CATANZARO È tra i comparti che più di altri continua a pagare il prezzo più alto sull’altare della crisi economica generata dalla pandemia. Ed ancora attende di riprendere a camminare dopo lo stop imposto dalle misure per contenere la diffusione dell’epidemia. Infatti non è stata stabilita neppure una data per la ripartenza. Parliamo del wedding, cioè l’organizzazione delle cerimonie nuziali. Un comparto che interseca diversi segmenti produttivi che vanno dai ristoratori, agli stilisti, passando da fotografi, musicisti e da gestori di locali e catering. Ma che comprende anche altre branche tra cui il turismo, quello indotto dallo spostamento nella location dedicata ai festeggiamenti. Tanto rilevante quest’ultimo da creare da tempo un nuovo spaccato del mercato turistico: wedding tourism.
Dunque una vera e propria industria quella legata alle cerimonie nuziali con le varie derivazioni dell’indotto che la pandemia ha bloccato con conseguenze pesantissime sulla tenuta economica e occupazionale della miriade di imprese che ruotano attorno a questa grande galassia. Soprattutto in Calabria, una regione particolarmente legata a questo genere di evento che resta ancorato alla tradizione delle cerimonie nuziali decisamente diffuse tra la popolazione. Ma che lo scoppio della pandemia da mesi ha stravolto devastando un settore che da tempo segnava viceversa un trend di crescita.
Assicurando posti di lavoro e una cospicua fetta di valore aggiunto che arricchiva il Pil calabrese. Fino alla brusca frenata generata prima dallo stop ai matrimoni e poi alla chiusura protratta da mesi delle feste nuziali. Il terrore della diffusione dei contagi soprattutto in luoghi chiusi ha comportato – nella migliore delle ipotesi ad un rinvio per mesi – se non alla cancellazione di centinaia di eventi legati alle nozze. Ed i numeri in questo senso sono precisi e dipingono una situazione delicatissima non solo e soltanto per i contraccolpi economici, ma anche occupazionali.
Nel corso del 2020 a seguito del fermo imposto dalla diffusione del virus, c’è stato un crollo dei matrimoni in Italia di oltre la metà rispetto all’anno precedente. L’Istat annovera che a fronte dei 184.088 matrimoni celebrati nel 2019, nell’anno della pandemia complessivamente le nozze registrate sono state soltanto 87.750. Tradotto in termini percentuali si tramuta in una flessione di 52,3 punti. Proprio a causa della cancellazione o posticipazione ad altro anno dei festeggiamenti per le nozze. Unica finestra che si è aperta nel 2020 è stata nei pochi mesi della stagione estiva. Poi il nuovo fermo. Lo stesso istituto di statistica ha realizzato uno studio per comprendere la dimensione del fenomeno da cui è emerso che le coppie comprese tra i 20 ed i 28 anni ha preferito cancellare le nozze, mentre quelle composte nella fascia di età tra i 28 e i 38 anni ha posticipato la data fino al 2022. Ma il dato ancor più significativo è emerso sulle motivazioni che hanno determinato questa scelta. Ben l’87% delle coppie intervistate ha dichiarato agli analisti dell’Istat di aver maturato la decisione di posticipare le nozze per l’impossibilità di festeggiare assieme a familiari, parenti ed amici il giorno del fatidico sì. Rinvii che si sono protratti anche in questo inizio d’anno visto che ancora il via libera ai festeggiamenti post cerimonia non è stato dato.
Così i contraccolpi per l’economia del settore non sono tardati a farsi sentire.
Secondo le stime delle maggiori organizzazioni che rappresentano l’intero comparto, il 2020 si è chiuso con una perdita del fatturato che sfiora il 90 per cento: tra l’87 e 89%. Ed ancora peggio sta andando il 2021, con il fermo delle attività ovviamente il crollo finora registrato dalla “wedding industry” è stato del 100%. Azzeramento dei guadagni che sta mettendo a rischio in Italia circa 1 milione di posti di lavoro, tra dipendenti diretti e indiretti dei vari settori coinvolti.
Un comparto importante per l’economia complessiva italiana ricordando che genera un giro d’affari da 15 miliardi di euro l’anno. Un segmento produttivo che per la Calabria vale, stando alle stime di Assoeventi, circa 400 milioni di euro di fatturato l’anno nei settori immediatamente riferibili all’organizzazione dell’evento (catering, location, fotografi, fiorai, agenzie di viaggio …). A questo va sommato un non quantificabile, ma sicuramente corposo, volume di affari indiretto connesso ai matrimoni di ulteriori comparti.
