LAMEZIA TERME «All’interno delle famiglie di ‘ndrangheta troviamo sempre più incensurati e professionisti, preposti a riciclare, ad organizzare business, ad essere “facilitatori” di rapporti con chi ha il potere di decidere e amministrare». È uno dei punti salienti del racconto del procuratore della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, tra i protagonisti del documentario “Se dicessimo la verità” trasmesso ieri sera nel corso dello Speciale TG1, in occasione della Giornata nazionale della Legalità, celebrata nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci del 1992.
Un vero e proprio viaggio nella legalità, tra le voci di chi ha il coraggio di denunciare la ‘ndrangheta. Il documentario di Giulia Minoli ed Emanuela Giordano, è «una narrazione corale e coinvolta, il viaggio di un gruppo di ragazzi che ripercorre la storia dell’Ndrangheta, dalle sue origini, in Calabria, al progressivo insediarsi in tutta Italia e in Europa e che c’insegna che solo la “comunità”, solo una rete sociale ricca articolata e consapevole, può costituire un deterrente valido contro le mafie».
A ripercorrere la storia della ‘ndrangheta, l’organizzazione criminale più potente in Italia e nel mondo, è proprio il procuratore Nicola Gratteri, a cominciare dalle origini: «Il 90% dei sequestri di persona avvenuti in Italia dal ’72-’73 all’88-’89 sono stati quasi tutti gestiti dalla ‘ndrangheta – racconta – e ognuno di questi sequestri ha fruttato grandi quantità di denaro che hanno consentito, ad ogni capo locale, di comprare ruspe e camion ed entrare nel mondo dell’edilizia pubblica e privata».
«Negli anni ’70 – racconta Gratteri – chi usava eroina era di sinistra, chi usava cocaina era di destra, e quando si è arrivati all’omologazione e l’80% dei tossicodipendenti usavano cocaina la ‘Ndrangheta si è fatta trovare pronta, e ha cominciato a mandare in Sud America dei broker». All’inizio degli anni ’90, poi, inizia la politica “stragista” di Cosa nostra, impegnata solo ed esclusivamente nella guerra contro lo Stato. E mentre il mercato richiedeva cocaina, la ‘ndrangheta è riuscita ad avere gioco facile. «Ragionavano come i grossisti, parliamo di ordinativi di 10mila chili per volta. Ma non è che il mercato europeo ne avesse bisogno, serviva per saturare il mercato e poi imporre il prezzo».
Grosse quantità di denaro che lo cosche di ‘ndrangheta hanno iniziato a “riciclare”, facendo leva sull’usura: «Immaginiamo una ‘ndrangheta che ha stanze intere piene di euro. Il loro obiettivo – spiega Nicola Gratteri – è quello di portarli alla luce del sole e, nel momento in cui le aziende e gli imprenditori non possono chiedere prestiti alle banche, interviene l’usurario ‘ndranghetista il cui obiettivo non è di arricchirsi ma di rilevare, attraverso un prestanome, quel ristorante o quell’albergo e il fine non sarà di guadagnare in modo pulito ma fare false fatturazioni per poter giustificare i soldi che hanno dentro le stanze».
«Da un po’ di anni – spiega ancora Gratteri – la ‘ndrangheta è in grado di avere suoi candidati nel sistema elettivo e rappresentativo. La ‘ndrangheta, le mafie in genere, non sono fuori dalla società, sono qua, sono fra di noi». «La ‘ndrangheta – ha detto – controlla in alcune aree anche il respiro. È molto presente da Roma in su, è presente in tutti i paesi d’Europa, in America del Sud, in America centrale, in America del Nord. Ora si comincia a vedere anche in Asia mentre dagli anni ’60 è presente in Australia». «Ora – conclude Gratteri – se ne comincia a parlare, vedo un interesse a studiarla a capirla a far comprendere alla gente dove vivono e cosa hanno attorno».
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