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L’approfondimento

Enogastronomia, la via “felice” del rilancio turistico

In tempo di pandemia è cresciuto il numero di visitatori che sono rimasti in Italia. Sono alla ricerca di gusti e tradizioni locali. Statti: «Le imprese sono pronte, ma occorre fare rete»

Pubblicato il: 22/05/2021 – 7:21
di Roberto De Santo
Enogastronomia, la via “felice” del rilancio turistico

CATANZARO La strada per rilanciare il turismo coniugandolo con le eccellenze del territorio passa soprattutto (ma non solo) dalla capacità di veicolare al meglio l’enogastronomia locale. Una sfida che potrebbe valere per la Calabria un doppio vantaggio: la ripresa economica dopo la devastazione inflittale dalla crisi pandemica e l’avvio  di un reale decollo delle aree interne. Queste ultime rappresentano un vero e proprio patrimonio “congelato” di risorse locali costituite da un paesaggio sostanzialmente intoccato costellato da piccoli borghi, montagne vergini, colline e pianure piene di una ragnatela di sentieri un tempo unico accesso al territorio e per questo carichi di testimonianze del passato. Ma soprattutto denso di tradizioni legate all’artigianato locale e ad una cucina che fa leva sui sapori fortemente caratterizzanti di quei prodotti enogastronomici d’eccellenza che rappresentano il valore aggiunto della Calabria. Si tratta cioè di tutti quegli ingredienti essenziali di cui è alla ricerca il turista del “gusto”. Una categoria di viaggiatore più attento alla scoperta del bello e alla qualità dei prodotti ma che al contempo si esalta per quei luoghi dell’entroterra che hanno saputo lasciare intatto il territorio. Una tipologia di turista che è particolarmente sensibile ai temi della sostenibilità ambientale, della tutela del patrimonio architettonico autentico e alla qualità delle ricette culinarie in grado di restituire al meglio i sapori antichi dei prodotti locali.
Una tipologia di turista che, complice l’emergenza pandemica, è cresciuta maggiormente in questa fase storica che ha visto rinascere e rafforzarsi il turismo interno alla Penisola.

Le misure introdotte per contenere la diffusione del virus fin dallo scorso anno hanno infatti scoraggiato i viaggi all’estero facilitando i percorsi di prossimità e la ricerca della sicurezza offerta dalle aree interne delle regioni italiane. I numeri significativi indicano che questo genere di turismo legato alla ricerca del gusto in senso lato e dell’enogastronomia d’eccellenza in particolare ha “tenuto” rispetto al crollo che hanno registrato i flussi dei vacanzieri di questi mesi.  Proprio per questo il turismo enogastronomico rappresenta una sorta di antidoto alla crisi che ha investito il settore a seguito dell’espansione della pandemia.  Una chiave per trasformare in opportunità la fase decisamente negativa che sta attraversando l’intero comparto turistico che muove in Calabria ingenti risorse economiche e occupazionali legate ad una rilevante filiera produttiva diretta ed indiretta.  Un sistema, per questo, utile per contribuire seriamente al rilancio delle aree interne e alla ripresa dell’intera economia calabrese.

I numeri del successo

Roberta Garibaldi, autrice del Rapporto e presidente dell’associazione italiana Turismo enogastronomico
Roberta Garibaldi, autrice del Rapporto e presidente dell’associazione italiana Turismo enogastronomico

Sono i numeri del turismo legato all’enogastronomia che danno forza alla bontà di questa formula che si basa su un viaggio immersivo nel territorio, lento e conoscitivo delle tradizioni locali. Numeri che dimostrano un trend di interesse in costante crescita tra quanti decidono di spostarsi per visitare luoghi autentici.
È il “Rapporto sul turismo enogastronomico italiano” giunto quest’anno alla quarta edizione a rilevarne la consistenza. Nel report – realizzato dall’associazione sul turismo enogastronomico italiano e patrocinato da Enit, Fondazione Qualivita, Ismea e Touring Club Italiano e il sostegno di PromoTurismoFVG, Visit Emilia, Valdichiana Living e UniCredit e presentato nei giorni scorsi al Senato – emerge con tutta la sua forza la ricerca dei veri sapori gastronomici quale volano per il turismo italiano. «La crescita del fenomeno enogastronomico – sostiene Roberta Garibaldi, autrice del Rapporto e presidente dell’associazione italiana Turismo enogastronomico – è costante: se nel 2016 soltanto il 21% degli intervistati aveva svolto almeno un viaggio con principale motivazione legata a quest’ambito nei tre anni precedenti, per poi salire al 30% del 2018 e al 45% del 2019, con l’analisi 2021 la percentuale è cresciuta fino al 55%». Dunque l’interesse per questa formula non è scemata neppure dopo lo scoppio dell’epidemia. Anzi.
Per Garibaldi, «l’impatto della crisi innescata dal Covid pesa sul numero di esperienze fruite che diminuiscono in media del 27% rispetto al 2019 e sul potere di spesa (il 31% afferma di aver destinato un budget inferiore rispetto al 2019, mentre il 27% dispone di maggiori risorse). Se la pandemia ha frenato la possibilità di vivere esperienze, la globalità dei dati ci mostra una crescente attenzione al tema enogastronomico e anche un nuovo profilo del turista».

