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Lucano si difende: «La concussione mi fa rabbia perché l’ho subita»

«Nella rendicontazione solo un disguido tecnico e non un reato penale». «Volevo costruire un’accoglienza diversa dalle baraccopoli»

Pubblicato il: 21/05/2021 – 9:04
Lucano si difende: «La concussione mi fa rabbia perché l’ho subita»

LOCRI L’ex sindaco di Riace commenta a Buongiorno Regione la requisitoria del processo Xenia in cui è coinvolto, dove per lui è stata richiesta una condanna di 7 anni e 11 mesi. Dopo la decisione del pm il tema caldo su cui si è concentrata la difesa è l’eventuale “carattere politico” di una vicenda giudiziaria che sta mettendo in discussione pezzo per pezzo l’amministrazione di Lucano a Riace. «Non costruisco alibi dico solo che i teoremi accusatori della Procura sono completamente inventati, non hanno riscontro con la verità di una storia iniziato molto tempo fa». Lucano si difende ricordando come sia nato il sistema di accoglienza ora al centro dell’inchiesta «da un evento occasionale, da uno sbarco quando ancora non ero sindaco, da lì è cominciata una storia che tutto il mondo ha voluto raccontare per la sua straordinarietà». Lucano in quegli anni non era da solo e cita Mons Bregantini, all’epoca vescovo di Locri, che aveva chiesto di mettere a disposizione dei migranti il convento divenuto la “casa del pellegrino” tutt’ora in funzione. «Bregantini – afferma – mi ha dato grande prova di solidarietà quanto è tornato a Riace da Campobasso, dove ora risiede, per dire “Lucano l’ho coinvolto io“, testimonianza della volontà che avevo di cambiare le cose e di creare un modello di integrazione diverso dai lager e dalle baraccopoli».

«Disguido tecnico e non reato penale»

Tra gli illeciti contestati a Lucano nel processo c’è una mancata rendicontazione di circa 10 milioni di euro tra il 2014 e il 2017, su questo tema Lucano afferma: «E’ vero il contrario, è il ministero che non ha accettato la documentazione, perché mancava un’azione del revisore. Ma si parla di puro disguido tecnico non di certo di un reato penale». L’ex sindaco aggiunge: «La Procura chiede tutti questi anni per la presunta concussione, ma la concussione io l’ho subita, dopo tanti anni di amministrazione mi ritrovo adesso davanti ad un paradosso». Lucano ricorda di aver già scontato 11 mesi lontano dal Comune reggino, per rispettare il divieto di dimora, e che tra le scelte della sua amministrazione che gli sono state contestate c’è quella della raccolta dei rifiuti «proprio in una regione dove si occultano scarti radioattivi ovunque e dove la criminalità è molto presente in questo settore – afferma – recriminano a me l’appalto a due società per la raccolta differenziata dei rifiuti. Non c’è stata nessuna illeceità e la concussione mi fa rabbia -continua – abbiamo organizzato un sistema di raccolta “a misura di paese” con gli asini per il trasporto e il riciclo e la sostenibilità alla base». Lucano nel raccontare il suo operato continua a mostrare quello che per lui è stato il valore aggiunto del modello Riace, riconosciuto spesso anche (anzi forse soprattutto) all’estero. «Come sindaco dovevo garantire servizi e volevo dare un’idea di riscatto in una terra dilaniata dall’emigrazione e delle mafie, a Riace ci sono stati anni in cui c’erano più rifugiati che persone locali. Un fenomeno che forse non si era mai verificato prima e che ho voluto trasformare in un modello di accoglienza per far rinascere il territorio. Gli occhi del mondo prima erano puntati su un esempio da seguire e poi ad un certo punto della storia è diventato tutto un caso giudiziario».


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