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La riflessione

«Calabria: sudditi e rabbia repressa»

Tutti i candidati, in pectore, per la presidenza della Giunta regionale della Calabria, eccetto Luigi de Magistris che corre in solitaria, accasato con Carlo Tansi, aspirante presidente del Consig…

Pubblicato il: 30/05/2021 – 8:29
di Mimmo Nunnari*
«Calabria: sudditi e rabbia repressa»

Tutti i candidati, in pectore, per la presidenza della Giunta regionale della Calabria, eccetto Luigi de Magistris che corre in solitaria, accasato con Carlo Tansi, aspirante presidente del Consiglio – per grazia da ricevere – aspettano il “placet” da Roma prima discendere in campo, ed essere autorizzati a indossare la maglietta del proprio sponsor. Papale papale, non contano niente i partiti tradizionali in Calabria, o i movimenti, come quello pentastellato, diviso, dilaniato, avvelenato da polemiche interne. Sono partiti liquidi, senza leader, con ingaggiate truppe d’occasione, quelli calabresi. Tutti, commissariati. Nessuno si offenda, ma si ha l’impressione che siano popolati da sudditi e che per conseguenza la Calabria sia, per i partiti nazionali, solo granaio di voti. Un posto dove prendere, lasciando mancette. Che significa, essere sudditi? La “Treccani”, spiega che è suddito chi è sottomesso, assoggettato: in senso generico indica chi è in stato di soggezione, e di subordinazione rispetto a chi comanda, decide. San Bernardino sapeva bene, e lo diceva, che suddito non è cosa buona. Raccomandava, al cittadino che reggeva la città: «Non usare la tirannia al tuo suddito, ma fa’ che tu il tenga con amore, e lui ti servirà con amore».
Insomma, sommando tiranno al suddito, non viene fuori la democrazia. Eppure la Calabria, in politica, è sparsa di sudditi. Avrebbe bisogno di ribellarsi questa Calabria, di spezzare le catene della sua sudditanza. Di ritrovare orgoglio, e passione. L’occasione delle prossime elezioni regionali è irrepetibile per mischiare le carte, e magari diventare laboratorio del Paese che verrà. Perché, dopo Draghi, nulla, sarà più come prima. Come sarà non sappiamo, ma le mura del vecchio sistema politico stanno crollando. Il centrodestra sta attaccato come le foglie all’albero in autunno, il centrosinistra è come la maionese impazzita.
Possono, questi fantasmi pantagruelici, avere un ruolo propositivo? Riguardo al futuro di una regione in ambasce e senza voce, come la Calabria? No. Hanno solo interesse a mantenere diritti coloniali, elargendo regalie ai loro sudditi. Chi aspira a candidarsi in Calabria – le porte sono aperte e nelle ultime ore irrompe Magorno con Italia Viva a scombussolare molti piani – ha davanti a sé una prateria, se capisce che il primo passo è affrancarsi da schemi e sottoschemi imposti, che non hanno più alcun senso ideologico politico. Come diceva il grande Bartali, che non era solo un ciclista campione, ma un grande uomo: «È tutto sbagliato, è tutto da rifare».
Ci vuole coraggio cari politici calabresi e questo coraggio conviene trovarlo, se si vuole bene alla Calabria. Il coraggio serve a parlare di progetti, programmi, e perché no?, di riconciliazione tra le Calabrie, due o tre, o quattro, che resteranno divise e distanti se a decidere tutto saranno i colonizzatori, che sono cinici, indifferenti, disinteressati al futuro della regione più povera d’Europa. Serve uno scatto. Chi ha coraggio lo faccia. E sappia che c’è in attesa quell’area detta “grigia” degli astensionisti, che nei sondaggi di voto si attesta al 40%; area che in realtà dovrebbe chiamarsi “rossa”. Perché rosso è il colore della rabbia repressa, dell’indignazione verso il sistema dei sudditi.

*giornalista

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