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il ricordo commosso

Trent’anni fa l’omicidio di Tramonte e Cristiano. Ma nessuno ha ancora pagato

I due netturbini furono uccisi il 24 maggio del 1991. Stefania Tramonte: «Mio padre ci ha insegnato ad amare le piccole cose»

Pubblicato il: 24/05/2021 – 20:36
di Giorgio Curcio
Trent’anni fa l’omicidio di Tramonte e Cristiano. Ma nessuno ha ancora pagato

LAMEZIA TERME Quanto è difficile, ogni giorno, convivere con un ricordo doloroso? E quanto è difficile continuare a sperare nella giustizia, nonostante tutto? Domande alle quali è impossibile rispondere senza tentare, almeno per un po’, a calarsi dentro quello che è, prima di tutto, un dramma familiare, poi una pagina di storia che racconta i tratti salienti di una parte oscura di un’intera città. 

L’omicidio di Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte

Trent’anni fa Lamezia Terme è stata profondamente segnata dall’omicidio di Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte, i due netturbini in servizio per il comune barbaramente uccisi all’alba del 24 maggio del 1991, alla Miraglia, mentre svolgevano il proprio turno di lavoro, intenti a ripulire dall’immondizia la propria città. La furia dei proiettili mortali non ha lasciato scampo a due onesti lavoratori, vittime sacrificali di una guerra di ‘ndrangheta, con ombre lunghissime sugli appalti l’amministrazione comunale. Un omicidio che ha aperto poi una voragine dentro alla quale la città della Piana è sprofondata un po’ alla volta, divorata dalla fame insaziabile delle cosche, smantellata pezzo dopo pezzo dalla furia sanguinaria della ‘ndrangheta. 

Tramonte-Cristiano-trentanni

Sete di verità e giustizia

Per quel massacro, però, nessuno ha ancora pagato. Una ferita tutt’ora aperta, sanguinante e lancinante. Dopo tre decenni la giustizia non ha ancora presentato il conto ad esecutori e mandanti di quel violento omicidio e non ha sopito, almeno in parte, quello che è il grido di dolore soffocato, quotidianamente, dai familiari dei due netturbini.  Un dolore che si fa più vivo nel ricordo, nell’impotenza, nell’amara consapevolezza che tutto è rimasto com’era allora, quasi sospeso, ricoperto da un velo impenetrabile. Questi ultimi trent’anni sono serviti a sperare, a confidare quasi incoscientemente in una svolta improvvisa, in una frase dimenticata, in un tassello ritrovato. 

Coltivare la memoria

Nel frattempo, e non potrebbe essere altrimenti, è la memoria a tenere viva quella fiamma di speranza che altrimenti rischierebbe di spegnersi al primo soffio di vento, quello della rassegnazione e dell’indifferenza. Oggi, nel trentennale, la città si è stretta ancora attorno alle famiglie Cristiano e Tramonte, prima durante la messa e la deposizione delle candele sotto alla targa, poi attraverso la cerimonia organizzata nel Civico Trame. Forze dell’ordine, giovani volti della città, ma anche i rappresentanti di diverse associazioni, il nuovo direttore di Trame, il giornalista Giovanni Tizian e i familiari.

Tramonte-Cristiano-trentanni
Stefania Tramonte

«Mio papà ci ha insegnato ad amare le piccole cose»

Particolarmente toccante il ricordo di Stefania Tramonte, rotto dal pianto e accompagnato da un caloroso applauso: «Mio papà – ha raccontato Stefania – era capace di ridare alla spazzatura una seconda vita. Spesso gli capitava di trovare oggetti ancora utilizzabili e li portava a casa, li regalava a noi. Una volta, ricordo, portò a casa un piccolo pianoforte, ancora integro, dondoli una seconda vita. Ci rese molto felici anche perché, nonostante lavorasse al Comune e avesse un posto fisso, era molto altruista con noi e anche con i suoi nipotini. Uno in particolare, rimasto orfano di padre. Aiutava tutti anche perché la nostra è stata sempre una vita semplice». E a chi la considera una ragazza sfortunata perché orfana, Stefania ha risposto così: «Io non sono stata sfortunata, tutt’altro. Ho avuto un papà che in pochi anni ci ha insegnato ad amare le piccole cose. I figli sfortunati sono quelli che hanno i papà che fanno di tutto, cercano voti ai mafiosi, si incappucciano per andare in giro a cercare consensi tra le cosche pur di far diventare i figli chissà chi. Il nostro papà era invece fiero di noi». 

Tramonte-Cristiano-trentanni

«La ‘ndrangheta è il corpo estraneo di questa terra»

E poi, il ricordo di Giovanni Tizian: «È doveroso condividere questo dolore. La cosa peggiore che fa la ‘ndrangheta è cancellare i ricordi. Penso a quanto sia difficile condividere lo stesso luogo, la stessa città, con chi magari è l’assassino dei propri dei cari. E la verità serve proprio a questo, riprendere quel luogo e riviverlo come proprio. La giustizia non è vendetta ma ricerca della verità per rivivere in pace quei luoghi dove sei nato e cresciuto». «Vogliamo che sia fatta veramente giustizia e che si arrivi alla verità. Proveremo a far riaprire il caso, coinvolgendo la città di Lamezia. La storia di Francesco e Pasquale deve diventare la storia dei giusti di Calabria. Questa terra è fatta di gente per bene, è la ‘ndrangheta è il corpo estraneo». 

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