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«La ricetta Draghi: federalismo fiscale e regionalismo differenziato, ma ragionato»

Federalismo fiscale e regionalismo fanno pendant nel programma del Governo. È quanto anticipato e rappresentato dalla ministra Mariastella Gelmini nel corso dell’audizione della Copaff il 26 maggi…

Pubblicato il: 29/05/2021 – 9:27
di di Enrico Caterini* ed Ettore Jorio*
«La ricetta Draghi: federalismo fiscale e regionalismo differenziato, ma ragionato»

Federalismo fiscale e regionalismo fanno pendant nel programma del Governo. È quanto anticipato e rappresentato dalla ministra Mariastella Gelmini nel corso dell’audizione della Copaff il 26 maggio scorso. Un obiettivo programmatico che aveva, del resto, interessato anche il precedente Esecutivo a guida Conte, con la bozza di legge quadro c.d. Boccia.
I due temi costituiscono un binomio naturale e idealmente inscindibile, atteso che sono entrambi figli della stessa mano (revisione costituzionale del 2001), così come la corretta attuazione della previsione dei livelli essenziali delle prestazioni, da rendere ovunque e comunque, riservata alla competenza esclusiva dello Stato.
L’ideale sarebbe – e le condizioni ci sarebbero tutte viste le personalità scientifiche chiamate a presiedere le tre commissioni di studio insediate ad hoc dalla neoministra per gli affari regionale e le autonomie – che il modello ideato nell’anzidetta bozza di legge fosse rivisto e arricchito dei necessari strumenti indispensabili per evitare un ulteriore e definitivo flop applicativo del federalismo fiscale, ritardo protratto da undici anni, tanti gli anni dall’approvazione della legge delega attuativa dell’art. 119 della Costituzione. Sono stati tanti i provvedimenti approvati sino ad oggi, perché lasciati chiusi nel cassetto dell’inefficacia (legge delega 42/2009, n. 9 decreti delegati del 2010/2011 e un DM del 2010 sulla perequazione infrastrutturale), nel mentre il sistema Repubblica è divorato da una spesa corrente fuori controllo, dalla generazione di debiti miliardari (specie nella sanità) e dalla mancata chiamata a responsabilità della politica e della burocrazia che ha fatto man bassa di un cattivo esercizio del denaro pubblico. Il tutto con buona pace di chi era deputato al controllo istituzionale ad ogni livello, magistratura compresa, che tuttavia oggi sta dimostrando al riguardo una rinnovata e tempestiva capacità d’intervento.

Ci sarà tanto da fare

Il lavoro da farsi sarà complesso, tanto da supporre un ragionevole maggior tempo rispetto al previsto. Sarà difficile separare l’obiettivo dalla coeva approvazione della necessaria riforma fiscale e del Tuel, specie in tema di dissesto e predissesto, anche avuto riguardo alla recente sentenza della Consulta n. 80/2021. Non solo. Sarà altrettanto difficile non affrontare il superamento delle disperate situazioni di evidente disparità infrastrutturale tra le regioni, che rimarranno tali nonostante le previsioni del PNRR, nettamente insufficienti nel Mezzogiorno ferito dall’assenza di un proprio patrimonio produttivo e da una esposizione debitoria generata da decenni di malagestio e inarrestabile invadenza delle mafie.

Il tris d’assi in attesa del poker

Federalismo fiscale, regionalismo differenziato e livelli essenziali delle prestazioni, da assicurare a tutti mediante una adeguata perequazione, sono il trinomio da realizzare per rendere il Paese e la Nazione eguali, pronti ad affrontare lo sforzo della difficile ripresa post-Covid, col fine di ridurre l’enorme debito pubblico ingigantitosi oltre ogni sostenibile misura, allo stato incostituzionale fardello delle future generazioni

