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Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, condannato l’imprenditore Scimone

In tutto 4 le condanne pronunciate dalla Corte d’Assise di Reggio. C’è anche l’uomo già coinvolto in “Martingala” e il latitante indiano Singh

Pubblicato il: 10/05/2021 – 16:40
Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, condannato l’imprenditore Scimone

REGGIO CALABRIA L’associazione a delinquere non ha retto perché ormai prescritta ma la Corte d’Assise di Reggio Calabria ha condannato a 4 anni e 2 mesi di carcere l’imprenditore Antonio Scimone, imputato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La sentenza è arrivata oggi al termine di un processo in cui il giudice Ornella Pastore ha accolto le richieste del pm Sara Amerio e ha condannato anche Domenico Cosmo, Paolo Perre e Carlo Lombardo.
Per tutti le pene vanno dai 3 anni e 9 mesi ai 4 anni e 8 mesi di reclusione.
La condanna più pesante, 6 anni di carcere, è stata inflitta all’indiano Sher Singh, un latitante di 49 anni ritenuto dalla Procura il principale imputato del processo. In sostanza Scimone, così come gli altri imprenditori, avrebbe favorito l’ingresso in Italia di cittadini extracomunitari ai quali venivano prospettati un contratto di lavoro che avrebbe loro consentito la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno. In particolare, nel giugno 2009 Scimone, quale datore di lavoro, aveva presentato presso lo sportello unico per l’immigrazione di Reggio Calabria 20 richieste nominative di nulla osta al lavoro dipendente, riguardante cittadini extracomunitari che si erano messi in contatto con Sher Singh. Secondo la Procura quei contratti erano fittizi ma consentivano l’ingresso irregolare
degli extracomunitari in Italia. Scimone è lo stesso imprenditore finito, nel 2018, al centro dell’inchiesta “Martingala” con l’accusa di essere il regista delle movimentazioni finanziarie della ‘ndrangheta. Secondo la Dda, infatti, sarebbe Scimone il principale artefice del meccanismo delle false fatturazioni attraverso società “cartiere” che avevano sede in Croazia, in Slovenia, in Austria e in Romania e che servivano per mettere in piedi operazioni commerciali inesistenti grazie a documenti fiscali e operazioni di pagamento fittizie.

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