Dai numeri forniti da Movimprese, il sistema di raccolta dati di Unioncamere-InfoCamere, attualmente in Calabria risultano iscritte 1.319 aziende che operano nella galassia della “wedding industry” regionale. La fetta più cospicua riguarda il commercio al dettaglio di fiori e composizioni (756 imprese pari al 57,3%), a cui fa seguito il segmento delle riprese fotografiche 413 aziende registrate (31,3%). Mentre le attività ancor più legate ai matrimoni e alle cerimonie contano su 65 imprese di commercio al dettaglio di bomboniere (pari al 4,9%), 50 legate ad organizzazione di feste ed eventi (3,8%), 35 che forniscono catering per eventi e banchetti (2,7%) e 5 agenzie matrimoniali (0,4%). Tutti comparti – ad esclusione del commercio di fiori e delle riprese fotografiche – che nell’ultimo triennio hanno registrato un saldo positivo. Anzi con incrementi cospicui proprio nel settore dell’organizzazione di eventi e nel catering. Segnale di una certa vitalità del comparto pre-covid. Anche se c’è da sottolineare che i numeri – sotto il profilo della demografia delle imprese – non hanno ancora risentito, apparentemente del contraccolpo della pandemia. Questo perché, sono molte le imprese che restano in attesa dei prossimi passaggi per riprendere a camminare e recuperare in parte le perdite subite. Una situazione di fatto “congelata” dallo stallo delle attività conseguenti al fermo imposto dal Governo dopo la diffusione dei contagi. Stando ai dati di Assoeventi, l’intero comparto garantisce occupazione per circa 25mila addetti in Calabria. Messi a rischio dalla mancanza di certezze sulle riaperture.
Un settore quello dei matrimoni, come dicevamo che è decisamente rilevante per la regione che segna l’indice più elevato di nuzialità in Italia: 4,4 per mille abitanti (contro la media nazionale di 3,4). Con Vibo Valentia e Reggio rispettivamente al primo e secondo posto nel Paese per tasso di nozze celebrate rispetto ai residenti.
Si tratta di oltre 7mila celebrazioni svolte in Calabria all’anno, prima della frenata del Covid. In particolare, passando in rassegna i dati dell’Istat, si vede che nel 2019 i riti celebrati in Calabria sono stati 7.177 di cui 5.484 religiosi e 1.693 civili. In flessione rispetto all’anno precedente quando complessivamente i matrimoni sono stati 7.913. Poi il crollo verticale del 2020, quando quel numero si è dimezzato.
Da qui le preoccupazioni di un settore che diviene particolarmente importante per l’intera economia calabrese e che teme il tracollo nel caso di ulteriori ritardi nelle riaperture. Allo stato il Governo non ha ancora indicato una data certa per riaprire il comparto e solo di recente sono state stabilite – ma esclusivamente dalla Conferenza delle Regioni e in attesa di ottenere il via libera del Cts e dall’esecutivo Draghi – le linee guida per la riprese delle attività in sicurezza. Dubbi e incertezze che pesano come un macigno sulle imprese calabresi.
«Abbiamo alle spalle un anno che si è chiuso drammaticamente. Ed ora stiamo rivivendo lo stesso incubo del 2020». Così Gianfranco Ielapi, consigliere nazionale nonché referente regionale di Assoeventi – l’associazione di Confindustria che riunisce imprese organizzatrici di eventi civili, religiosi e professionali – traccia il quadro attuale del comparto in Calabria che «in un anno ha subito un calo del fatturato del 90%». «Senza date certe per la ripresa delle attività – denuncia allarmato – la situazione può solo peggiorare. Se lo scorso anno le coppie hanno spostato la data delle nozze e dunque dei ricevimenti, ora c’è il rischio che ci si possa orientare a sposarsi comunque senza poi organizzare nulla». Un’eventualità che per il consigliere nazionale di Assoeventi, «si tramuterebbe in un cataclisma per imprese e lavoratori calabresi che operano nell’intera filiera del wedding». «La Calabria – motiva a questo proposito Ielapi – più di altre regioni ha una vocazione consolidata nella celebrazione dei matrimoni. Lo indicano i dati dell’Istat che la pongo al vertice delle classifica nazionale per nuzialità e da sempre i festeggiamenti post cerimonia fanno parte integrate. Se si dovesse perdere questa tradizione si manderebbero a casa migliaia di lavoratori,che su questa filiera lavorano, favorendo un nuovo esodo forzoso dalla regione». L’esponente di Assoeventi lamenta poi che «i ristori varati dal Governo Conte prima e poi da Draghi non hanno assolutamente sanato i danni provocati dalla crisi economica conseguente all’emergenza pandemica». Secondo Ielapi, sono suonati come «un accontentino».
