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«In sanità c’è una Calabria che salva e si salva»

Gioacchino Criaco Ad ascoltare quello che ogni giorno si racconta sulla Calabria, quello che ognuno di noi racconta e pensa della Calabria: sale un groppo in gola, si sta alla fine di una giorn…

Pubblicato il: 12/05/2021 – 10:44
di Gioacchino Criaco*
«In sanità c’è una Calabria che salva e si salva»
Gioacchino Criaco

Ad ascoltare quello che ogni giorno si racconta sulla Calabria, quello che ognuno di noi racconta e pensa della Calabria: sale un groppo in gola, si sta alla fine di una giornata vissuta disastrosamente e ci si infila nel letto col cuore pesante. Poi la notte passa e il mattino cova una nuova speranza. A scrivere di certe vicende si rischia la retorica, la critica feroce di quelli a cui l’alba non muta l’umore della sera avanti. Ma in una Calabria delle macerie non tutto è disastro, anzi, spesso, le cose buone sono numerose. Non si dice nulla di nuovo se si indica nella sanità la pena più pesante che i calabresi si trascinano: la salute, la vita, cose fra le più care per tutti. I padri del disastro sono innumerevoli, forse ognuno di noi, per la propria parte, ha un pezzo di colpa: autori e complici. Senza essere ingenui, sappiamo tutti di come si sia arrivati al baratro sanitario: predazioni, distrazioni, assunzioni clientelari. I morsi sono stati tanti, e di tanti. Potremmo raccontare pure di tanti disastri di fuori Regione, per dire che la perfezione è assente a ogni latitudine, consolarci con i mali altrui, fare cioè quello che si fa quotidianamente con la Calabria: siamo da lenimento alle altrui imperfezioni, che per quanto grandi mai saranno pari, in negativo, alle nostre.

Per un giorno, e a vantaggio di tutti, si può parlare della Calabria che salva: ci salva e si salva. Di quella sanità pubblica che potremmo aiutare, dovremmo aiutare: darle più risorse, più fiducia, aiutarla a salvarci di più. Non è vero che per tutti i mali bisogna partire, trovare una speranza altrove, perché non è vero che tutto il meglio sanitario stia lontano dalla Calabria. E che mai ci sia una malattia che vi incrini la serenità, nemmeno un raffreddore. Ma può capitare che il cuore si appanni, che le onde d’amore che ricoprono il petto delle donne abbiano bisogno di cure. Ed è quello che è capitato nei mesi passati: loro sono Angela 1 e Angela 2, nomi tipici da donna, cuore e seno da rammendare. E loro sono Pasquale Fratto e Francesco Abbonante, uno ripara cuori e l’altro toglie le ombre ai seni. Uno dirige il Centro Cuore del GOM di Reggio Calabria e l’altro è il coordinatore della Breast Unit dell’AOPC di Catanzaro, gli ospedali pubblici di Reggio e del capoluogo. Si potrebbe spiegare tecnicamente, nei dettagli, quello che hanno fatto, quello che sanno fare, scrivere un saggio medico-sanitario; rappresentano il vertice di gruppi cresciuti nonostante le difficoltà, dentro ci sono professionalità diverse, straordinarie, tante; dentro ci sono quelle anime calabresi che nonostante tutto, nonostante noi stessi, non si sono mai rassegnate al disastro.

Stanno alla pari con qualunque eccellenza, di qualunque latitudine. Nelle loro specialità non c’è bisogno, per i calabresi, di doversene andare fuori. Da loro c’è la salvezza che solo la migliore sanità possa garantire. Non hanno fatto un miracolo per Angela 1 e Angela 2, hanno fatto interventi che fanno ogni giorno, per i calabresi che hanno bisogno, senza che il loro lavoro abbia niente di miracoloso o eccezionale; è solo professionalità, dedizione, la forza di andare avanti senza i sostegni variegati che hanno le eccellenze di altri posti, come è normale che sia. Il miracolo si materializza nel rapporto che sanno stabilire con quelli che curano. Il miracolo nasce dalla capacità di fare in Calabria quello che sanno fare benissimo, dal farlo nel Pubblico; non scegliere vie più facili per loro, le loro professionalità, i loro interessi. Il miracolo sta nel non consegnarsi al disastro, nel rappresentare insieme ai tanti che non si arrendono l’alba buona.

*scrittore

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