LAMEZIA TERME Nessun dubbio. L’arma che il 25 gennaio 2015 ha sparato contro Domenico Maria Gigliotti è la stessa che il 9 agosto 2016 ha ucciso l’avvocato Francesco Pagliuso. Anche la mano è la stessa rivelano le indagini condotte dagli agenti della Squadra Mobile di Catanzaro e del commissariato di Lamezia Terme, coordinate dalla Procura guidata da Salvatore Curcio. È la mano di Marco Gallo, 35 anni, il quale nel 2015 nelle banche dati degli investigatori era un perfetto sconosciuto. Oggi si trova in prigione, condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio del fruttivendolo di etnia rom Francesco Berlingeri (gennaio 2017), ha due processi a carico, con aggravante mafiosa, per l’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso e del dipendente delle Ferrovie della Calabria, Gregorio Mezzatesta (giugno 2017) ed è indagato per l’omicidio dell’imprenditore lametino Domenico Maria Gigliotti. Un curriculum criminale sanguinoso e violento per un giovane uomo che fino a sei anni fa appariva semplicemente come un imprenditore operante nel settore degli impianti di video sorveglianza, figlio di due infermieri, coniugato con Federica Guerrise (anch’ella condannata per uno degli omicidi, quello di Berlingeri, ndr), infermiera e figlia di un impiegato comunale, che non aveva mai rivelato collegamenti con ambienti criminali fino a quando, nel mese di luglio del 2017, è stato arrestato con l’accusa di essere l’esecutore materiale dell’omicidio di Gregorio Mezzatesta.
Sono le 4 del mattino quando Domenico Gigliotti rientra a casa il 25 gennaio 2015. È fermo con la sua Bmw davanti al cancello di casa, in una zona un po’ defilata dal centro di Lamezia Terme, contrada Quattrocchi, quando qualcuno si avvicina al suo finestrino e lo colpisce con quattro colpi di pistola. Lo colpisce vicino all’orecchio sinistro, alla mandibola, alla zona scapolare sinistra e alla regione lombare. E mentre la vittima è agonizzante ma ancora viva, il killer dà fuoco alla sua auto. Dall’autopsia si scoprirà che Gigliotti aveva fumo nei polmoni, dunque era ancora vivo mentre il rogo consumava l’auto e il suo abitante. Un omicidio efferato, crudele e con una impronta, tutta personale, di sfregio, sul quale oggi la polizia e la Procura di Lamezia Terme hanno messo un punto fermo.
Subito dopo l’omicidio Gigliotti le indagini si sono dirette verso una grossa truffa che aveva visto come protagonisti proprio i coniugi Gigliotti «che – scrive il gip Rosella Prignani –, titolari e gestori dell’agenzia di viaggi “Easy Flight” di Lamezia Terme, avevano ottenuto da molti clienti il pagamento per la vendita di “pacchetti vacanza” in realtà inesistenti (in sostanza i coniugi hanno distratto il denaro consegnato dai clienti per l’acquisto di pacchetti vacanze o crociere). Una truffa che aveva dato vita a una operazione della Guardia di finanza denominata “Olandese Volante” nell’ambito del quale è stato disposto il sequestro dell’agenzia Easy Flight di cui era titolare la moglie di Gigliotti, che ha assunto le vesti di imputata; il processo è ancora in corso davanti al Tribunale di Lamezia Terme. Gallo risulta tra coloro che hanno sporto querela alla Guardia di finanza per avere versato una somma di 1.100 euro per una crociera Msc per due persone.
L’intento degli inquirenti era quello di verificare «se tra i soggetti vittime di truffa dall’agenzia potesse esserci qualche personaggio legato ad ambienti criminali o comunque qualche soggetto di spiccata pericolosità che, non riuscendo a riottenere la somma pagata per la prestazione mai ricevuta, potesse essersi determinato all’omicidio di Gigliotti». Le indagini si sono poi dirette anche a vagliare le frequentazioni personali della vittima ed è stata posta in essere una imponente attività intercettiva. Ma gli esiti tardavano ad arrivare.
L’unico elemento, fino a quel momento, in mano agli investigatori era la testimonianza della moglie di Gigliotti la quale aveva rivelato che a ottobre 2014, quindi tre mesi prima dell’omicidio, qualcuno avesse sparato intorno alle 23:45 della notte contro l’abitazione della vittima alcuni colpi di arma da fuoco, uno dei quali, sparato evidentemente ad altezza uomo, ha infranto il vetro del vano cucina, impattando contro la parete. «Riguardo ai colpi sparati verso la mia abitazione nell’ottobre del 2014 – ha raccontato la moglie di Gigliotti –, posso affermare che si è trattato di almeno due colpi, uno entrato dentro casa dopo avere infranto il vetro della finestra, ad altezza d’uomo, e l’altro, per come mi è stato riferito dai carabinieri, estratto da una grondaia». Il marito, però, ha raccontato la donna, non ha voluto che si sporgesse denuncia e si è limitato a sostituire il vetro rotto. Un dato era certo: i proiettili che avevano ucciso Domenico Gigliotti erano gli stessi che erano stati esplosi contro l’abitazione tre mesi prima. C’era anche un’altro dato obbiettivo: l’arma usata era un revolver che, per sua struttura meccanica trattiene i bossoli.