Uno degli aspetti più interessanti che si legge nel rapporto è che proprio a causa dell’epidemia e delle conseguenti limitazioni ai viaggi, i turisti italiani nel 2020 hanno riscoperto l’Italia. E questo ha determinato una voglia di approfondire la conoscenza del patrimonio di sapori territoriali. «Le località di mare – si legge nel rapporto – sono diventate la porta di accesso per partecipare a esperienze enogastronomiche memorabili nell’entroterra (53% dei turisti enogastronomici), davanti alle città d’arte e alle destinazioni montane».
E a crescere in modo esponenziale – forse sempre per le limitazioni imposte dai lunghi lockdown – è stata la voglia di vivere all’aria aperta. Ben l’86% dei turisti è pronto ad alloggiare  in agriturismi e vivere in relais di campagna (59%). E il tema enogastronomico spinge la ricerca di strutture alberghiere (56%), così come glamping (29%) e case sugli alberi (32%). Sempre dal report annuale, emerge che nella scelta degli hotel, «la presenza di un’offerta che valorizza i cibi tipici locali appare sempre più determinante e l’80% degli intervistati si aspetta una prima colazione a base dei prodotti del luogo». Numeri dunque che dimostrano le enormi potenzialità rappresentate dal connubio viaggio-ricerca dei gusti enogastronomici locali.

Il quadro calabrese

La Calabria in questo contesto si presenta con numeri interessanti che potrebbero divenire i fattori decisivi nell’intercettare il viaggiatore del gusto. A partire dal patrimonio enogastronomico che raggiunge eccellenze quando si utilizzano prodotti con marchi riconosciuti. E nella regione i prodotti a Denominazione di origine protetta (Dop), ad indicazione geografica protetta  (Igp) e le Specialità tradizionali garantite (Stg) assieme alle altre sigle che tutelano la qualità della produzione sono tanti. La Calabria può contare, in particolare su 13 prodotti Dop, 6 Igp, 9 vini doc e 10 Igt.  E poi ci sono i 269 Prodotti agroalimentari tradizionali (Pat) che rappresentano quelle produzioni di nicchia che possiedono un alto valore gastronomico e culturale ma a cui non si applica la tutela comunitaria d’origine anche se il requisito – tradizionale metodo di lavorazione, conservazione e stagionatura – ne fa una produzione d’eccellenza. Ed ancora sono presenti in regione 53 presidi slow food e 11 “strade del vino e dei sapori” a cui si aggiungeranno i costituendi “Distretti del Cibo” in via di attivazione dopo l’ultima manifestazione d’interesse promossa dalla Regione.
Un tesoro da mettere in vetrina per i visitatori in cerca di sapori unici. A garanzia della qualità delle produzioni agricole – base fondamentale per dare sostanza alla filiera del turismo del gusto – ci sono poi i primati tutti calabresi legati alle coltivazioni biologiche.

