COSENZA L’attività clinica, assistenziale e di ricerca svolta dall’Unità operativa complessa di malattie infettive e tropicali dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza è stata illustrata in una seduta della commissione consiliare sanità, convocata dalla Presidente Maria Teresa De Marco, su espressa sollecitazione del Consigliere Antonio Ruffolo, dal direttore della stessa Uoc, dottor Antonio Mastroianni. La seduta di commissione è stata introdotta dalla Presidente De Marco che ha rivolto un ringraziamento particolare al dottor Mastroianni per il lavoro fin qui svolto e per i risultati conseguiti con la sperimentazione della terapia innovativa che prevede, nel contrasto al virus covid 19, l’utilizzo di alcune proteine, normalmente prodotte dal nostro organismo, in forma di anticorpi monoclonali. Il dottor Mastroianni, accompagnato dalle dottoresse Valeria Vangeli e Sonia Greco, dell’equipe dell’Unità operativa di malattie infettive, ha tenuto una lunga ed interessante relazione ripercorrendo le diverse tappe dell’azione di contrasto alla pandemia intraprese dal febbraio dello scorso anno.
«L’unità operativa complessa di malattie infettive rappresenta – ha detto Mastroianni – il reparto di riferimento per la gestione dei pazienti affetti da Covid e a tutt’oggi il reparto ha gestito più di 400 pazienti, accumulando un’esperienza importante e creando una coorte che ci ha permesso di valutare terapie innovative, partecipare a trial multicentrici nazionali, idearne di originali e di giungere ad alcuni punti fermi nella nostra attività». «Alla luce delle risultanze dei principali trial internazionali – ha aggiunto il dottor Mastroianni – è stato autorizzato, dal mese di marzo di quest’anno, l’utilizzo degli anticorpi monoclonali. In ambito regionale il nostro centro risulta essere quello che ha avuto un’esperienza più corposa, con l’arruolamento di quasi una trentina di pazienti, gestiti in collaborazione con i medici di medicina generale e in particolare con i medici delle Usca, a sottolineare l’importanza dell’interazione Ospedale-territorio che è alla base del successo di questo programma che è ancora nella sua fase iniziale e che sarà portato avanti fin quando se ne ravviserà la necessità». I numeri forniti dal dottor Mastroianni sono estremamente indicativi e incoraggianti e «parlano – ha insistito il direttore della UOC di malattie infettive dell’Azienda ospedaliera – a favore di un’efficacia indiscutibile di questo presidio terapeutico». Ecco perché – ha detto ancora Mastroianni – «è il caso di incentivare la conoscenza di questa formidabile arma che conferisce una immunoterapia passiva di breve durata rispetto a quella che è la protezione immunitaria indotta dai vaccini. E’ una risposta immunitaria sì passiva, ma estremamente potente nel breve termine e che permette di bloccare la replicazione del virus e la penetrazione dello stesso al livello delle cellule target, principalmente al livello respiratorio, ma non solo, e quindi di ridurre al 50% nell’arco dei 3-5 giorni dalla somministrazione, la cosìddetta carica virale». Per il dottor Mastroianni «la partita più dura è quella che si gioca nei primi giorni. La somministrazione degli anticorpi monoclonali ha, infatti, il massimo successo se somministrata entro i primi tre giorni dall’infezione, in particolare dalla diagnosi che si presuppone avvenga all’indomani dell’esordio della sintomatologia. Rispettando questa tempistica – ha aggiunto – abbiamo una risposta pressoché pari al 100%. Nella nostra esperienza abbiamo potuto constatare che pur di fronte a pazienti over 50/60/70 anni con patologie che li rendevano estremamente a rischio, l’intervento immediato li ha letteralmente salvati dallo sviluppo di una malattia grave». A conti fatti il direttore della UOC di malattie infettive giudica «la sperimentazione al momento estremamente importante con risultati molto positivi, mettendo in rilievo l’ottima interazione con il territorio che si intenderà intensificare, sia con i medici delle Usca che con quelli della medicina generale, al fine di intervenire quanto più possibile nelle fasi più precoci nei pazienti eleggibili».
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