e capelli. Da allora i familiari continuano a chiedere giustizia e verità su quanto accaduto quella mattina. Negli anni, il dolore dell’assenza si è tradotto nella solidarietà e vicinanza di una comunità che si è stretta intorno al fratello Vincenzo, ai figli e all’anziana madre. Così, ogni anno, proprio lo stesso giorno della scomparsa, ci si è dati appuntamento davanti a quel cancello per ricordare Maria e rilanciare gli appelli con voce unanime. Questa mattina alle 11.00, si svolgerà il “Sit-in 6 maggio Maria Chindamo” proprio davanti al cancello dell’azienda dove scomparve, in località Montalto a Limbadi. L’iniziativa promossa da Agape, Libera, il progetto “Mettiamoci una croce sopra si è arricchita delle adesioni di associazioni, istituzioni e singole cittadine e cittadini che hanno scelto di condividere la richiesta di verità e di giustizia. Vincenzo Chindamo, fratello di Maria, da sempre lotta per chiedere verità e giustizia. Ospite di Buongiorno Regione, ha ripercorso gli ultimi episodi legati alla scomparsa dell’imprenditrice: il caso riaperto e le confessioni del pentito Emanuele Mancuso. «Sentire quanto detto dal collaboratore di giustizia in merito ai drammatici dettagli sull’uccisione di Maria è stato tremendo – dice Vincenzo Chindamo – fa male immaginare il sorriso e il suo volto davanti ai suoi aguzzini». «Sono persone non degne di rispetto – aggiunge – occorre isolarli». Maria aveva deciso di essere padrona del proprio futuro, ma «un tribunale clandestino l’ha condannata a morte per farle pagare la sua ambizione, la voglia di costruire la sua impresa e vivere una vita felice con i suoi figli». Maria Chindamo è stata inserita nell’elenco delle vittime di mafia. «Non poteva essere altrimenti – conclude Vincenzo Chindamo – un delitto il suo atroce e consumato davanti a tutti». «La manifestazione di oggi non è contro qualcuno, ma insieme a chi come noi continua a credere nella giustizia, senza perdere la speranza».

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