CATANZARO È salato il conto che un anno di crisi pandemica ha presentato al sistema agrituristico calabrese che ora con le riaperture programmate prova a rialzarsi. Ad iniziare dalla prossima stagione estiva.
Anche se rispetto ad altri segmenti della costellazione di imprese che ruotano attorno alla ricettività, l’agriturismo ha dimostrato maggiore capacità di resilienza per le caratteristiche proprie di questo genere di attività che fa del contatto con la natura e dunque con gli spazi aperti, ma soprattutto con la produzione agricola d’eccellenza i suoi punti di forza. Ma i contraccolpi di quella crisi innescata dalle misure introdotte dal Governo per contenere la diffusione dell’epidemia sono stati decisamente rilevanti. In Italia Agriturist – prima associazione di agriturismo in Italia, per la promozione e la valorizzazione della rete degli oltre 20.000 agriturismi italiani – ha stimato una perdita in un anno di 1,2 miliardi di euro di ricavi. Un crollo dei fatturati che ha interessato soprattutto le strutture che hanno puntato meno sulla vendita diretta dei prodotti agricoli, scommettendo di più sulla vocazione ricettiva, banchettistica e multidisciplinare legata alle fattorie didattiche e sociali.
Aspetti questi ultimi – che proprio a causa delle limitazioni, se non alla chiusura dettata dall’incalzare della pandemia – hanno risentito maggiormente comportando la perdita fino al 100% dei ricavi. Ovviamente nei mesi del lockdown della prima e della seconda ondata protratto praticamente fino ad oggi.
L’azzeramento di prenotazioni dei soggiorni e dei ricevimenti – questi ancora fermi al palo fino al 15 giugno – hanno comportato l’annichilimento della capacità di generare reddito e conseguentemente minato alle basi la stessa tenuta economica delle aziende agrituristiche. Solo la centralità della componente agricola si è rivelata elemento strategico ma soprattutto fondamentale per la sopravvivenza delle imprese che operano in questo segmento produttivo.
Elementi che sono emersi con chiarezza da tutti i dati raccolti sull’andamento del settore nel corso della stagione pandemica e che hanno registrato effetti devastanti generati dalla crisi economica seguita alla diffusione del virus e alle conseguenti chiusure delle attività imposte dai Governi che si sono succeduti.
Un settore che, nonostante le rilevanti perdite accumulate nel corso dell’anno come altri settori produttivi, a differenza di questi ultimi stava anche subendo una sperequazione: gran parte delle imprese, infatti, erano rimaste escluse dai decreti sui ristori per colpa dell’interpretazione dei codici Ateco. Una falla, «una vera e propria beffa» come hanno denunciato le maggiori organizzazioni rappresentative del settore, sanata con il decreto “Sostegni bis” pubblicato in Gazzetta ufficiale solo il 25 maggio scorso. Anche se il vero sostegno per il rilancio del settore è rappresentato proprio dalle riaperture a pieno regime delle attività, come ha evidenziato lo stesso premier Mario Draghi nel corso della conferenza stampa in occasione della presentazione del decreto “Ristori bis” . Una carta che le aziende agrituristiche potranno giocarsi fino in fondo puntando su alcuni aspetti che potrebbero rivelarsi “vincenti” in questa condizione di emergenza pandemica non ancora conclusa: mete meno affollate e dunque ritenute più sicure accompagnate dalla qualità della ristorazione. Un sondaggio Airbnb , commissionato a OnePoll e presentato in occasione dell’accordo con Agriturist, ha fatto appunto emergere che prioritari per i viaggiatori italiani del 2021 sono distanziamento e pulizia (34%). Così come conferma la ricerca, i luoghi isolati e tranquilli risultano la scelta migliore: un break in montagna o campagna è l’ideale per il 28%, stessa percentuale per chi predilige una sistemazione al mare, mentre il 19% opta per un agriturismo di cui il 26% è tra gli over 55. Aspettative e potenzialità dei percorsi dell’era pandemica che rappresentano un vero e proprio banco di prova per cercare di rialzare la testa anche per il settore agrituristico calabrese.
