ROMA Il superlatitante della ‘ndrangheta, Rocco Morabito, è stato catturato in Brasile in una operazione effettuata dai Ros con polizia, Interpol e polizia federale brasiliana.
Rocco Morabito, nato ad Africo nel 1966 e latitante dal 2019 quando era evaso da un carcere uruguayano, era il numero due della lista del Ministero dell’Interno dei più ricercati dopo Matteo Messina Denaro. Il boss Rocco Morabito, soprannominato U Tamunga, è stato catturato a Joao Pessoa, capitale dello stato brasiliano di Paraiba insieme ad un altro narcotrafficante latitante, Vincenzo Pasquino. La notizia dell’arresto è stata divulgata dall’emittente uruguaiana “Telenoche” in un messaggio su Twitter. Morabito è considerato il numero uno tra i broker che gestiscono il traffico di cocaina per i cartelli del Sudamerica. I carabinieri del Ros sono sulle sue tracce dal giorno dell’evasione: oggi, la squadra di circa 20 uomini arrivata in Brasile per braccarlo è riuscita a far scattare la trappola. All’indagine hanno collaborato anche il gruppo dei carabinieri di Locri e i militari del Comando provinciale di Torino. A coordinare le attività le Procure distrettuali di Reggio Calabria e di Torino con l’ausilio della direzione generale Affari internazionali e cooperazione giudiziaria del ministero della Giustizia italiano e del dipartimento di giustizia degli Stati Uniti.
Il boss è evaso il 23 giugno del 2019 dal carcere Centrale di Montevideo insieme ad altri tre detenuti, è stato arrestato in un’operazione congiunta di Interpol, polizia, carabinieri e polizia federale brasiliana, così come riferito dal portale “Wikilao”. Anche l’Fbi e la Dea statunitense hanno collaborato alla cattura. Il boss era nella lista dei dieci criminali più ricercati a seguito della sua fuga dall’Uruguay, dove si trovava in attesa di essere estradato.
I tre fuggitivi che accompagnavano Morabito nell’evasione a Montevideo sono stati catturati nei giorni successivi mentre dell’italiano si sono perse le tracce fino ad oggi. Nell’inchiesta sulla fuga sono stati arrestati successivamente anche dei presunti fiancheggiatori di nazionalità russa, che avrebbero favorito l’uscita di Morabito dall’Uruguay.
Il boss, condannato in contumacia dalla magistratura italiana a 30 anni di carcere per traffico di droga, era in attesa di essere trasferito dopo che la giustizia locale aveva concesso l’estradizione nel mese di marzo del 2019. L’uomo, 53 anni, era stato arrestato nel settembre del 2017 in un hotel di Montevideo dopo 23 anni di latitanza. Il boss si celava dietro la falsa identità di un imprenditore brasiliano di 49 anni, di nome Francisco Cappelletto.
La giustizia uruguaiana tuttora indaga sulle eventuali complicità interne che hanno favorito la rocambolesca fuga attraverso la terrazza del carcere e da lì ad un appartamento al quinto piano di un edificio adiacente. I fuggitivi avevano potuto contare su circa sette ore di tempo per dileguarsi prima che le autorità si accorgessero della loro assenza dal carcere.
Anche Vincenzo Pasquino, 30 anni, torinese, arrestato oggi assieme a Morabito, è considerato un narcotrafficante. Scampato a un blitz della Polizia federale brasiliana nell’estate 2019 era ricercato, fino a lunedì notte, per un filone della maxi inchiesta «Cerbero», sulla presenza della ‘ndrangheta tra Barriera di Milano e Volpiano, e su un traffico internazionale di droga. Nonostante l’età, Pasquino avrebbe partecipato a riunioni segrete in Calabria e a trasferte in Brasile, in contatto con il broker della droga Nicola Assisi, arrestato a luglio 2019 a Praia Grande, sul litorale di San Paolo, con 20 chili di banconote. Nei mesi scorsi Pasquino aveva consegnato ai giudici una lettera attraverso il proprio difensore. «Ho sbagliato tutto e ammetto di avere venduto in molte occasioni fumo – diceva –. Non voglio sottrarmi alle mie responsabilità e al mio arresto, ma dove sono ho paura delle galere. Tanta gente qui sta morendo».
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