CATANZARO Il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha rigettato le istanze di riesame presentate dagli indagati implicati nell’inchiesta Alibante che ha svelato le infiltrazioni della cosca Bagalà nel settore turistico e nell’attività politica del medio Tirreno catanzarese.
Restano, dunque in carcere, Vittorio Macchione, Alessandro e Mario Gallo. Ai domiciliari restano, invece, Vincenzo Dattilo e Maria Rita Bagalà. Prima di quest’ultima tornata di decisioni del Riesame erano state rigettate le richieste di riesame presentate dalle difese di di Vittorio Palermo (per il quale è stata disposta la custodia in carcere), Francesco Antonio De Biase (che resta agli arresti domiciliari ma per il quale vi è stato un annullamento parziale relativamente al delitto di estorsione aggravata con conferma per il delitto di turbativa), Antonio Rosario Mastroianni (arresti domiciliari), Francesco Cardamone (arresti domiciliari), Giovanni Costanzo (arresti domiciliari), Eros Pascuzzo (custodia in carcere), Alfredo Carnevale (custodia in carcere), Eugenio Macchione (obbligo di dimora). Il boss Carmelo Bagalà, figura cardine dell’inchiesta, non aveva proposto istanza di Riesame.
Nel collegio difensivo figurano, tra gli altri, gli avvocati Leopoldo Marchese, Aldo Ferraro, Pino Zofrea, Mario Murone, Ortensio Mendicino, Anna Mendicino, Antonio Muscimarro, Francesco Gambardella e Antonio Gigliotti.
Le indagini dell’operazione Alibante sono state avviate dopo una serie di denunce presentate da imprenditori del Lametino, relative alle estorsioni poste in essere dalla cosca Bagalà. Le 19 persone interessate dei provvedimenti sono ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, corruzione, estorsione, consumata e tentata, intestazione fittizia di beni, rivelazione di segreti d’ufficio e turbativa d’asta.
Tra gli indagati ci sono anche imprenditori dell’area, come Vittorio Palermo, gestore dell’Eurolido e di alcune strutture utilizzate centri di accoglienza. Secondo l’accusa sarebbe una delle figure di riferimento per il boss Carmelo Bagalà, con il quale avrebbe «intessuto legami» sin dagli anni 90. Nel mirino della Dda di Catanzaro è finito anche l’ex vicesindaco del Comune di Nocera Terinese Francesco Cardamone. Cardamone, carabiniere in servizio a Lamezia, avrebbe prestato «ausilio non solo in favore del vertice della consorteria criminale (cioè il boss Bagalà, ndr) ma di tutto il sodalizio». Il clan avrebbe avuto addentellati sia nell’amministrazione comunale di Nocera Terinese (dove Bagalà sarebbe stato tra gli ispiratori della lista Unione popolare nocerese) che in quella di Falerna, il cui ex sindaco Costanzo è finito ai domiciliari.
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