Una seconda fase delle indagini si apre quando «una fonte qualificata» rivela alla polizia di Lamezia Terme che a uccidere Gigliotti era stato Marco Gallo a causa della truffa dell’agenzia di viaggi dalla quale la coppie Gallo-Guerrise pretendeva il rimborso delle somme corrisposte per l’acquisto del loro pacchetto vacanze. Non solo. A questo problema si erano aggiunte acredini personali – dice la fonte –, ovvero delle presunte, e non comprovate, avances che Gigliotti avrebbe rivolto alla moglie di Gallo e che avevano portato a un vero e proprio conflitto tra i due uomini, tanto che Gallo era andato a sparare contro casa di Gigliotti e Gigliotti lo avrebbe malmenato pesantemente nel corso di una discussione avuta tra i due a Sant’Eufemia. La storia della lite era stata, tra le altre cose, già raccontata da un’altra fonte ai carabinieri. «E dunque, due distinte fonti confidenziali hanno riferito circa una violenta lite avvenuta tra Gigliotti e Gallo». Ma all’epoca Marco Gallo era un perfetto sconosciuto. Comincerà ad assurgere agli onori nefasti della cronaca dopo l’arresto per l’omicidio Mezzatesta, nel 2017 e poco dopo per l’incriminazione per l’omicidio Berlingeri.
Ma la svolta decisiva per agganciare la figura di Gallo all’omicidio Gigliotti arriva nel con l’identificazione, da parte della Dda di Catanzaro e dei carabinieri della provinciale di Catanzaro e della Compagnia di Lamezia Terme, di Gallo quale esecutore materiale dell’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso. A questo punto gli inquirenti riprendono in mano la questione Gallo-Gigliotti e ipotizzano «sulla scorta della esperienza maturata nel territorio, che l’omicidio del Gigliotti fosse maturato al di fuori dell’ambito della criminalità organizzata; e ciò anzitutto perché il killer dopo aver sparato al Gigliotti gli ha dato fuoco, circostanza che denota una forte motivazione ed acredine personale e poi perché poco plausibile che, nell’ambito della criminalità organizzata, prima di commettere un omicidio come avvertimento si spari contro l’abitazione». Ma , cosa più importante per gli inquirenti, l’arma che aveva ucciso l’avvocato Pagliuso non aveva l’asciato bossoli sulla scena del crimine. Questo ha portato a ipotizzare che si trattasse della stessa pistola che aveva precedentemente colpito Domenico Gigliotti il 25 gennaio 2015.
A quel punto il sostituto procuratore Santo Melidona disposto una perizia balistica di comparazione tra i proiettili rinvenuti nel corpo di Gigliotti ed il proiettile estratto dal corpo dell’avvocato Pagliuso e con quello sparato contro l’abitazione di Gigliotti la notte del 28 ottobre 2014.
Il 23 marzo 2021 il Gabinetto regionale di Polizia scientifica di Reggio Calabria accertava che i colpi «sono stati esplosi da un’unica arma».
«Le risultanze emerse dall’accertamento balistico non hanno lasciato spazio a dubbi o interpretazioni; i proiettili che hanno attinto Gigliotti, quelli sparati contro la sua abitazione ed il proiettile estratto dal corpo dell’avvocato Pagliuso sono stati esplosi inconfutabilmente dalla stessa arma», scrive il gip.
Agli investigatori non restava, ora, che dimostrare che anche la mano che aveva compiuto gli omicidi era la stessa.
Il pm Melidona e la polizia hanno analizzato attentamente ogni particolare delle indagini condotte su Gallo relative agli omicidi Mezzatesta e Pagliuso.
«Anzitutto non può sfuggire che l’esecuzione dell’omicidio Pagliuso e dell’omicidio Gigliotti è avvenuta con le medesime modalità; le due vittime sono state attinte dai colpi di pistola mentre erano ancora sedute alla guida delle loro auto, in condizioni tali da non poter reagire o tentare la fuga, sparando dall’esterno della vettura contro il fianco sinistro delle vittime, attingendo sempre zone vitali del corpo (fronte, collo e spalla). E dunque, stessa arma e stesse modalità esecutive».
Non solo.
