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«Arte e cultura strumenti di un rinnovato umanesimo nell’area mediterranea»

Il Festival nel tempo ha costruito un’identità connotata soprattutto da elementi immateriali e simbolici: la dimensione storica dei luoghi, la creatività artistica come sistema valoriale, la quali…

Pubblicato il: 23/05/2021 – 10:51
di Chiara Giordano
«Arte e cultura strumenti di un rinnovato umanesimo nell’area mediterranea»

Il Festival nel tempo ha costruito un’identità connotata soprattutto da elementi immateriali e simbolici: la dimensione storica dei luoghi, la creatività artistica come sistema valoriale, la qualità – e la specificità – dell’offerta come strumento di riqualificazione del territorio nel dialogo locale e globale, la visione prospettica delle opportunità generate dall’Arte e dalla Cultura come strumenti di un rinnovato umanesimo dell’area mediterranea, la sinergia e interazione tra ambiti artistici e del pensiero come obiettivo e come metodo di lavoro, e così via. Resta evidente che questo approccio consente alle scelte artistiche di essere poco condizionate dagli eventi esterni, sebbene gravi, e di riuscire a evitare radicali revisioni anche laddove, sul piano pratico, siano necessari gli adeguamenti logistici e temporali del caso. In quest’ultimo senso, il Festival ha modificato la programmazione, con una tempistica accorpata (10 giorni consecutivi in agosto, oltre le anteprime, e qualche progetto collaterale post), mantenendo quindi tutta la sezione di spettacoli di profilo nazionale e internazionale – dal momento, peraltro, che gli Enti co-finanziatori avevano mantenuto i budget dei contributi previsti – e rinunciando invece a quella più connotata dal profilo regionale che, però, avrebbe richiesto tempi, spazi ed energie aggiuntive, al tempo difficili. Va anche detto, tuttavia, che alcuni artisti sono stati sostituiti per ragioni legate agli spostamenti internazionali, ma il Festival recupererà la loro presenza quest’anno. Quanto allo spazio di platea, essendo questo all’aperto e molto ampio, fortunatamente ha potuto esprimere comunque il numero massimo di pubblico consentito dalla normativa anti Covid. Ma ci piace anche raccontare che è a fare la cosiddetta differenza è stato lo spirito di servizio di tutto lo Staff organizzativo, che ha risposto con straordinario impegno e addirittura passione, anche e soprattutto sul fronte delle inedite difficoltà per aspetti sanitari e consequenziali necessità.

Abbiamo sempre immaginato il pubblico come un interlocutore e non come un utente, men che meno come un cliente; dunque per il Festival è stato da sempre importante non solo generare un mood di empatia, riservando alla comunicazione un registro di narrazione emozionale di quanto si andava a mettere in campo, ma anche creare un vero e proprio dialogo, un’interazione feconda; potremmo dire che questa è una cifra connotativa del Festival. E così abbiam provato a porci anche in questo triste 2020: il pubblico, in più momenti, ci ha restituito un raro e commosso entusiasmo. Certo va anche detto che il pubblico di Armonie d’Arte Festival è soprattutto extra regionale e internazionale, e ovviamente il 2020 ha determinato un notevole calo in tal senso. 

Naturalmente tutti Festival generano lavoro, diretto e indiretto, in primis per le maestranze di settore; ma va detto che non solo durante il periodo di output spettacolistico, quanto anche nelle varie forme di pre e post attività pubblica. In Calabria la situazione è molto particolare: purtroppo le risorse sono quasi esclusivamente pubbliche, e subiscono alterne sorti, soprattutto in merito alle tempistiche di erogazione, tali da determinare non poca sofferenza nelle liquidità, a tutto svantaggio dei lavoratori. D’altronde, come ben noto, i Festival di spettacolo non commerciale – per lo più in capo a soggetti no profit – in Italia non possono fare a meno di risorse terze e altresì pubbliche, per di più erogabili con la modalità rendicontativa post attività. Questo è un problema su cui bisognerebbe riflettere collegialmente, anche come associazioni di categoria, soprattutto in questo periodo di criticità economica generale.

Pensiamo intanto di dover mettere in campo uno sforzo forte per mantenere l’identità e non cedere alle sirene di una programmazione più commerciale per un pubblico più ampio che in questa fase consentirebbe un maggior respiro economico; dall’altra vorremmo riuscire a perseguire i percorsi intrapresi, in primis quello di essere partecipi di una rinnovata dimensione di positività lungo le “Rotte mediterranee” che, peraltro, ci appartengono geograficamente. E altresì mantenere la cifra dell’intersezione di generi, stili, repertori, in un concetto funzionale di “armonia” appunto, dove anche le più ampie dimensioni della Cultura e della Natura trovino intima – e logistica – connessione, indispensabile ormai in una logica contemporanea e globale.

Essendo in fase di conclusione dei contratti, ci sembra corretto non annunciare ancora pubblicamente gli artisti; tuttavia anticipiamo la presenza di artisti blasonatissimi, repertori particolari, prime, debutti, produzioni, esclusive, equilibrando musica, teatro e danza,  inserendo da quest’anno anche una sezione dedicata alle arti visive e aggiungendo lo streaming a parte della programmazione in presenza. Non sarà semplice ma avvertiamo tutta la responsabilità etica di contribuire un po’ a costruire un nuovo futuro

Credo che quanto di più si poteva fare è in linea con quanto accaduto negli altri settori che nella vita sociale trovano la propria sussistenza Penso al comparto turistico in primis. Quindi la questione penso che sostanzi non tanto o almeno non solo nella necessità di sostegni economici a copertura delle perdite, laddove evidentemente lo Stato italiano non ha una tale solidità economico-finanziaria da poter far fronte alle reali necessità generatesi; forse il supporto maggiore potrà e dovrà arrivare nella semplificazione massiccia delle procedure di assegnazione e di erogazione dei fondi pubblici e non di meno nella creazione di maggiori incentivi per gli investimenti privati: un esempio per tutti può essere potenziare l’Art Bonus, portando la sua percentuale di incidenza assai oltre l’attuale 65% o comunque defiscalizzare gli investimenti a qualunque titolo volti a sostenere le attività culturali, e in particolare formative e artistiche nel nostro Paese, quel “bel Paese”, che ahimè forse troppi giovani oggi credono sia solo il nome di un formaggio.  

*Intervista di Giusi Arimatea pubblicata su notiziedispettacolo.it

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