LAMEZIA TERME Oltre 400 fotografie sono state sottoposte al collaboratore di giustizia Andrea Mantella nel corso delle ultime udienze. Dopo settimane trascorse a rispondere all’esame dei sostituti procuratori della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci, Antonio De Bernardo e Andrea Mancuso, nel corso del processo Rinascita-Scott, al collaboratore sono state mostrate parecchie foto, tra le quali anche quelle di coloro dei quali ha riferito.
Mantella ha parlato dei fratelli Giuseppe e Antonio D’Amico, titolari della “Dmt Petroli” e tratti in arresto nel corso dell’operazione “Petrolmafie”. Mantella ha dichiarato di conoscere Giuseppe D’Amico fin dall’infanzia, tanto da regalare ai due fratelli due cavalli. Da parte sua Giuseppe D’Amico avrebbe assunto Salvatore Morelli nella sua attività pagandogli uno stipendio di 1000 euro al mese anche se in realtà non svolgeva alcun lavoro. Il collaboratore afferma che i D’Amico erano «sponsorizzati» dalle cosche nella distribuzione del carburante avendo rapporti con i Mancuso – in particolare con la fazione di Luigi Mancuso – con gli Alvaro, i De Stefano, i Tegano. Ma non solo. Mantella afferma che i D’Amico erano in rapporto anche con Giovanni e Pietro Giamborino coi quali avrebbero fatto affari insieme anche se il collaboratore non sa specificare quali. Manatella considera l’ex consigliere regionale Pietro Giamborino e Giovanni Giamborino «degli ‘ndranghetisti»
Secondo Mantella Pino D’Amico era uno ‘ndranghetista con la dote della Santa, conferita tramite il suocero Francesco D’Angelo, detto “Cicciu a Mmaculata”, chiamato in causa, anche recentemente, da svariati collaboratori di giustizia in qualità di “vecchio capo locale di Piscopio”. I due fratelli facevano forniture di carburante anche per i mezzi impiegati a fare i lavori sull’autostrada. Lavori “lottizzati” dalle cosche – come Bonavota, Vallelunga, Emanuele – che gestivano le porzioni di autostrada che ricadevano sui comuni di loro competenza. Giuseppe D’Amico era il volto pulito legato alle cosche vibonese. Un imprenditore che Mantella racconta di avere più volte visto andare a pranzo da Domenico Cugliari, alias Micu i Mela, a Sant’Onofrio, al vertice del clan dei Bonavota.
Tra le foto che vengono sottoposte al collaboratore, Mantella riconosce quella di Salvatore Bulzomì, ex consigliere ed ex vicesindaco di Vibo. Bulzomì non è imputato, né risulta indagato. Secondo Mantella «era di casa e bottega con Ferrante», il proprietario del Cin Cin bar di Vibo, imputato in Rinascita, che «sosteneva politicamente Bulzomì».
Tra i politici che il collaboratore annovera a disposizione delle cosche vibonesi ci sono, a detta di Mantella, Vito Pitaro (non è imputato e non risulta indagato), considerato «amico di Salvatore Mantella», capace di fare aprire conti nella Banca a Maierato per prendere contributi. Tra gli altri politici Mantella annovera anche De Filippis e Daniele De Sossi (non è imputato, né risulta indagato) che il collaboratore dice di conoscere fin da ragazzi.
Non solo politici ma anche esponenti delle forze dell’ordine Mantella riconosce tra le foto che gli vengono sottoposte. Come il carabiniere Antonio Ventura che, dice il collaboratore, «ci passava notizie». C’è poi Nicola La Bella, vigile urbano a Piscopio, «uno dei nostri» dice Andrea Mantella, in particolare amico di Franco Barba. Fece una soffiata su un imminente sequestro che la polizia locale doveva fare su alcune villette che Barba aveva promesso a Mantella e Francesco Scrugli in cambio dell’omicidio di Mario Franzoni.
Era sotto scacco dei Bonavota – racconta Mantella – il maresciallo Sebastiano Cannizzaro, già legato alla cosca dei Patania. I Bonavota lo ridussero al silenzio perché «avevano delle registrazioni su di lui e lo avrebbero svergognato». Mantella ha riconosciuto, inoltre, l’ex comandante dei vigili urbani Filippo Nesci che definisce «amico degli amici» in rapporti con i Lo Bianco-Barba e con il clan dei Vallelunga di Serra San Bruno. (ale. tru.)
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