COSENZA Con riferimento al servizio andato in onda, mercoledì, nel corso dell’ultima puntata di “Chi l’ha visto?” e relativo al presunto omicidio di Lisa Gabriele, i difensori di Maurizio Mirko Abate, gli avvocati Marco Facciolla e Francesco Muscatello – hanno rilasciato alcune brevi dichiarazioni. «Lungi da questi difensori disconoscere la facoltà di tali redazioni a fare cronaca giudiziaria – scrivono i legali – ciò che è da stigmatizzare è quando alla mera cronaca si sostituisce una specifica ed oltremodo parziale anticipazione della sede processuale». «Proprio a salvaguardia della verità e del sacrosanto diritto di presunzione di innocenza costituzionalmente garantito – continuano – sarebbe il caso che elementi di prova quali dichiarazioni evidentemente indizianti nei confronti del nostro assistito, prima di essere messe a disposizione di milioni di telespettatori, venissero verificate nella loro puntuale ed effettiva portata per come – e se – rilasciate agli organi inquirenti e soprattutto solo allorquando queste divenissero suscettibili di contraddittorio processuale tra le parti attraverso le garanzie che il rito processuale prevede».
«Si precisa – aggiungono gli avvocati – che in tale fase il Abate, per quanto ci risulta, è stato iscritto nel registro degli indagati solo a fine aprile di quest’anno affinché si potesse procedere, nel contraddittorio tra le parti, ad un unico accertamento tecnico irripetibile: l’acquisizione dei contenuti del cellulare di Lisa Gabriele». Abate e i suoi difensori non sono a conoscenza del contenuto di eventuali deposizioni rese all’Autorità Giudiziaria da parte dei familiari di Lisa Gabriele e di ulteriori attività di indagine «tra cui, ad esempio, gli esiti dei giornalisticamente riferiti accertamenti eseguiti a seguito della riesumazione della salma della Gabriele, e di cui pure la redazione del programma “Chi l’ha visto?” negli anni passati ha espressamente parlato, salvo poi nulla riferire nel servizio della serata di ieri in ordine al fatto che per tali accertamenti non è stata richiesta la presenza del Abate in quanto non iscritto nel registro degli indagati». «Si ritiene – continuano i legali – che la messa a disposizione dell’emittenti televisive di elementi di prova che definiremmo perciò “paraprocessuali” costituisce una evidente anticipazione della fase processuale nella quale l’Abate Maurizio Mirko non può difendersi, essendo tali elementi divulgati esclusivamente in base al gusto di colui il quale li pone a disposizione delle emittenti televisive. A ciò si aggiunga la inspiegabile “fuga di notizie” che ha visto emittenti televisive essere in possesso di specifici elementi di prova, come una lettera del tutto anonima visualizzata nel corso del servizio e che risulta essere indirizzata alla Procura della Repubblica e al Questore e non già ad organi di stampa, nonostante, lo si ribadisce, la fase procedimentale imporrebbe ancora il segreto istruttorio e fino addirittura giungere alla circostanza che ad Abate, in data 27 marzo 2020, giorno della ‘tentata’ intervista, i componenti della troupe di “Chi l’ha visto” anticipavano specificatamente che vi sarebbero stati sviluppi di indagine riguardanti specificatamente la sua persona, ciò alcune settimane prima che lo stesso venisse notiziato dell’accertamento tecnico da espletarsi».
A parere degli avvocati «atteggiamenti di tal fatta oltre ad essere fonte di una anticipata quanto inammissibile gogna mediatica – nei confronti di colui il quale, in qualità di indagato, non è nemmeno ancora conoscenza esaustiva di quali elementi di prova sarebbero ipoteticamente stati raccolti a suo carico e dai quali doversi difendersi – costituiscono un evidente svilimento del sistema giurisdizionale e della funzione degli organi inquirenti e del diritto di difesa». «Occorre altresì evidenziare che le dichiarazioni del sig. Abate sono state raccolte all’insaputa dello stesso ma, soprattutto, nonostante, sia l’Abate durante il colloquio con la giornalista, sia i difensori all’esito di un colloquio telefonico con la medesima giornalista, avessero rappresentato espresso diniego a rilasciare dichiarazioni pubbliche, proprio in virtù della ferma convinzione che le indagini vadano dapprima portate a compimento dall’organo inquirente e poi, se del caso, commentate prioritariamente nelle preposte sedi processuali. Nonostante ciò, la redazione di “Chi l’ha visto?” si è resa protagonista di una condotta tipica di quel giornalismo d’assalto che, di contro, non giova alla tutela delle parti in causa».
Come comunicano i legali, «Abate Maurizio Mirko, preannunciando specifici atti di querela sia in merito ai contenuti del servizio che alle dichiarazioni rese da alcuni dei soggetti intervistati, con i quali lo stesso non ha mai avuto alcun tipo di rapporto né tanto meno conosce, ribadisce ancora una volta con riferimento al procedimento riguardante il decesso della Gabriele Lisa, di essere assolutamente fiducioso negli esiti delle indagini in corso che auspica quanto più ampie ed articolate possibili, proprio perché convinto che le stesse varranno a comprovare la sua più totale estraneità alle cause che hanno portato al decesso della Lisa Gabriele, vieppiù auspicando che venga fatta piena luce anche su tutte le circostanze fattuali rappresentate nel servizio e che sarebbero suscettibili di riscontro con riferimento agli innumerevoli soggetti a vario titolo coinvolti. Ciò nondimeno, nel precisare di essere stato e di rimanere tutt’ora a totale disposizione degli organi inquirenti, è certo che le indagini in corso faranno piena chiarezza sul caso, oltre che sulla sua specifica posizione».
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