La polizia, dopo aver collegato i due omicidi, ha riesaminato i tabulati relativi al traffico sviluppato dalle celle telefoniche attive in località Quattrocchi di Lamezia Terme, ove si è consumato l’omicidio del Gigliotti, preceduto dall’atto intimidatorio dei colpi verso la sua abitazione. Questo ha messo in luce come le utenze in uso a Marco Gallo e alla moglie Federica Guerrise avessero prodotto traffico telefonico la sera dell’atto intimidatorio contro la casa di Gigliotti, il 28 ottobre 2014.
«L’analisi effettuata ha permesso di accertare che entrambe le utenze, nella data analizzata, hanno prodotto traffico agganciando più celle telefoniche il cui raggio di servizio ricade nella Contrada Quattrocchi di Lamezia Terme. Il fatto che l’aggancio sia avvenuto un paio di ore prima del compimento dell’atto intimidatorio è facilmente spiegabile con la circostanza che l’indagato ha pensato di fare un sopralluogo prima del compimento dell’atto intimidatorio, evidentemente per una sua maggiore sicurezza nel successivo operato», riporta il gip. Insomma, Gallo e la moglie si trovavano nei pressi di contrada Quattrocchi un paio di ore prima degli spari contro la casa. I loro cellulari hanno ricevuto sms e chiamate mentre si trovavano in quella zona. «Al contrario, con riferimento all’accertamento effettuato alla data dell’omicidio, ovvero il 25 gennaio 2015, non è stato rilevato, per entrambe le utenze analizzate, alcun traffico, circostanza facilmente spiegabile o con il proposito del Gallo di non portarsi dietro il telefono al momento del compimento di un tale crimine, proprio per evitare una eventuale identificazione o per il fatto che alle 4 del mattino, orario dell’avvenuto omicidio, il traffico telefonico è solitamente assente».
Il 19 aprile scorso la vedova di Gigliotti è stata sentita di nuovo dalla polizia giudiziaria. Ha parlato «del marito, del fatto che questi non avesse “un buon carattere”, che durante la vita matrimoniale era stato con lei anche violento, precisando che suo marito andava facilmente “in escandescenze”», una circostanza confermata dal cognato ma anche da riscontri di Polizia. Gli investigatori hanno «inoltre verificato che Gigliotti, in più occasioni, è stato deferito all’Autorità Giudiziaria competente per comportamenti violenti in occasioni di manifestazioni sportive ed inoltre è stato indicato da un collaboratore quale mandante di una rapina avvenuta nel 2006)».
La moglie ha testimoniato il fatto che «la situazione familiare era poi peggiorata a causa delle difficoltà economiche del marito che, a dire della donna, l’aveva costretta a compiere le truffe con la sua agenzia di viaggi: “a causa delle problematiche insorte nella gestione della sua ditta, che si chiamava Movedil e che era fallita, mi aveva imposto di intestare a mio nome la nuova ditta, chiamata Gs Costruzioni e che di fatto era la prosecuzione della precedente ditta fallita. Si era posta quindi la necessità di anticipare rilevanti somme di denaro per far fronte alla gestione di un subappalto ottenuto dalla ditta Zito Costruzioni di Crotone, che aveva assunto l’appalto per i lavori di rifacimento dell’area mercatale di Lamezia Terme. Per far fronte a ciò sono stata costretta ad utilizzare il denaro che numerosi clienti della mia agenzia di viaggi mi avevano consegnato per il pagamento di pacchetti viaggio. Di fatto, così ho truffato tantissime persone alle quali sono stata costretta in seguito a rimborsare, per come potevo, tutto o parte del denaro che mi era stato dalle stesse consegnato”».
La donna «ha anche confermato che Gallo era tra i suoi clienti “truffati”, precisando di averlo risarcito».
Dopo avere appreso che l’agenzia di viaggi di Gigliotti e consorte stava facendo delle truffe ai clienti, Marco Gallo si è recato con un amico per avere spiegazioni. Doveva partire il 29 settembre 2014 ma scopre che, nonostante un anticipo di 1.100 euro, non partirà mai. L’11 settembre ottiene una dichiarazione scritta dalla moglie di Gigliotti che si impegna a restituire l’anticipo entro 90 giorni. Nonostante questo, Gallo non attende il termine dei 90 giorni e il 27 ottobre va a sporgere querela alla finanza. «La tempistica dei fatti induce a ritenere che qualcosa di evidentemente personale – scrive il gip – ha determinato Marco Gallo ad anticipare i tempi, presentando querela; da sottolineare che il giorno successivo alla formalizzazione dell’atto di querela, il 28 ottobre, Domenico Maria Gigliotti e la moglie, sono rimaste vittime del richiamato atto intimidatorio presso la loro abitazione di Contrada Quattrocchi. Questo rafforza l’ipotesi del movente personale per l’omicidio del Gigliotti (collegato all’atto intimidatorio per l’uso accertato della medesima arma)». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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