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La riflessione

«Calabria ancora “ostaggio” della casta politico-affaristica»

Nonostante i giornali denuncino che la Calabria è al penultimo posto nella classifica delle regioni, il principale pensiero dei partiti sembra essere come imporsi sullo scenario politico piuttosto…

Pubblicato il: 08/06/2021 – 10:18
di Franco Scrima*
«Calabria ancora “ostaggio” della casta politico-affaristica»

Nonostante i giornali denuncino che la Calabria è al penultimo posto nella classifica delle regioni, il principale pensiero dei partiti sembra essere come imporsi sullo scenario politico piuttosto che cercare di raggiungere lo stesso obiettivo attraverso  l’impegno per fare uscire dall’impasse questa terra e decidere il suo destino e quello dei tanti giovani che crescono senza futuro, sapendo che probabilmente anche per loro il domani sarà difficile. E, invece, si continua come se la partita si giocasse delegando ad altri (ci dicessero almeno a chi!) le scelte e i programmi per dare risposte ad una popolazione che sopravvive. La sola preoccupazione che traspare sembrano essere le elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale e il modo di presentarsi agli elettori per “strappar loro” il consenso.
La Lega dimostra di aver capito i meccanismi e cerca di mascherare le sue iniziative convocando in Calabria gli “Stati Generali” del Carroccio. A Zambrone, nel Vibonese, erano partiti  dal nome di Spirlì per la Presidenza. Impossibile azzardare giudizi; certo che l’esperienza che lo accompagna – partito politico a parte – non è quella sperata dai calabresi per farsi rappresentare nell’agone politico. Né può supplire il viaggio di Salvini a Fatima, in Portogallo, per invocare una “speciale benedizione divina” dalla Madonna, dimenticando che per ottenerla è propedeutica quella umana che, già da tempo aveva indicato in Roberto Occhiuto, di Forza Italia, il candidato per la Presidenza. Così il politico “super cattolico” che dispensa “rosari” a destra e a manca, salvo a dimenticarsi della solidarietà umana quando si tratta di accogliere coloro che fuggono dalla fame, ha dovuto fare marcia indietro e mettere da parte Spirlì.  
Continuando di questo passo, il rischio è che nulla è concretizzabile nell’ottica di una scelta di sviluppo regionale. La Calabria è, purtroppo, una regione che solo “de relato” potrà ergersi a protagonista di programmi e di iniziative; il che dimostra come tutto passa sulla testa dei calabresi che continuano a subire passivamente i dettami entro i quali possono muoversi e agire. E non è solo un modo di dire, stante il fine comune dei candidati che, a quanto pare, rimane lo stipendio d’oro riservato ai consiglieri regionali: tra i dieci e i dodicimila euro lordi al mese. A parte ciò, c’è da ammettere che gli schieramenti politici – tutti, nessuno escluso – non dimostrano di avere la volontà e le capacità di “rivoluzionare” il sistema e formulare un progetto vero e serio per cambiare rotta. Bisogna che si faccia l’impossibile per uscire dal vicolo cieco nel quale, obtorto collo, siamo stati costretti da una classe dirigente senza idee e abulica.
Di rimando, sulla popolazione calabrese continueranno a farsi sentire gli effetti di una realtà matrigna che continua ad elargire disoccupazione, marginalità, e rassegnazione! Un destino a dir poco amaro per una popolazione che continua ad essere “ostaggio” nelle mani di una casta che gestisce il potere politico-affaristico e, in qualche caso, anche a subire quello mafioso.
In Calabria non c’è lavoro, ma quel che è peggio non si intravedono prospettive di sviluppo tale da lasciare pensare ad una inversione di tendenza. Le responsabilità ovviamente sono collegiali. E nessuno capisce, o meglio fa finta di non capire, che continuando con lo stesso passo sarà estremamente facile mettere a rischio financo la stessa tenuta sociale.
In questo estremo lembo dello Stivale può sembrare eccessivo ma non c’è giorno che non ci si debba misurare con la precarietà, con il lavoro che manca e con la disoccupazione che aumenta e produce disagi.
Di ciò i nostri amministratori sembra che sottovalutino gli effetti, sia perchè non sanno mettere un argine alla precarietà del lavoro, sia per la mancanza di strutture tali da frenare l’esodo di giovani per mancanza di opportunità lavorative. Da tali handicaps la Calabria sostanzialmente continua a latitare e quando non lo fa è come se si limitasse solo alla forma (vedi il progetto di coesione sociale stipulato tra le regioni che, però, non produce effetti tangibili). Eluso anche il confronto sull’impiego di risorse per aiutare i calabresi ad uscire dallo stato di precarietà. Né può essere accettabile la scusa della presenza diffusa della criminalità organizzata sul territorio, considerato che gran parte dei “clan” si sono trasferiti nelle regioni del Centro e del Nord più opulente per garantire affari lucrosi.
Il calabrese Luigi Lombardi Satriani ebbe modo di dare spiegazioni circa le peculiari condizioni sociali ed economiche della regione, condizioni che, negli anni settanta, sfociarono nei cosiddetti “moti di Reggio Calabria”. In quella vicenda il pretesto fu la scelta del capoluogo di regione, ma alla base della “sollevazione di massa” furono più le “attese tradite” e soprattutto la frustrazione per le promesse non mantenute. Purtroppo in quel malcontento generale riuscirono ad intrufolarsi gruppi della destra extraparlamentare.
Ad li là di queste considerazioni, trattandosi della regione cenerentola d’ Italia, sarebbe opportuno che lo Stato intervenisse con una legge ad hoc per la Calabria  per evitare strumentali “ritorni di fiamma” che una parte della politica, volutamente o per caso, alimenta. Forse che non meriti attenzione quel richiamo in prima pagina di Gazzetta del Sud di domenica scorsa dal titolo: “Migliaia di visite in arretrato e nuove prenotazioni bloccate: per la terapia post ictus c’è da attendere”? Vergogna!
*giornalista

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