CATANZARO «Crediamo molto nella capacità di Nicola Irto di guidare il processo di allargamento» della coalizione di centrosinistra. Arriva un’altra robusta “investitura” per Nicola Irto, candidato Pd alla presidenza della Regione: dopo la vicesegretaria Irene Tinagli, è l’ex ministro Francesco Boccia, uno dei “colonnelli” del Nazareno essendo il responsabile nazionale enti locali del Pd, a blindare ancora di più il nome di Irto in un’intervista all’Huffington Post. Boccia inoltre lancia un messaggio di unità al Movimento 5 Stelle, con il quale – fa intendere – la strada per un’alleanza è ancora aperta, e a De Magistris perché l’obiettivo dev’essere «non lasciare la Calabria alla destra».
Nell’intervista Boccia sostiene che «in Calabria vale il ragionamento che Enrico Letta fa ovunque: la Calabria ha bisogno di un centrosinistra unito. Quando si costruiscono processi politici di svolta serve visione e generosità. Se mancano questi due ingredienti non si va lontano. In Calabria il Pd è aperto al confronto con tutte le forze politiche alternative alla destra, ma gli altri devono mostrare altrettanta generosità. Crediamo molto nella capacità di Nicola Irto di guidare questo processo di allargamento. La destra calabrese, travolta dagli scandali, si batte solo con l’unità dei progressisti e dei movimenti civici e di massa, come i Cinque stelle. A De Magistris dico: non lasciamo la Calabria alla destra».
Quanto al rapporto con il M5S, che secondo molti analisti politici si sarebbe nelle ultime ore compromesso per le divisioni in vista delle Amministrative nelle grandi città italiane, Boccia osserva: «Assieme abbiamo fronteggiato un’emergenza inimmaginabile: E abbiamo lavorato per un anno e mezzo benissimo, e non solo sul terreno sanitario. Quello che abbiamo fatto in Europa unendo le forze è stata una svolta storica e il tratto solidaristico e di giustizia sociale è quello che unisce le nostre forze politiche. Ecco, noi continueremo a parlare, nel mondo post Covid che richiederà più sinistra, agli elettori sapendo che i gruppi dirigenti possono cambiare, nel Pd come nel Movimento, gli elettori no».
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