Da quando ho trovato nella Calabria una terra d’elezione della mia passione civile e culturale, ho ascoltato centinaia di j’accuse che suonano come quello di Nicola Irto. Da amici, da persone che ho incontrato nella campagna elettorale per le Europee e con i quali il dialogo continua, da Sindaci e amministratori, da associazioni preziosissime impegnate a cambiare le cose nel proprio territorio combattendo a mani nude con logiche feudali che avviluppano la società. E che hanno fagocitato da tempo anche il Partito Democratico, ripiegato su se stesso in modo pauroso. Spartiamoci i pezzettini di quella piccola parte di calabresi che va a votare alle regionali consolidando ognuno le proprie rendite di potere. Suona più o meno così l’alto ragionamento di questi signori, e non importa alcunché se questo significa distruggere il centrosinistra. Parlo al maschile non a caso ma perché donne elette col centrosinistra alle regionali in Calabria semplicemente non ce ne sono. “A volte un’immagine dice più di molte parole”, ha esordito Enrico Letta come neosegretario Pd riferendosi all’assenza di donne nelle posizioni apicali della rappresentanza politica nazionale del partito. Mi è venuta subito in mente la Calabria e l’immagine dei consiglieri regionali eletti un anno e mezzo fa. In totale sei. Tutti uomini. E chiunque abbia coltivato un po’ di contatti sui territori in questi mesi sa che votando ad aprile sarebbe andata nuovamente così, con le donne a fare solo da portatrici di voti. Con la doppia preferenza c’è chi vorrebbe mettere in piedi un meccanismo di “accoppiate geolocalizzate” per assicurare in diverse aree del collegio un drenaggio di voti dalle candidate donne al candidato uomo forte della lista. Tutto nella certezza che tanto Roma guarda altrove e in Calabria ci facciamo i fattacci nostri.
Nelle ultime ore uno stralcio di questo triste racconto viene urlato a tutta Italia dal candidato presidente Irto e di colpo una luce si accende sul ginepraio. Noi tutti sappiamo che non durerà a lungo, ma ora questa attenzione c’è. E allora è il momento di aggiungere la nostra voce alla sua, di urlare anche noi che davvero così non si può andare avanti. Credo a Irto risulti chiaro che sarebbe una grossa sconfitta se l’immagine dei consiglieri regionali che saranno eletti alle prossime elezioni fosse nuovamente tutta al maschile, così come è chiaro che le logiche di corrente vanno messe da parte anche quando possono sembrare un aiuto. Facile a dirsi, difficilissimo a farsi nelle condizioni attuali, ma come mi ha detto un giovane segretario di circolo Pd, “qui non ci siamo capiti, non vogliamo cacciare una banda per sostituirla con un’altra, noi non vogliamo le bande ma un partito aperto”. Per fare questo però bisogna scardinare la logica che perpetua le bande, la logica dell’occupazione e lottizzazione del partito e dello spazio politico. Come? Prendendo in prestito le parole di Tina Anselmi, “per cambiare le cose bisogna esserci”. Non arriverà quel momento perfetto in cui lo spazio politico sia lindo e ideale per potervi far camminare i nostri sogni senza che si sporchino. Se aspettiamo quel momento aspetteremo per sempre. Bisogna stare “con i piedi nel fango” per provare a cambiare le cose. In Calabria il livello del fango oggi è davvero alto e rischia di trasformarsi in pantano. Eppure è il momento di buttarsi e dare una mano. È il momento di diventare parte di uno sforzo collettivo per emergere insieme. Anche dicendoci apertamente che una parte delle persone che stanno esprimendo solidarietà e sostegno a Irto sono corresponsabili delle guerre feudali di cui lui parla. Questo è il fango in cui ci si muove, guardiamolo chiaramente. E poi però non evitiamolo. È ingenuo pensare che arrivi qualcuno con la bacchetta magica a liberare di colpo lo spazio politico da tutti i personaggi consumati dal tempo e soprattutto da avidità e incapacità di fare il loro lavoro. Possiamo farlo solo costruendo insieme alternative serie, spendibili e luminose. Lo spazio ce lo dobbiamo prendere! Lo dobbiamo a noi stessi, giovani e donne, troppo spesso costretti ad abbandonare in massa la Calabria per non dover scendere a compromessi inaccettabili, per darci una chance. Ma che non possono e non vogliono tagliare i fili con la loro terra e coltivano questo rapporto, progettano una Calabria diversa, sono pronti a spendersi per costruirla e lo fanno giorno dopo giorno. Sempre più spesso a coordinare associazioni e movimenti sono giovani donne, oggi così ottusamente sacrificate dal centrosinistra calabrese. È inaccettabile che il loro ruolo non venga riconosciuto e la doppia preferenza rimanga un’occasione persa per rinnovare gli eletti del centrosinistra in Regione anche dal punto di vista del genere. Misuriamoci su questi temi per capire chi siamo e dove vogliamo andare. Misuriamoci sulla povertà educativa che crea sudditi invece di cittadini, sulla cultura immensa consegnataci da millenni di storia mediterranea così ricca e al tempo stesso così ignorata. Il senso della candidatura a presidente della Regione per il centrosinistra sta nella capacità di aprire seriamente e poter coordinare un dibattito su questi ed altri temi cardine, che diventi programma di reale rinnovamento per la Calabria. Diamo la possibilità a chi vuole mettersi a disposizione per cambiare le cose di poterlo fare, ma si potrà raggiungere un risultato solo lavorando perché questo sforzo verso il cambiamento diventi un cammino collettivo che spazzi via il latifondismo delle anime.
*candidata Pd alle elezioni europee del 2019, già diplomatica e oggi portavoce dell’associazione Volare
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