CATANZARO La piena occupazione che elimini il precariato e renda il lavoro pienamente sicuro, una sanità completamente pubblica e liberata dal malaffare e dagli appetiti della politica, investimenti pubblici. Sono queste le rivendicazioni che hanno portato, questa mattina, circa 200 tra studenti, disoccupati, lavoratori del pubblico e del privato, stagionali e precari, esponenti di organizzazioni sindacali e di partiti, movimenti e associazioni di sinistra e antagonisti a inscenare un sit-in nel piazzale della sede della Regione a Catanzaro.
Alla mobilitazione hanno aderito Fronte Comunista e Fronte della Gioventù Comunista della Calabria, Usb Calabria, Collettivo “Stipaturi” di Lungro (Coseza), Collettivo “MalaErba” di Reggio Calabria, “Ci siamo rotte i tabù” di Catanzaro, Cub Cosenza e Crotone, Comitato Pro-ospedale del Reventino di Soveria Mannelli (Catanzaro), Comitato per il diritto alla salute di Acri (Cosenza), Radio Ciroma 105.7 di Cosenza, Calabria Sociale contro il regionalismo, Rifondazione Comunista della Calabria, Calabria Resistente e Solidale, Potere al Popolo della Calabria, Orsa Porto di Gioia Tauro. Vari gli striscioni esposti dai manifestanti e le foto dei politici, di tutti gli schieramenti, accusati di aver “ucciso” la Calabria.
«Le nostre rivendicazioni – hanno spiegato gli organizzatori del sit-in – non possono prescindere dalla lotta delle classi popolari per l’abolizione completa dei contratti precari, per gli investimenti pubblici, per la piena occupazione e per una sanità totalmente pubblica e controllata, nelle sue nomine, dai lavoratori e non da dirigenti in odore di conflitto di interesse. In Calabria, ancora più che in Italia, non c’è più spazio per il riformismo e per pratiche che si limitano a tentare di cambiare lo status quo attraverso il richiamo alla sola battaglia elettorale. Portiamo avanti – hanno poi osservato i manifestanti – una lotta unitaria per evidenziare che i temi del lavoro e della sanità non possono essere separati, soprattutto nell’epoca del Covid. Senza tutele sul lavoro, è impossibile pensare a un superamento immediato del rischio di nuove ondate e a un personale sanitario al massimo delle potenzialità».
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