Dall’ultima rilevazione, tenutasi nei mesi di febbraio-marzo 2021, emergono risultati impietosi: solo il 22% degli italiani considera “abbastanza buona e molto buona” l’offerta dei servizi pubblici erogata dalla nostra Pa. La media europea si è attestata al 46%: mentre in Spagna si è fermata al 38, in Francia al 50 e in Germania al 55 per cento. Tra le primissime posizioni la Finlandia occupa il terzo gradino del podio, con un apprezzamento dei servizi resi dalla propria Pa pari all’81%. Al secondo posto si collocano i Paesi Bassi con l’86% e con il 92% il Lussemburgo occupa il primo posto della classifica. Nonostante paesi come Spagna, Germania e Austria hanno registrato una tendenza regressiva, il gradimento degli italiani nei confronti della qualità dei servizi offerti dalla PA è molto peggiorato a causa del Covid passando in due anni dal 30% al 22%. Secondo la Cgia, le cause si possono individuare nei forti ritardi con cui all’inizio della pandemia sono stati erogati i ristori alle aziende o la cassa integrazione ai lavoratori dipendenti, nel rallentamento dell’attività giudiziaria, nelle difficoltà a far decollare il piano vaccinale e nel rallentamento delle perfomance di molti enti locali. Per migliorare l’efficienza della nostra Pa la Cgia propone di diminuire il numero delle norme presenti nel nostro ordinamento e far sì che queste leggi siano scritte meglio, evitando le sovrapposizioni esistenti tra i vari livelli di governo, bandendo il burocratese e imponendo, in particolar modo, un monitoraggio periodico sugli effetti che queste producono, soprattutto in campo economico. E’ necessario, inoltre, semplificare le procedure e introdurre controlli successivi rigidissimi, incentivando il meccanismo del silenzio-assenso, senza dimenticare che bisogna digitalizzare tutti i soggetti pubblici, obbligando il dialogo tra le loro banche dati per evitare la duplicazione delle richieste che periodicamente travolgono cittadini e imprenditori ogniqualvolta si interfacciano con uno sportello pubblico. Infine, bisogna riformare nuovamente il reato di abuso di ufficio. Infatti, nonostante l’intervento legislativo introdotto dal governo Conte, non sta venendo meno il ricorso alla “burocrazia difensiva” da parte di molti funzionari pubblici, perché la misura legislativa non incide sulle denunce, che una volta presentate, impongono di condurre le indagini. Tale situazione continua a provocare la cosiddetta “fuga dalla firma”, rallentando enormemente lo smaltimento delle pratiche nell’edilizia, nell’urbanistica e nel settore degli appalti. Per contro, infine, vanno premiati i dirigenti e i funzionari che si comportano correttamente e rendono efficienti le proprie aree di lavoro: l’aumento della produttività, anche nel pubblico, va riconosciuto economicamente. Infine, come rileva anche la Banca d’Italia, la mancata crescita registrata negli ultimi 20 anni va ricondotta al basso livello di produttività che caratterizza il nostro Paese. Per invertire questa tendenza il primo intervento da realizzare dovrebbe riguardare proprio un miglioramento dell’efficienza della Pa, la qualità dei servizi offerti e il pieno rispetto delle regole. In merito a quest’ultimo elemento, infatti, i ricercatori di via Nazionale hanno avuto modo di segnalare che nel 2014 il 55 per cento dei reati contro la macchina pubblica risultava commesso nel Mezzogiorno, con una incidenza rispetto alla popolazione residente 2,3 volte più elevata che nel resto del Paese. E in merito ai tempi di realizzazione delle infrastrutture italiane, è stato ricordato che il 70 per cento delle opere incompiute è ubicato al Sud: ripartizione geografica alla quale fa capo solo il 30 per cento circa dei lavori pubblici presenti nel Paese. Il rischio serio con una pubblica amministrazione debole e lenta è di compromettere gli investimenti pubblici previsti con il Next Generation EU e il trasferimento delle risorse economiche del Recovery fund ed è un rischio che il Paese non può assolutamente permettersi di correre.
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