Biologico in Italia

L’incidenza delle superficie agricole dedicate al bio è pari al 36% del totale. Un primato in Italia – molto al di sopra della media europea (20%) – che porta la Calabria ad avere esattamente 208.292 ettari dedicati ad alti standard di produzione agricola d’eccellenza.  E se questi sono i numeri dell’agricoltura di qualità, importanti sono anche quelli legati alle forme ricettive più vicine allo standard dei turisti enogastronomici. Si tratta degli agriturismi che avvicinano i visitatori ai luoghi più particolari del territorio e garantiscono cibi scelti. La Calabria può contare – secondo i dati forniti dall’Osservatorio turistico regionale – su 437 strutture che garantiscono 6.443 posti letto. A cui si aggiungono 7 rifugi di montagna con ulteriori 100 posti, anch’essi rientrano – per le caratteristiche di turismo outdoor – nel genere di ricettività ricercata dai visitatori del gusto. E se sul fronte della ricettività i numeri calabresi sono questi, su quello dei punti di degustazione la regione può contare su una miriade di ristoranti, locali tipici, cantine e aree di ristori oltre agli stessi agriturismi stimati in oltre 15mila aziende che operano in zona.
E l’attenzione per la destinazione Calabria nel mercato del turismo enogastronomico sta crescendo. Secondo l’indagine riportata nel “Rapporto sul turismo enogastronomico italiano”, alla domanda “indica quali sono per te le 3 migliori regioni italiane dal punto di vista enogastronomico” formulata dagli analisti e rivolta all’intero campione di intervistati, la Calabria risulta la settima regione, dopo il Lazio e prima della Sardegna, migliorando il posizionamento rispetto al 2018, quando risultava nona. Stessa posizione è stata confermata anche dagli intervistati selezionati come “turisti enogastronomici” e anche per questo target vi è stato un salto in avanti nella classifica di due posizioni rispetto al 2018.
Dunque attenzione e numeri ci sono per far compiere un balzo in avanti al turismo calabrese e contribuire al decollo dei territori interni e alla ripresa complessiva dell’economia locale.

Statti: «Le imprese sono pronte, ma occorre fare rete»

Alberto Statti, presidente di Confagricoltura Calabria riflette sul turismo enogastronomico
Alberto Statti, presidente di Confagricoltura Calabria


A svolgere, dunque, un ruolo di prim’ordine per rilanciare il turismo enogastronomico calabrese è ovviamente chiamato a rispondere in prima battuta il settore agricolo. Un comparto che «è pronto a giocare le sue carte da protagonista», afferma il presidente di Confagricoltura Calabria, Alberto Statti.

La crisi pandemica nel 2020 ha spinto il turismo interno all’Italia legato ai consumi enogastronomici. Anche quest’anno le previsioni parlano che proseguirà questo trend. Come la Calabria potrebbe intercettare questa domanda?
«Può fare leva sulle sue enormi potenzialità legate alle qualità delle sue produzioni e su una rilevante superficie agricola utilizzata pari a 551.405 ettari. La Calabria, inoltre, ricordo che con oltre 208mila ettari è al terzo posto in Italia, in crescita del 4% rispetto al 2018, per superficie agricola coltivata a biologico ed è prima con 11.030 operatori per numero di aziende agricole impegnate nel bio. Questo garantisce un elevato standard dei nostri prodotti che sono ampiamente in linea con le politiche europee in materia: dal Green Deal al From Farm to Folk alla strategia Ue sulla biodiversità per il 2030.  Il territorio calabrese ha un patrimonio di biodiversità unico costituito da coltivazioni che lambiscono il mare, ma che risalgono per colline e zone montuose interne. Così come un buon sistema ricettivo capace di intercettare questa domanda. In questo senso dobbiamo segnalare che la Calabria sta registrando un discreto movimento  sul filone dell’enoturismo e le imprese vitivinicole che hanno puntato su questo settore stanno ottenendo risposte interessanti. Dunque abbiamo tutte le credenziali per competere con altri territori».