Bozza Boccia da rivedere

Per meglio intendere la portata dell’impegno politico assunto in tale senso dal governo Draghi occorre partire dalla bozza Boccia. Essa fu la risposta politica alla inequivoca istanza popolare delle Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, espressa dalle prime due anche in referendum. La bozza, sebbene in modo non esauriente, ripropose l’agenda governativa della attuazione del federalismo fiscale, promosse un contesto unitario di riferimento regionale per affrontare l’attuazione dell’art. 116, comma 3, della Costituzione, rilanciò la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e l’attivazione del fondo perequativo a sostegno delle regioni più deboli, il tutto dopo vent’anni di dolosa trascuratezza.
Nel merito, sono tanti i dubbi e le perplessità che il contenuto della bozza suscita. Si presenta come legge di «mediazione politica» nella quale si replicano i princìpi già sanciti in analoghi provvedimenti di attuazione costituzionale (n. 42/09 e decreti delegati). È bozza confermativa degli strumenti previsti da oltre un decennio nell’ordinamento, anche con riguardo al conseguimento dell’equilibrio economico -come la legge attuativa rinforzata n. 243/212-, e alla fissazione di termini ottimali per l’esecuzione degli adempimenti.
Così com’è redatta, più che una legge «cornice» è una sorta di linea guida parlamentare per l’applicazione di norme «vive e vegete», per di più di attuazione costituzionale.
Il riferimento ivi alla fonte delle fonti è rivolto massimamente all’attuazione del novellato art. 119, norma già perfezionata con:

  • la legge delega n. 42/09;
  • i suoi decreti legislativi delegati (nn. 216/2010, 23/2011, 68/2011), rispettivamente, disciplinanti la determinazione dei fabbisogni standard per enti locali, il federalismo fiscale municipale, i costi e fabbisogni standard relativi alla salute e la perequazione ordinaria;
  • la perequazione infrastrutturale di cui al DM 26 novembre 2010, pubblicato tardivamente (G.U. dell’1 aprile 2011) e lasciato a giacere inattuato chissà dove.

In buona sostanza, l’iniziativa del precedente Ministro, da una parte, lenì le richieste delle Regioni più rumorose le quali rivendicarono la legge confermativa delle intervenute intese attuative del regionalismo differenziato, dall’altra, differì di almeno dodici mesi l’applicazione del federalismo fiscale (LEP, costi/fabbisogni standard e costituzione del fondo perequativo). Il tutto con l’esito della fin qui consueta dilazione che dal 2001 tutti i Governi hanno praticato, esito riaffermato nell’art. 2, comma 1, della bozza, che sancisce -per l’appunto- che «i livelli essenziali delle prestazioni, gli obiettivi di servizio e i fabbisogni standard … nonché le relative metodologie di determinazione, sono individuati …(Dpcm) entro dodici mesi dalla entrata in vigore della legge di approvazione delle Intese».

Ecco il quarto asso (PNRR)

Avuto riguardo all’impegno assunto nel Piano di ripresa e resilienza (pagg. 74-75), il Governo e il Parlamento hanno formalmente condiviso l’impegno di completare la disciplina del federalismo a tal punto da trasformarlo (finalmente) da annunciata metodologia di finanziamento del sistema delle autonomie a sistema effettivo di erogazione delle risorse e di esercizio della spesa. La sanità potrà finalmente ripartire non più con il criterio della spesa storica -fondato sulla quota pro capite pesata-, bensì con il fabbisogno reale commisurato agli indici di deprivazione socio-economica-culturale caratterizzanti le diverse realtà geo-demografiche. Ciò solo che si vogliano dare alle Regioni, attraverso una perequazione al 100%, i quattrini che servono loro per assicurare alle loro comunità i livelli essenziali di assistenza sociosanitaria. Stessa percentuale dovrà ovviamente avvenire, secondo la vigente normativa, con l’assistenza sociale, con l’istruzione (limitatamente ai costi non specificatamente di programmazione ed erogazione didattica) e con il trasporto pubblico locale (solo per la parte della spesa in conto capitale).
Ciò senza considerare la copertura straordinaria occorrente per fronteggiare, nella sanità e non solo, il long covid, per ricostruire la quasi inesistente assistenza territoriale.
Il PNRR ha esplicitamente assunto l’inderogabile impegno di completare il percorso del federalismo fiscale, cosciente di quanto la sua messa da parte abbia rappresentato uno dei grandi problemi che hanno causato l’attuale stato di inefficienza del sistema pubblico dell’erogazione dei servizi pubblici e, più specificatamente, dell’esigibilità dei livelli essenziali di assistenza nonché l’assoluto mancato controllo della spesa relativa.