A tracciare un bilancio su cosa ha comportato l’emergenza Coronavirus sul comparto agrituristico italiano ci ha pensato anche l’Ismea che nel “Rapporto Agriturismo e Multifunzionalità 2020” ha pubblicato un’indagine “Stagione agrituristica 2020-Impatto Covid-19” realizzata tra gli imprenditori del settore. Ben l’86% dei titolari delle strutture ha dichiarato di aver subito una riduzione dei ricavi con perdite di oltre il 50% per un terzo delle aziende intervistate. Ad uscirne danneggiato soprattutto l’attività ricettiva presso le strutture: oltre 9 agriturismi su dieci (91%) ha registrato disdette di pernottamenti in un anno. E a pesare maggiormente sui flussi turistici, la mancanza di stranieri. Secondo quanto riportato nel report, infatti oltre il 90 per cento degli agriturismi ha segnalato una diminuzione se non addirittura l’assenza di viaggiatori provenienti dall’estero. Un azzeramento causato dal blocco degli spostamenti imposti dalle misure per contenere la pandemia, che ha viceversa facilitato – almeno nella finestra estiva – la domanda di turismo di prossimità. Stando ai dati presenti nel report, gli ospiti italiani sono aumentati: il 46,4% delle imprese ha infatti dichiarato l’andamento positivo. In crescita la presenza di famiglie (37%) e coppie (22,9%).
E agosto scorso – dopo la riapertura a regime delle strutture – è stato il mese che si è rivelato più soddisfacente per volumi di affari per oltre tre quarti delle imprese italiane. Tanto che quasi un quarto di imprese ha registrato un andamento ancor più elevato di presenze rispetto al 2019 a cui si somma un altro 33,7% di aziende che ha dichiarato che i numeri di clienti sono rimasti invariati. Una dimostrazione plastica della capacità attrattiva di questo genere di struttura nell’era Covid. Ma l’arma in più per la tenuta economica di queste imprese si è rivelata la produzione agricola e soprattutto la vendita diretta di generi alimentari di prossimità. Infatti dall’indagine svolta da Ismea, il 22% delle aziende dichiara addirittura di aver registrato nel 2020 (rispetto al 2019) un incremento delle richieste di prodotti da parte di persone del luogo (residenti in un raggio di circa 150 km dall’azienda). Una vera e propria ancora di salvezza che ha permesso alle imprese di ridurre così le perdite di ricavi che restano comunque elevate a causa del Covid. A fare i conti delle perdite del settore Agriturist ha stimato mancati guadagni in un anno, per oltre 1,2 miliardi. La ricetta per uscire da questa situazione è stata l’incremento di servizi di consegna a domicilio dei prodotti e dunque la scommessa sulla qualità. La ripresa delle attività poi dopo i mesi di lockdown e specificatamente i mesi estivi hanno dimostrato con i numeri la bontà dell’offerta in agriturismo. Visto l’incremento registrato nei flussi.
L’offerta agrituristica in Calabria si presenta variegata e può contare su una diffusa e capillare presenza di strutture distribuite su tutto il territorio. Secondo i dati dell’Ismea, complessivamente nella regione sono presenti nel 2019 (ultimo dato censito) 579 aziende, in flessione rispetto al dato dell’anno precedente quando risultavano 10 imprese in più. Con questo dato in Calabria si concentrerebbe il 2,4% dell’offerta totale di agriturismi italiani. Entrando nel dettaglio gran parte di queste aziende calabresi sarebbero dotate di alloggi (88%) per un totale di 7.034 posti letto. Ben 81% invece avrebbe attivo il servizio di ristorazione per un totale di 12.202 coperti. Mentre sono 164 le aziende agrituristiche con degustazione pari al 28% del totale e 449 quelli con attività ricreative, sportive e culturali.
Mentre per il dipartimento regionale all’Agricoltura ad ottobre scorso quel dato sarebbe pari a 569, di cui ben oltre la metà si concentra nella provincia di Cosenza dove sono presenti 327 aziende (57,5%). Segue il Catanzarese con 136 agriturismi (23,9%) e poi il Vibonese (39), il Reggino (36) ed infine il Crotonese dove sono presenti 31 agriturismi.
Secondo i dati dell’Istat rielaborati da Ismea, prima della pandemia il flusso di turisti in queste strutture era rilevante. In particolare nel 2019, il totale degli arrivi sono stati 15.093 con un numero di presenze complessive in quell’anno pari a 67.674.
