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L’inchiesta

Tragedia del Mottarone, lasciano il carcere Nerini e Perocchio

Il gip di Verbania non ha convalidato i fermi dei due accusati del disastro in cui ha perso la vita anche Serena Cosentino. Ai domiciliari Tadini

Pubblicato il: 30/05/2021 – 10:47
Tragedia del Mottarone, lasciano il carcere Nerini e Perocchio

VERBANIA Svolta nell’inchiesta sulla tragedia alla funivia del Mottarone dove hanno perso la vita 14 persone tra cui Serena Cosentino, 27enne di Diamante. Il gestore dell’impianto Luigi Nerini e il direttore dell’esercizio Enrico Perocchio hanno lasciato il carcere la notte scorsa. Mentre va agli arresti domiciliari il caposervizio Gabriele Tadini che ha ammesso di aver modificato il sistema di freno d’emergenza alla cabina tra le presunte cause del disastro. È questa la decisione che il gip di Verbania, Donatella Banci Bonamici che così non ha convalidato i fermi disposti dal procuratore capo di Verbania, Olimpia Bossi, a carico dei due.
A seguito della decisione nella notte Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia del Mottarone, ha lasciato il carcere per andare a casa in regime di arresti domiciliari. Accompagnato dal suo legale Marcello Perillo in macchina, non ha potuto rilasciare dichiarazioni come prevede il regime cautelare. Giacca rossa e buste con effetti personali in mano è salito a bordo della vettura del legale.

Le motivazioni

«Palese è al momento della richiesta di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare la totale mancanza di indizi a carico di Nerini e Perocchio che non siano mere, anche suggestive supposizioni». Lo scrive il gip di Verbania Donatella Banci Buonamici nell’ordinanza con cui ieri ha rimesso in libertà il gestore della funivia del Mottarone e il direttore di esercizio e ha mandato ai domiciliari Gabriele Tadini, caposervizio, fermati mercoledì per l’incidente che ha causato 14 morti e il ferimento di un bimbo di 5 anni. Il gip parla di «scarno quadro indiziario» ancora «più indebolito» con gli interrogatori di ieri.

Perocchio: «Sono disperato per le vittime»


«Sono contento di tornare dalla mia famiglia, ma sono disperato per le quattordici vittime». Lo ha detto il direttore di esercizio della funivia del Mottarone, Enrico Perocchio, lasciando il carcere di Verbania dopo che il gip lo ha rimesso in libertà. «L’errore è stato mettere i forchettoni per ovviare ad un problema che si sarebbe risolto – ha aggiunto -. Se avessi saputo che erano stati messi non avrei avvallato la scelta, in carcere stavo male per le persone mancate e per la mia famiglia».
Perocchio, parlando con i cronisti, ha spiegato che non riesce a darsi una spiegazione su cosa sia successo alla fune che si è spezzata. «Tutte le manutenzioni sono state fatte – ha aggiunto – ora vedremo dalle analisi, io quel giorno sono partito immediatamente appena ho saputo della strage, mi sono sentito morire quando ho saputo delle accuse dei pm, ho sentito come un macigno addosso». Ha chiarito che «fisicamente non toccava a me guardare» se i forchettoni sui freni erano rimasti inseriti. «Non so perché Tadini abbia detto che io ho avvallato la sua scelta”, ha proseguito spiegando ancora che «questa tragedia la ricorderò tutta la vita». Perocchio ha detto inoltre di non avere «mai ricevuto da Nerini», il gestore dell’impianto, «pressioni per mantenere la funivia aperta».

Il procuratore Bossi: «Procedimento solo alle fasi iniziali»



«Questa è chiaramente la fase cautelare, il procedimento è alle sue fasi iniziali, io ero convinta altrimenti non avrei fatto la richiesta» di custodia in carcere per tutti e tre». Lo ha detto il procuratore di Verbania, Olimpia Bossi, commentando la decisione del gip Donatella Banci Buonamici di concedere i domiciliari per Gabriele Tadini, caposervizio della funivia del Mottarone, e di liberare Luigi Nerini ed Enrico Perocchio, gestore e direttore d’esercizio dell’impianto. «Assolutamente non la vivo come una sconfitta sul piano investigativo – ha spiegato – anche perché l’aspetto più importante è che il giudice abbia condiviso comunque la qualificazione giuridica dei fatti».

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