LOCRI «La richiesta così alta è l’ennesima dimostrazione che Riace e il modello che avevamo realizzato fanno paura. È stato un ideale politico che vogliono distruggere. Non è un caso che comincia tutto nel 2016 quando l’area progressista apre le porte alla criminalizzazione della solidarietà in Italia e in Europa. Dopo arriva Salvini e completa l’opera. Non è nemmeno un caso che oggi a Riace l’accoglienza ancora resiste e la mission continua senza fondi pubblici e tra mille difficolta. Questa è la risposta più forte. Oggi è stata la giornata della Procura. Ma l’ultimo capitolo si deve ancora scrivere». Così Domenico Lucano dopo la requisitoria del pm durante il processo Xenia in cui è coinvolto.
«Alcune accuse – è il commento di Lucano, che non era presente in aula – sono completamente inventate. Il profilo che hanno tratteggiato non corrisponde al mio. Non sono io quello che vogliono fare passare». «Per me – prosegue – la politica è un ideale. Io ho solo creduto in un ideale. Ogni passo che ho fatto ha avuto queste motivazioni, per il riscatto delle persone che arrivano a Riace. La Procura insiste che io ho avuto motivazioni politiche legate a candidature. Quello che non dice il pm è che io non mi sono mai candidato se non al Comune di Riace rifiutando proposte come quella al Parlamento europeo, alle politiche e alle regionali. All’inizio mi hanno accusato di aver fatto sparire milioni di euro, poi il teorema della Procura è cambiato perché il dibattimento ha dimostrato che non era vero e così hanno ripiegato su motivazioni politiche inesistenti».
«Riteniamo che le conclusioni del pm non si commentano ma si ascoltano per poi replicare quando la difesa prenderà la parola». Lo hanno detto i difensori di Mimmo Lucano, gli avvocati Giuliano Pisapia e Andrea Daqua al termine della requisitoria del processo “Xenia” in cui il pm Michele Permunian ha chiesto 7 anni e 11 mesi di carcere per l’ex sindaco di Riace. “In ogni caso – aggiungono i due legali – riteniamo che il dato emerso dall’istruttoria dibattimentale recepito dalla pubblica accusa diverga, e di molto, da quello che abbiamo recepito noi. Gli esempi sarebbero numerosi ma, in questa sede, basti considerare la testimonianza del Ruga ritenuta, ancora, attendibile dall’ufficio di procura nonostante quanto emerso in udienza nel corso della deposizione del teste. Non condividiamo, dunque, le argomentazioni e conclusioni della pubblica accusa che contesteremo sulla base di quanto emerso, anche documentalmente, nel corso del dibattimento».
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