«Occorreva – afferma – parametrare gli aiuti alle perdite reali, non utilizzare un sistema che non ha per nulla favorito le imprese che hanno accusato enormi danni». Per questo, per il consigliere nazionale di Assoeventi, «serve ripartire in fretta». «La mancanza di una data certa per le riaperture – spiega a questo proposito – comporta l’impossibilità di programmare. Ed, in un comparto come il nostro in cui la programmazione è centrale, questa assenza si tramuta in uno stallo dell’intera filiera produttiva». «Veda, l’organizzazione di un matrimonio per le coppie come per noi – illustra – comporta una serie di passaggi che non possono essere improvvisati. Se non sappiamo quando potremmo riaprire non potremmo né fissare a nostra volta date o prendere impegni o acquistare merci o assumere il personale necessario a garantire il servizio». Sulle linee guida approvate dalla Conferenza delle Regioni, Ielapi esprime «soddisfazione». «Vanno nella giusta direzione – sottolinea – di garantire un’apertura in sicurezza. Ma – ribadisce – ora si tratta di correre. Il Governo deve comunicare al più presto una data in cui possiamo riaprire. E siamo i primi a voler aprire in sicurezza». «Siamo convinti – conclude Ielapi – che se ci verrà offerta la possibilità di lavorare, sapremo rimettere in piedi le nostre attività. Credo che ci sono tutte le potenzialità per recuperare a pieno e garantire occupazione in Calabria».
«Noi come struttura abbiamo registrato una perdita di fatturato nel 2020 di circa l’85%. E da inizio anno siamo fermi». Nicola Capogreco, titolare del gruppo RistorArt – una delle maggiori realtà del catering in Calabria – tratteggia così i contorni di quella che definisce «una débâcle per il comparto wedding». «Nonostante siamo rimasti chiusi per mesi – sottolinea – abbiamo dovuto sostenere degli enormi costi fissi non paragonabili neppure ad altri comparti per mantenere in piedi le attività. Grandi spazi, location incantevoli hanno necessità di essere manutenute a prescindere dal lockdown a cui si aggiungono tasse e tributi locali corrispondenti. Tutte spese che abbiamo dovuto saldare, anche se le attività sono state fermate dalle misure del Governo». Ed il numero degli eventi cancellati nello scorso anno sono stati decisamente tanti: «Il 70%», dice Capogreco. Quel che più preoccupa l’imprenditore ora è «la mancanza di prospettiva». «Allo stato – segnala – non siamo nelle condizioni di programmare con esattezza nulla. L’incertezza sulle riaperture non ci consente di confermare investimenti e assunzioni». Secondo Capogreco, «occorre fare presto per fissare una data di riapertura soprattutto per un territorio come quello calabrese dove insiste una cronica debolezza socio-economica, legata anche all’assenza di un forte settore industriale». «Il comparto wedding – evidenzia l’imprenditore – era in crescita in Calabria prima della pandemia grazie all’alto indice di nuzialità regionale tanto da rappresentare una vera e propria industria».
E poi c’è il timore più grande paventato da Capogreco: «la dispersione della tradizione di festeggiare le nozze». Per l’imprenditore questo «procurerà in Calabria e nelle altre regioni a ciò vocate, danni economici rilevanti, non facilmente recuperabili per mancanze di prospettive diverse dal turismo che sarebbe privato del “destination wedding” che è una realtà a cui tutte le nazioni fiorenti di arte, culture e tradizioni, guardano con grande interesse e competono, provando a ripartire prima, con il nostro Paese». «Anche per tali ragioni – sostiene ancora Capogreco – risulta necessario, all’interno del quadro normativo attuale, disciplinare, con responsabilità, procedure e protocolli che consentano di sbloccare le attività di wedding in una prospettiva di bilanciamento tra interessi e di analogia rispetto alle misure adottate per la riapertura negli altri settori». «Se giustamente si possono svolgere eventi sportivi o teatrali nel rispetto di particolari disposizioni – si domanda a proposito – perché non farlo anche per il settore degli eventi? Averci dimenticato è, purtroppo, una grave mancanza e non è un caso che la Conferenza delle Regioni e province autonome ha da subito inteso sanarla approvando delle specifiche Linee Guida il 28 aprile 2021 destinate al settore e che ora sono all’attenzione del Governo».
Dunque aperture in sicurezza ma da adottare rapidamente anche per altre ragioni. «Aggiungo che disciplinare velocemente e con senso di responsabilità la ripartenza del settore – sottolinea ancora Capogreco – significa non solo farlo ripartire ma tutelare i consumatori, mettendoli al riparto dal piratesco dilettantismo dei pochi, considerando, anche, che in Calabria il settore è composto da professionisti di prima qualità che programmano l’evento in ogni sfumatura e che lavorano tutto l’anno per continuare ad alzare il livello della propria offerta: dall’utilizzo di eccellenze gastronomiche alla sostenibilità ambientale degli eventi». «Oggi, dopo oltre un anno perso a causa del covid e mai recuperabile – conclude Capogreco – consentire la ripresa dell’attività̀ del comparto è quanto mai necessario, soprattutto, per la nostra splendida Calabria». (r.desanto@corrierecal.it)
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