A caratterizzare la domanda turistica di queste strutture soprattutto la componente interna. Nel 2019, infatti sono stati 9.097 i turisti italiani (60,3%) contro i 5.996 stranieri (39,7%) che però si sono tramutati rispettivamente in 32.488 presenze di connazionali (48%) contro le 35.186 di cittadini provenienti dall’estero (52%). A significare che il turista straniero predilige la vacanza più lunga in questo genere di struttura rispetto all’italiano. Ma a caratterizzare i servizi offerti in queste strutture anche quelli legati alle fattorie didattiche e all’agricoltura sociale. Servizi che soprattutto nel primo caso hanno dimostrato un trend di crescita sia in termini di offerta (numero di aziende) sia di interesse e attenzione della domanda (pubblica che privata).
Entrando nel dettaglio calabrese le fattorie didattiche iscritte negli elenchi regionali nel 2020 sono 147 di cui 97 concentrate nel Cosentino, 27 nel Catanzarese, dieci nel Crotonese, 9 in provincia di Vibo e 4 nel Reggino. Nel corso di un anno (2020 su 2019) il totale di questo numero è cresciuto in Calabria di ben il 18,5%. Decisamente molto al di sopra della media nazionale (+3,7%) e che pone la regione al decimo posto in Italia per la presenza di fattorie didattiche sul territorio. Parallelamente a questo incremento assoluto è cresciuto anche quello degli agriturismi in cui è presente questo genere di attività. Si è passati dagli 8 del 2011 al doppio del 2019, con un incremento dell’ultimo anno monitorato di ben il 23,1%. A dimostrazione della multidisciplinarietà offerta dal segmento che annovera anche l’agricoltura sociale e che in Calabria vede attive 18 fattorie: 12 nel Cosentino, 5 nel Catanzarese e 1 nel Vibonese. Tutte potenzialità che potranno essere messe a frutto con la ripartenza, dopo l’anno orribile che ha caratterizzato il 2020 stando ai dati di Agriturist, il comparto calabrese ha perso l’80% dei ricavi. Secondo l’organizzazione di categoria, in regione «sono stati più penalizzati gli agriturismi in montagna e collina».
«Il 2020 è stato un anno disastroso per le imprese. Un anno da dimenticare». Mariangela Costantino, presidente di Agriturist Calabria non usa mezzi termini per descrivere l’anno della pandemia per le aziende agrituristiche calabresi. «Con la ristorazione al chiuso stoppata per mesi – spiega – e con solo pochi esercizi che sono riusciti ad attivare il servizio d’asporto i ricavi sono precipitati. Senza contare l’azzeramento delle attività garantite dalle fattorie didattiche e sociali fermate dalle misure di contenimento del virus».
E non è andata meglio neppure l’attività ricettiva che ha registrato «un azzeramento ovviamente nel periodo di lockdown» e una ripresa «importante» solo nell’estate scorsa. «Soprattutto ad agosto – dice Costantino – quando addirittura alcune strutture hanno registrato numeri superiori a quelli del 2019. Negli altri mesi hanno lavorato solo quei pochi che possono contare su una clientela business». A fare la differenza, secondo la presidente di Agriturist è stato il «ricambio generazionale».
Come hanno fatto a resistere nel corso di questa fase gli imprenditori agrituristici calabresi?
«Negli agriturismi gestiti da imprenditori giovani le aziende hanno sviluppato diverse attività per sopperire all’assenza di clienti nelle strutture. Dall’asporto al catering passando ad accordi con aziende per garantire loro il servizio mense. E poi sono state allestite sale per offrire coworking per rendere attrattive le nostre location che senza dubbio posseggono un valore aggiunto legato al contatto diretto con la natura e la distanza dai centri affollati. Ma il contributo più importante è derivato dall’attività agricola. Quelle aziende che hanno puntato molto sui prodotti d’eccellenza e hanno offerto servizi diretti di vendita attivando anche l’e-commerce hanno registrato un incremento di vendite che in parte ha sopperito alla pesante flessione dei ricavi. Di certo però c’è la circostanza che molti hanno retto anche per una situazione patrimoniale solida alla spalle. La mancanza di liquidità ha infatti condannato diverse strutture».
C’era anche la questione aperta dell’impossibilità di gran parte delle imprese di non poter accedere ai “ristori”?
«Dopo innumerevoli note e sollecitazioni è stato risolto il problema della prevalenza che escludeva gli agriturismi dai ristori. Ma in questo periodo durissimo per le nostre aziende abbiamo dovuto registrare anche altre storture. Ancora oggi in molti non hanno ricevuto gli aiuti del “bonus ristoranti” previsto già dall’ex ministro Teresa Bellanova. E non tutti ancora hanno ottenuto le risorse previste dalla misura Psr 21. Una misura introdotta dalla Regione per sostenere la ripresa delle attività degli agriturismi investiti dalla crisi economica generata dal Covid. Siamo certi che queste somme arriveranno, ma troppo tardi. Quando le risorse sarebbero servite per avviare le strutture. Senza contare quello che è stato riservato ai dipendenti stagionali degli agriturismi. Non godendo della cassa integrazione né in autunno né in primavera hanno ottenuto sostegni. E solo ora riceveranno 800 euro per tutto il periodo che sono rimasti fermi».
