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Il caso

Comunità energetiche rinnovabili, a rischio l’avvio per un “refuso”

Nelle bozze inviate dal dipartimento Ambiente ai Comuni non si cita la direttiva europea corretta. Una svista che smonterebbe l’iter costitutivo

Pubblicato il: 05/06/2021 – 8:00
Comunità energetiche rinnovabili, a rischio l’avvio per un “refuso”

CATANZARO La fretta e la voglia di realizzare performance eclatanti in tempi stretti spesso induce nell’errore. Soprattutto quando si vuole svolgere rapidamente un compito non conoscendo (forse) in modo approfondito una determinata materia. È quello che potrebbe essere alla base dell’errore nella documentazione prodotta dalla Regione Calabria per “aiutare” i sindaci nella fase prodromica all’iter di avvio per la costituzione delle “Comunità energetiche rinnovabili” (Cer) in Calabria. Uno strumento introdotto all’articolo 42bis del decreto-legge 162/19 (detto “Mille proroghe”), per anticipare in via sperimentale il recepimento della direttiva europea 2018/2001 dell’11 dicembre 2018 (cosiddetta Red II), per agevolarne la costituzione.
Nell’ottica di aiutare i Comuni a sollecitarne la nascita delle Cer, l’assessorato regionale alla Tutela dell’Ambiente ha inviato una nota alle varie amministrazioni comunali calabresi allegando anche le varie bozze di documenti utili allo scopo. Ed in particolare gli schemi della delibera della giunta comunale, dello Statuto e dell’atto costitutivo.
Un lavoro meritevole, se non fosse che alcuni di questi documenti conterrebbero un errore non secondario, infatti nello schema di delibera nel punto cruciale scompare improvvisamente il riferimento alla Direttiva 2018/2001 dell’11 dicembre 2018 (Red II) che, appunto, riguarda le Comunità energetiche rinnovabili e al suo posto compare la Direttiva 944/2019 che, invece fa riferimento ad altra fattispecie di Comunità, le Comunità energetiche dei cittadini (Cec) che non escluderebbe a priori l’uso di fonti non rinnovabili.
Una svista non di poco conto, laddove si ritiene di «Costituire, sul proprio territorio, una Comunità energetica rinnovabile, aggregando utenze private e pubbliche, favorendo così la costruzione di una infrastruttura tecnologica abilitante distribuita, che potrà essere efficacemente utilizzata anche per beneficiare degli ulteriori incentivi che saranno legati al recepimento da parte dello Stato italiano della Direttiva 944/2019, che avverrà nel corso del 2021, e delle risorse previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza». Svista che se non corretta comporterebbe da parte dei Comuni firmatari l’impossibilità materiale a far nascere e dunque poter usufruire dei vantaggi legati alla costituzione delle Comunità energetiche da fonti rinnovabili.

Una citazione per un’altra

Entrando nello specifico della lettura dei testi della bozza dello Statuto infatti la direttiva 2018/2001 non compare affatto, pur essendo citato nell’atto costitutivo all’articolo 42bis del decreto-legge 162/19 (detto “mille proroghe”) che ad essa fa riferimento.
Nella bozza di Statuto appare, invece, la citazione solo della 2019/944 che, come anticipato, è riferita alle Cec (che possono usare anche combustibili fossili).
Refusi, dimenticanze, confusione o altro che se non correttamente individuati e corretti possono indurre le amministrazioni comunali calabresi in errore. Azzerando di fatto lo scopo principale per il quale puntano ad aggregarsi: produrre e scambiare energia proveniente da fonte rinnovabile massimizzando i benefici. L’idea che sta alla base delle Comunità energetiche rinnovabili.

La collaborazione aiuta

Sarebbe stato forse molto più proficuo, veloce ed utile una collaborazione sinergica con gli Atenei calabresi ed in particolare con l’Università della Calabria dove esistono importanti gruppi di ricerca che si occupano da anni di Comunità energetiche, di Smart Grid e Fonti rinnovabili come attestato dai ministeri competenti. Iniziative che operano da tempo appunto all’interno dell’Unical e che per la loro importanza hanno ottenuto finanziati. Sono infatti in essere numerosi progetti su queste tematiche tra i quali, solo per citarne alcuni, il progetto “Community energy storage: Gestione aggregata di sistemi d’accumulo dell’energia in power cloud (ComESto)” (di circa 10 milioni di euro), “Power Cloud: Tecnologie e algoritmi nell’ambito dell’attuale quadro regolatorio del mercato elettrico verso un “new deal” per i consumatori e i piccoli produttori di energia da fonti rinnovabili” (di poco più di 2 milioni di euro). Senza contare ad altri progetti di portata internazionale (H2020) che sono tutti connessi all’argomento delle energie. Esperienza sul campo dunque che avrebbe dovuto meritare maggiore attenzione da parte della Regione a beneficio di tutti. (rds)

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