Però nonostante questo grande patrimonio la Calabria stenta ad essere conosciuta fuori regione. Cosa manca ancora?
«Innanzitutto occorre che ci sia una buona consapevolezza delle proprie capacità da parte di tutti. Ad iniziare da chi vive in Calabria. Dico questo perché a fronte di una crescita innegabile della qualità del saper produrre dimostrata dal sistema delle imprese della nostra regione, non sempre questa viene apprezzata o meglio conosciuta dai calabresi. Si deve partire da qui. Per questa ragione, le iniziative che abbiamo già sperimentato nel campo dell’enoturismo, ad esempio, sono utili strumenti per veicolare la bontà delle nostre produzioni enogastronomiche ad iniziare dai nostri corregionali. Sono importanti anche per trasmettere una cultura nuova e diversa del turismo che lega i prodotti d’eccellenza ai territori dove si coltivano e producono. Ingredienti essenziali per intercettare questo target di visitatori.  L’incremento di presenze turistiche in Calabria previsto per quest’estate potrebbe rappresentare un’occasione formidabile per diffondere questo messaggio tra quanti sceglieranno di venire qui. Non c’è dubbio però che per farsi conoscere fuori dai confini della regione ed intercettare il grande pubblico nazionale ed internazionale occorre un buon piano di comunicazione istituzionale in grado di trasmettere un messaggio positivo sulla Calabria e sulla bontà delle sue produzioni. In questo senso sarebbe utile che le ingenti risorse previste dalla programmazione europea destinate a questo scopo vengano spese per trasmettere un’immagine nuova e accattivante della nostra regione. Prima però è necessario che le istituzioni tutte facciano rete per innalzare la qualità dei servizi. Un patto sinergico tra chi è preposto a migliorare la vivibilità dei territori e gli attori che in prima linea operano per far cresce la Calabria. Non solo imprese agricole, ma anche operatori commerciali e turistici nell’intento comune di innalzare l’attrattività della nostra regione».

Un campo agricolo coltivato a biologico in Calabria
Un campo agricolo coltivato a biologico

La crescita di un filone turistico enogastronomico potrebbe divenire occasione per valorizzare i territori interni della Calabria?
«Sicuramente, la presenza di coltivazioni di pregio in quelle aree cosiddette marginali potrebbe essere un valido punto di forza per aiutare il processo di recupero e rilancio dell’economia di quei territori. Ma anche per raggiungere questo risultato è necessario fare rete. Da solo il comparto agricolo non può centrare questo obiettivo che resta strategico per il riscatto di vaste zone della nostra regione. Occorre ripensare a politiche più complesse che tengano conto delle reali esigenze delle aree interne e mettere in piedi precise iniziative che puntino a sostenere concretamente quanti intentano investire creando valore aggiunto ed occupazione contrastando così il fenomeno dello spopolamento che da decenni devasta l’entroterra calabrese».

Gli imprenditori agricoli calabresi sono pronti a scommettere sul turismo enogastronomico per rilanciare l’economia post pandemica?
«Noi la nostra parte ce la stiamo mettendo tutta per valorizzare i territori e renderli attrattivi anche sotto questo profilo. Per cui sicuramente il percorso è iniziato, ma non vi è dubbio che ci sono ancora margini di crescita sia in termini numerici che qualitativi. Anche noi dobbiamo cogliere questa opportunità, investendo ulteriori risorse per poter offrire ancora maggiori servizi d’eccellenza. Dobbiamo cioè puntare ad innalzare gli standard qualitativi e possiamo farlo ora perché si sono create le condizioni giuste per crescere in questa direzione. La possibilità di attrarre turisti interessati è divenuta una realtà concreta che va colta appieno».

Presto la Calabria avrà un nuovo governo. Quali dovrebbero essere le priorità per valorizzare questa enorme risorsa che è rappresentata dalle produzione agroalimentari locali?
«Sicuramente dovrà focalizzare l’attenzione su una corretta campagna di comunicazione che sappia mostrare il volto migliore di questa regione. Dovrà cioè veicolare al meglio il “made in Calabria”. Ma dovrà dimostrare maggiore attenzione alla cura del territorio. Certamente assieme alle altre istituzioni locali. Si tratta di migliorare i collegamenti interni, così come di operare per riqualificare l’ambiente, prestare attenzione al decoro urbano, alla qualità della depurazione, alla manutenzione della colline e delle montagne. Sono convinto che una regione diviene attrattiva se è in grado di offrire il meglio di sé non solo innalzando i servizi, che restano essenziali, ma anche attraverso la cura seria del territorio. Penso alla pulizia dei centri, ad una corretta gestione delle montagne e dei sentieri, così come alle acque di balneazione eccelse. Tutti aspetti che dovranno essere nell’agenda del prossimo governo regionale che deve in questo senso coordinare misure assieme alle altre istituzioni che hanno competenze specifiche sul territorio. Solo così la Calabria e le sue aree interne potranno uscire dalla marginalità in cui sono piombate e divenire un polo di attrazione per quel turismo di qualità che sono la caratteristica essenziale di chi si mette in viaggio alla ricerca del bello». (r.desanto@corrierecal.it)

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