Ed ora con quali prospettive riaprite le vostre attività?
«Con entusiasmo, sapendo che il futuro è nelle nostre mani. Possiamo fare e dobbiamo fare di più puntando su quello che rende uniche le nostre strutture: la sostenibilità ambientale e l’eccellenza delle produzioni agricole offerte. E le aspettative per questa estate sono alte visto che stiamo registrando importanti segnali dal mercato. Le prenotazioni, infatti, stanno arrivando ed anche richieste da parte di turisti stranieri. Di certo registriamo movimenti e seppure è difficile dare numeri esatti siamo convinti che quest’estate andrà meglio della scorsa. A partire proprio dalla presenza di stranieri che nel 2020 a causa del diffondersi della pandemia non hanno raggiunto la Calabria. Credo che alla fine registreremo un incremento rispetto anche al 2019, con aumenti del 50%. Un movimento che resta sempre caratterizzato da turisti di prossimità».
C’è un periodo pre-covid e post pandemia che ha portato a doversi adeguare alle nuove norme per evitare la diffusione dei contagi. Le strutture calabresi sono pronte?
«Molte strutture si erano adeguate alle misure introdotte dal Governo per contenere la diffusione dell’epidemia già dallo scorso anno ed ovviamente sono pronte. Oramai conviviamo da tempo con il Covid e siamo pronti ad applicare e garantire ai nostri clienti tutta la sicurezza necessaria ad evitare contagi».
Si sta facendo abbastanza come strategia politica per valorizzare le vostre attività in Calabria?
«È stato fatto molto poco per sostenere direttamente il comparto, le iniziative messe in campo hanno infatti interessato il turismo in generale. Quindi indirettamente ha coinvolto il sistema agrituristico calabrese. Si era parlato di preparare un sito internet specifico da parte della Regione ed abbiamo partecipato alla sua realizzazione. Ma questo progetto non è decollato. Dunque si può fare molto di più. Solo sul settore di promozione della destinazione Calabria qualcosa è stato fatto con l’organizzazione o la partecipazione ad eventi sul turismo. Ribadisco però nulla di specifico. Non vedo strategie ed investimenti nel lungo periodo per valorizzare il sistema agrituristico calabrese né da parte della Regione né del Governo. Credo che il ministero del Turismo e della Agricoltura dovrebbero dialogare di più per rilanciare un settore che è strategico per le sorti dell’economia dei due comparti»
Cosa manca per rilanciare il comparto?
«Guardi in Calabria non è stata neppure attivata dalla Regione la classificazione delle strutture attraverso il marchio unico “agriturismo Italia”. Si tratta di un sistema che, sulla falsa riga di quanto avviene per gli alberghi, prevede l’assegnazione di un numero di “girasoli” fino a cinque in base alla qualità dei servizi offerti, al rispetto dell’ambiente, alla tutela delle produzioni locali e ad altri criteri specifici dell’attività svolta negli agriturismi. È un riconoscimento importante perché certifica la bontà delle prestazioni offerte e costituisce perciò un biglietto da visita per quanti si avvicinano alle strutture calabresi. Non averlo penalizza l’intera Calabria. Non basta solo questo. Occorre creare un’immagine credibile dell’agriturismo calabrese e potenziare i collegamenti tra la Calabria e il resto del mondo a partire da quelli aerei implementando tratte internazionali e nazionali con le compagnie low cost. Ma serve anche una maggiore consapevolezza di noi tutti. Dipende dalla nostra volontà, come imprenditori, di innalzare la qualità dei servizi e la professionalità di chi ci lavora puntando ad investimenti adeguati per essere in linea con gli standard mondiali. Gli agriturismi da questa vicenda pandemica potrebbero cogliere una grande occasione. Offrono natura, ampi spazi , genuinità ed accoglienza familiare, che è ciò di cui ha bisogno oggi il turista. La Calabria in questo senso ha una grande opportunità, che deve essere colta appieno soprattutto da chi lavora in questo settore». (r.desanto@corrierecal.it)
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