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Il processo

Rinascita Scott, l’omicidio di Ciccio Iannazzo voluto (anche) da Luigi Mancuso e le cene con Nicolino Grande Aracri

Andrea Mantella racconta dell’espansione su Catanzaro del boss di Sambiase, l’arrivo dei Grande Aracri sul capoluogo e la retrocessione dei vibonesi

Pubblicato il: 27/05/2021 – 21:04
di Alessia Truzzolillo
Rinascita Scott, l’omicidio di Ciccio Iannazzo voluto (anche) da Luigi Mancuso e le cene con Nicolino Grande Aracri

LAMEZIA TERME L’omicidio di Francesco “Ciccio” Iannazzo, boss del quartiere lametino di Sambiase, – avvenuto a maggio del 1992 – fu deciso per volere anche di Luigi Mancuso, boss incontrastato nel Vibonese, oltre che del boss di Lamezia Terme Franco Giampà e del capo cosca di Fialadelfia Rocco Anello. All’epoca su Lamezia Terme le cosche Giampà e Torcasio erano confederate. Sull’omicidio Andrea Mantella apprende le informazioni da Giovanni Torcasio nel carcere di Siano a Catanzaro, «terzo piano, zona destra», dove era detenuto per l’omicidio di Ferdinando Manco. Insieme a lui c’erano detenuti anche Giovanni Torcasio, Francesco Giampà, Vincenzo Bonaddio, Giorgio Galiano, affiliato anche lui al clan Giampà-Torcasio. C’era lo stesso Pietro Iannazzo, figlio di Ciccio Iannazzo. «Io ero detenuto per l’omicidio di Ferdinando Manco, negli anni ’90, ero già imparentato con i Giampà perché mia sorella aveva sposato uno dei Giampà». «Per uccidere Ciccio Iannazzo vennero mandati dei killer da San Luca, della famiglia criminale dei Giorgi. C’era uno scambio di killer: i Torcasio, in particolare andavano a fare gli omicidi nella Locride e dalla Locride venivano su Lamezia Terme a fare gli omicidi per conto dei Giampà. Hanno eliminato pure Pasquale Giampà detto “Tranganello”, racconta il collaboratore.

La decisione di uccidere Ciccio Iannazzo

La decisione sarebbe nata in seguito a un incontro « sulla zona industriale di Lamezia presso l’autosalone Paradiso dove vicino c’era un capannone di Gino Benincasa» tra Giovanni Torcasio, Franco Giampà (capo della cosca lametina, detto “Il professore”) e Luigi Mancuso. Oggetto dell’incontro sono degli atti intimidatori fatti al gioielliere Capito di Lamezia Terme. « A quel tempo Luigi Mancuso non era stato ancora coinvolto nell’operazione Tirreno», ci tiene a specificare Mantella. « Giovanni Torcasio dice a Luigi Mancuso che il signor Caputo doveva pagare su Lamezia altrimenti se ne doveva andare da Lamezia e se lo doveva portare a Nicotera», dice Mantella. Sistemata amichevolmente la questione viene trattato il tema dell’eliminazione di Ciccio Iannazzo. « Da qui parte l’intenzione tra Luigi Mancuso e Francesco Giampà perché i Mancuso di Limbadi, in particolare Luigi, volevano eliminare Ciccio Iannazzo» che venne fatto fuori da gente del clan dei Giorgi per uno scambio di favori ai Torcasio all’epoca sodali dei Giampà.

Gli interessi dei Mancuso su Catanzaro

Secondo Mantella all’omicidio contribuirono anche gli Anello: «Nonostante Rocco Anello avesse sparato per conto dei Iannazzo aveva interesse a eliminare Ciccio Iannazzo».
Perché Mancuso, Giampà e Anello avevano questo interesse convergente a eliminare Ciccio Iannazzo?, chiede il pm Annamaria Frustaci.
«Per quanto riguarda Luigi Mancuso non so quale interesse poteva avere, magari qualche interesse di predominio sulla zona di Catanzaro perché ai tempi i Mancuso erano presenti sulla zona di Catanzaro e lo stesso Ciccio Iannazzo si allargava sullo stesso territorio. Ai tempi c’era la zona industriale su Vena di Maida che era in via di sviluppo e Iannazzo si stava espandendo. Negli anni ’90 i Mancuso erano presenti su Catanzaro città: Peppe Mancuso, alias ‘Mbrogghia”, lo stesso Luigi Mancuso. Poi si sono decentrati perché sono venuti fuori i cutresi e i Mancuso sono stati costretti a retrocedere». Sul capoluogo avanzavano sia la cosca di Nicolino Grande Aracri che gli Arena con i quali erano legati i Mancuso. Erano gli Arena – racconta Mantella – che permettevano ai Mancuso di stare sulla città di Catanzaro che era quasi una zona neutra fino a quando non venne fuori la squadra di Nicolino Grande Aracri e allora i Mancuso se ne dovettero andare».

«Quando Nicolino Grande Aracri cucinava per noi»

Nell’ultimo periodo di detenzione, dal 2012 fino alla collaborazione nel maggio 2016, Andrea Mantella ha girato parecchie carceri. Quando è stato detenuto a Catanzaro ha conosciuto Nicolino Grande Aracri. «Ho conosciuto Nicolino Grande Aracri in carcere a Catanzaro – racconta Mantella –. Mangiavamo insieme in cella con suo fratello e con suo genero, nel terzo piano zona destra. Non ho voluto avere delle doti particolari di ‘ndrangheta perché ormai non mi interessavo più quelle cose ma io pranzavo e cenavo con loro, anche se le celle erano chiuse, ci tengo a specificarlo. Cucinava Nicolino Grande Aracri. Ci portava il cibo già cucinato nella cella di suo fratello Ernesto, con cui stavo io, e anche nella cella di Giovanni Abramo che è suo genero. Anche nei passeggi o nella saletta io ero sempre con Nicolino Grande Aracri».

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