DIAMANTE «Serena era una ragazza solare, sembra retorico ma era una ragazza speciale». A dirlo è un amico di Serena Cosentino, la giovane di Diamante morta nello schianto della cabina precipitata dalla funivia dello Stresa-Mottarone, insieme al fidanzato Mohammadreza Shahaisavandi di 33 anni (e non 23 come si era appreso in precedenza) di origini iraniane.
«Erano una coppia meravigliosa – prosegue l’amico – si amavano e progettavano il loro futuro insieme, nonostante lui fosse musulmano era perfettamente integrato. Una doppia tragedia. Serena era una ragazza meravigliosa che amava studiare e stava costruendo la propria carriera. La famiglia era orgogliosa di lei. L’ultima volta che l’ho incontrata è stata l’estate scorsa, lei era tornata in vacanza. Quello che è accaduto è inspiegabile».
«Provo gratitudine e allo stesso tempo ho il cuore spezzato per quanto accaduto». Adele Ceraudo, artista originaria di Cosenza, si trovava tra Stresa e il monte Mottarone poche ore prima del tragico schianto della funivia che ha provocato la morte di 14 persone tra cui una coppia di fidanzati calabresi di 27 e 23 anni. La donna, con il compagno, ha preso la funivia intorno alle 10, poi dopo un paio d’ore la notizia dello schianto.
«Era una bellissima giornata ieri – racconta Adele – dopo alcuni giorni di pioggia e maltempo. C’era un’atmosfera bellissima, tanta felicità, e in tanti erano presenti nella zona per una gita soprattutto vista la riapertura post Covid. Abbiamo preso la funivia alle 10, fatto la nostra meravigliosa escursione e poi ci siamo spostati sul lago d’Orta, dove poi abbiamo appreso la notizia da alcuni familiari e amici che ci chiamavano ripetutamente sul telefono».
«In un primo momento – prosegue la donna – non abbiamo risposto e dunque erano tutti terrorizzati. Ovviamente, siamo rimasti scioccati da quanto appreso. Non ho incontrato durante l’attesa le persone rimaste coinvolte, ma adesso è come se le conoscessi perché il dolore che provo è immane. Non ho chiuso occhio questa notte e nel week end scenderò a Cosenza, a casa, perché sento di dover venire ad abbracciare ancor con più forza i miei genitori».
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