Le perequazioni al plurale

Si avrà modo di assicurare, con strumenti che indicano i valori e le disponibilità delle risorse: 1) al sistema della salute (da considerarsi al lordo del sociale in essa necessariamente integrato) i costi standard adeguati nella loro totalità ai fabbisogni regionali, per una sanità ovunque efficiente, efficace e non soggetta a dispersione di risorse; 2) all’istruzione (per la parte di funzionamento amministrativo) e ai trasporti pubblici locali (per la parte in conto capitale) un finanziamento pari ai fabbisogni standard predeterminati in modo omogeneo, secondo un attento e obiettivo estimo delle condizioni dei soggetti destinatari. Il tutto assistito dalla perequazione, indispensabile per salvaguardare i diritti a tutte le comunità, il cui effetto dev’essere compensativo della differenza tra il gettito fiscale territoriale e le risorse occorrenti per una soddisfacente ed egualitaria erogazione dei servizi. Ciò in linea con la pretesa costituzionale (art. 117, comma 2, lett. m) di garantire ovunque gli anzidetti livelli essenziali di assistenza sociosanitaria, standard e non minimi. A proposito di perequazione, è significativo l’impegno della ministra Gelmini ad innalzarla al massimo anche nelle prestazioni per le quali la Costituzione non impone il 100%. Ciò farà tanto bene alle Regioni del Sud, tradizionalmente a corto di gettito a causa della consolidata povertà ed eccessiva tolleranza nella riscossione coatta. Un impegno che richiederà l’individuazione della metodologia più congrua per superare le discriminazioni, metodologia da fondarsi sulla capacità fiscale per abitante. A un tale gap dovrà rimediarsi con una regolazione da coordinare con l’attuazione del regionalismo differenziato. Quest’ultimo dovrà attuarsi declinando quei segmenti di materie che costituiscono il ragionevole complemento delle esigenze territoriali, e superando l’approccio generalizzato che include la sintesi verbale espressa nelle materie elencate nel dettato costituzionale, così come pretese acriticamente Veneto e Lombardia. Ma federalismo fiscale non vuole dire solo questo. E la Gelmini lo ha detto bene. Significa, non solo tutelare «i principi indefettibili di solidarietà e di coesione sociale», bensì responsabilizzare tutti i livelli di governo, concretizzare l’effettività e la trasparenza della spesa e realizzare il controllo democratico dei cittadini, che potranno così scegliere più consapevolmente per il futuro.

C’è quella infrastrutturale e sul debito pregresso

Ma c’è di più. Viene attivata la generale perequazione solidaristica, a tutela della più equa distribuzione delle infrastrutture, in applicazione del DM 26 novembre 2010 (quello per l’appunto recante norme sulla “Perequazione infrastrutturale”, mai tirato fuori dai cassetti!). Un dovere al quale, francamente, non ha offerto una corretta soluzione il PNRR, eludendo sul tema di dovere assicurare su tutto il territorio nazionale quel patrimonio produttivo, che sarebbe comunque stato indispensabile prevedere per fare sì che tutti partissero bene e uguali nella corsa al federalismo fiscale applicato. Ma si spera, che ci sarà modo e tempo per rimediare all’errore di ipotesi in corso d’opera, vero banco di prova della Next Generation eu. Federalismo fiscale significa anche altro. Il riferimento va, e qui è anche forte il riferimento alle occasioni mancate con il PNRR, al d.lgs. 88/2011, il sesto decreto delegato della legge 42/2009, attuativa dell’art. 119 della Costituzione. Un importante strumento voluto dal legislatore che sottolinea l’importanza degli interventi speciali a sostegno delle aree deboli. Una ulteriore species di perequazione, cui pervenire utilizzando le risorse aggiuntive del comma 5 del suddetto art. 119, alle quali affidare la messa a disposizione paritetica delle occasioni per generare sviluppo e superare gap altrimenti insormontabili. E perché no, utilizzabili per perequare disponibilità destinate alla copertura di debiti pregressi, coperture altrimenti impossibili per alcune Regioni, Calabria in primis.

*Unical

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