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La riflessione

«Le “baruffe chiozzotte” del Pd e la Calabria senza democrazia»

Bisognerebbe chiedere a Boccia (“l’inviato di Letta”) cosa intendeva dire, con le parole: «Irto candidato e leader calabrese del Partito». O giocare a “vero” o “falso”, sulla credibilità di uno ch…

Pubblicato il: 11/06/2021 – 17:55
di Mimmo Nunnari*
«Le “baruffe chiozzotte” del Pd e la Calabria senza democrazia»

Bisognerebbe chiedere a Boccia (“l’inviato di Letta”) cosa intendeva dire, con le parole: «Irto candidato e leader calabrese del Partito». O giocare a “vero” o “falso”, sulla credibilità di uno che è stato pure ministro, fino all’altro giorno. Sempre che avesse capito bene, qual era il mandato affidatogli dal segretario Letta, per mettere ordine nel Pd calabrese.
Ma forse il mandato era di “annacare il pecoro”, frase intraducibile, ma a queste latitudini, dove abbiamo una nostra dignitosa letteratura indigena, si capisce, e bene. Questa del Pd nazionale – che ha convocato Irto per comunicargli che non era più come Boccia aveva sostenuto – somiglia alle baruffe chiozzotte che a Venezia Carlo Goldoni metteva in scena nel periodo di Carnevale.
Il periodo (la festa) che più s’addice alla politica italiana attuale, figuriamoci a quella calabrese. La questione – sia chiaro – non è Irto si Irto no, ma è l’atto coloniale del partito democratico che liquida la faccenda con un «ce la vediamo noi» e «vi faremo sapere». È un atteggiamento offensivo. La dice tutta sui partiti (tutti) che riconoscono le loro truppe periferiche solo in quanto portatrici di consensi congressuali ed elettorali. C’è, in Calabria, un problema di leadership (a Roma lo sanno) e c’è una difficoltà di selezione della classe dirigente. Ma alla politica nazionale, che ha sempre utilizzato il Sud come «granaio di voti» (l’espressione è di Leoluca Orlando, sindaco di Palermo), e non come luogo dove promuovere il protagonismo, va bene così. Vanno bene gli incapaci, che fanno comodo: ascari, ignoranti e piccoli prepotenti, che tanto piacciono a Roma. È questo reclutamento di convenienza – che impedisce di far crescere leader – tra le cause principali del sottosviluppo. La politica chiede ai politici calabresi sentimenti di fedeltà e non comportamenti virtuosi. È questa la nuova colonizzazione. Con i clan politici e affaristici che comandano in Calabria e debbono stare zitti a Roma. Il rapporto tra mancato sviluppo e classe politica suddita è molto stretto. Non c’è solo Il Pd, basta guardare nel campo leghista, per avere conferma di un fenomeno di sudditanza allargato in Calabria.
Non c’è un partito che non sia commissariato in Calabria e con tutto il rispetto non è che mandino “giganti” a tenere a bada i sudditi, di destra, centro e sinistra. Forse non aveva tutti i torti Gianfranco Miglio, politologo, ideologo della Lega Nord, trent’anni fa, quando proponeva per la Calabria di sospendere le garanzie costituzionali, le elezioni, il diritto al voto per un periodo di cinque anni e dare alla politica la possibilità di rigenerarsi, alla società civile di irrobustirsi, allo Stato di mostrare il meglio di sé. In punta di diritto e di norme costituzionali sarebbe stato un “vulnus” della democrazia, ma non è che la democrazia, la libertà, il diritto, abbiano casa in Calabria, attualmente.
*giornalista

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