COSENZA All’Università della Calabria c’è l’unico centro di ricerca sulla letteratura e la cultura italoamericana di tutto il sistema universitario italiano. Il progetto si chiama “Italian Diaspora Studies” ed è stato fondato dalla visione coraggiosa e lungimirante della docente Margherita Ganeri nell’anno accademico 2016/2017. «Mi sono resa conto che c’era un buco enorme nella letteratura italiana contemporanea che si studia all’università. Non c’erano tracce letterarie del fenomeno storico che, più di qualsiasi altro, ha segnato il Novecento, l’emigrazione. Storie simbolo, quelle divulgate dagli autori italoamericani – continua la docente – che inspiegabilmente venivano ignorate dai programmi didattici». La professoressa Ganeri non ha dubbi, la letteratura in voga sta voltando le spalle a donne e uomini, figli di emigrati, con un vissuto complesso, intriso di cultura italiana, che alcuni esprimono con la scrittura. Qualcuno di loro continuando a scrivere in lingua italiana. «Viaggiando molto per lavoro, soprattutto all’estero – continua la docente – ho capito che bisognava dare espressione a questi scrittori. O si rischiava di raccontare una cultura, la nostra, solo parzialmente». La ricercatrice dell’Unical spiega come l’idea dell’istituto di ricerca sia nato quasi spontaneamente, dall’esigenza di studiare e approfondire uno spaccato culturale ancora poco conosciuto dal punto di vista didattico, ma comune a molti italiani, nati e cresciuti in famiglie segnate quasi sempre da storie di emigrazione, un’emigrazione vissuta in prima persona o ereditata che sia. «La maggior parte degli scrittori e romanzieri di origine italiana negli Usa sono ad oggi quasi del tutto sconosciuti in Italia. Recuperare queste testimonianze ci permette di conoscere meglio la storia italiana, ma anche e soprattutto quella calabrese». Ad avere origini italiane, infatti, sono spesso gli americani che discendono da famiglie partite dai borghi più poveri del Sud, in molti casi calabresi.
Sono circa una quarantina gli studenti che ogni anno scelgono di intraprendere il “Clia”, il corso di letteratura italoamericana dell’Università della Calabria. «Costruito sul modello americano – racconta la docente – è incentrato sulla scrittura creativa e sulla produzione di testi e paper elaborati dagli studenti stessi». «Molti corsisti – continua Guaneri – hanno ricostruito le loro personali storie di emigrazione e da questi lavori sono nate opere come il libro fotografico già pubblicato “Celebrating Calabria” (che fa parte di una collana lanciata dal centro di ricerca), e “Calabrian Voices” realizzato in collaborazione con un docente della California e che stiamo per pubblicare. La ricerca storica e la scrittura creativa, dunque, sono le principali forme di indagine utilizzate all’Italian Diaspora Studies.
Dal 2017 ad oggi sono state presentate oltre 200 tesi di laurea sul tema della “diaspora italiana”. «Una prova che è tanto l’interesse sull’argomento – racconta la docente – perché in fondo il fenomeno storico dell’emigrazione ci riguarda tutti. Chi parte dalla terra d’origine e chi, invece, arriva in terra straniera».
Dagli studi del Centro è emerso che la Calabria coi suoi borghi e le sue tradizioni è molto rappresentata nella letteratura italoamericana. Sono tanti, infatti, gli americani che discendono dai calabresi emigrati nel nuovo continente. Vissuti che si possono scoprire nelle opere di alcuni autori italoamericani. Una di questi è Helen Barolini, autrice del romanzo Umbertina, pubblicato nel 1979. A fare da protagonista del racconto è la nonna della scrittrice, una pastora originaria di Castagna, frazione della Sila piccola oggi nota per l’Abbazia di Corazzo, che emigrò in America come tanti altri calabresi in cerca di fortuna. «Abbiamo organizzato un tour in vari siti d’interesse culturali calabresi per presentare il testo di Barolini, incentrato sul borgo montano e sul modus vivendi delle genti di Calabria nella prima metà del Novecento». Un’opera di rilievo, dunque, che apre prospettive su dimensioni spazio temporali ormai passate, ma che sono ancora presenti nelle attuali generazioni di italoamericani, trapiantati in culture e società differenti da quelle d’origine.
La missione portata avanti dal Centro, nondimeno, è importante non solo per la sua funzione di recupero, ma anche perché questa avviene proprio mentre si è ancora dentro alla diaspora stessa. Viviamo un momento storico dove l’Italia, e in particolar modo il Sud, è diventata anche terra di arrivi, e secondo la docente Guaneri i problemi attuali legati al fenomeno dell’immigrazione sono gli stessi del passato. «Ci si pone la questione spinosa dell’integrazione e del “cosa resta delle radici?“. Noi cerchiamo di comprendere e recuperare – dice Ganeri – l’identità persa e le differenze culturali degli italoamericani guardando sia alla storia passata che all’Italia multiculturale di oggi. La domanda che ci poniamo e alla quale cerchiamo di rispondere è “cosa vuol dire identità diasporica?”». La scoperta della cultura italoamericana ha rivelato in modo ancor più evidente l’immagine quasi mitologica che gli emigrati di seconda e terza generazione hanno della Calabria. «Molti vorrebbero tornarci – dice la docente – per conoscere meglio i luoghi di una regione ai loro occhi bellissima ricca di tradizioni affascinanti e ancora pregna di autenticità».
Considerazioni e visioni positive sulla regione le hanno anche gli studenti internazionali che trascorrono delle settimane di studio in Calabria. Da questo punto di vista, fondamentali per la conoscenza e diffusione dell’identità diasporica sono i programmi residenziali organizzati dall’Università della Calabria, che hanno coinvolto negli ultimi anni molti studenti stranieri, spesso d’oltreoceano. L’ultimo prima della pandemia aveva portato all’Unical 25 studenti di letteratura italiana del Connecticut. «In tre settimane gli universitari degli States hanno partecipato ai seminari del Clia e alle visite culturali proposte per la loro residenza – dice la docente-. Tra le tante esperienze la più forte a detta dei ragazzi è stata a Conflenti, borgo di montagna, dove, grazie al festival Felici e Conflenti e ai seminari tenuti dai musicologi del luogo, hanno potuto conoscere e sperimentare la musica e la danza popolare, facendo una full immersion nella cultura e nelle tradizioni calabresi». A venire in Calabria oltre agli studenti sono anche i professori di prestigiose università americane, che tengono regolarmente i loro corsi durante l’anno all’Unical, rigorosamente in lingua inglese. «Questo è possibile – afferma Ganeri – grazie all’attivazione della cattedra Fullbright, una delle più prestigiose al mondo. Si pensi che in Italia ne esistono solo quattro, tre in ambito giuridico-scientifico e una, quella attivata all’Unical, in ambito umanistico che è anche l’unica in tutto il Centro Sud» (a.col.).
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