CATANZARO La procura della Repubblica di Catanzaro ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini relative all’operazione denominata “Katarion” che ha permesso alle forze dell’ordine di assestare un duro colpo al clan Muto di Cetraro. Sono 49 gli indagati, tra i nuovi nomi: Tatiana Vitale, Davide Caccamo, Carmine Perrone, Giuseppe Stabilito, Andrea Trombino, Franco Valente alias “Number one” e Marco Zaccaro. Nell’elenco non figura Muto junior, figlio del boss Franco Muto. Due le attività principali del core business del sodalizio criminale: lo spaccio di droga e le estorsioni. Nell’inchiesta, 33 soggetti erano stati attinti da misura cautelare mentre sono 68 i capi di imputazione contestati, con il reato più importante legato al traffico di sostanze stupefacenti aggravato dalla disponibilità di armi e dall’agevolazione della cosca. Tra gli altri reati figurano, «l’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti; produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti; estorsione, tentata e consumata, aggravata dal ricorso al metodo mafioso; detenzione illegale di armi da fuoco». Sono circa 250 gli episodi di cessione di droga documentati dalle attività investigative, fino agli episodi estorsivi che in tre casi hanno riguardato imprenditori e commercianti della zona.
L’operazione è partita dalla denuncia di una nonna disperata per via del nipote, schiavo della droga. Un assuntore divorato dalla polvere bianca. Da quell’appello rivolto ai carabinieri, gli investigatori hanno avviato controlli e verifiche e certificato numerosi episodi di cessione di stupefacente in diverse piazze del Tirreno cosentino. Dalla droga, chi indaga è arrivato anche alla scoperta – sempre grazie a una denuncia – di una attività estorsiva esercitata dalla cosca Muto, per mostrare i muscoli sul territorio ed ottenere denaro utile a riempire la “bacinella” comune.
L’attività più redditizia per la famiglia Muto è senza dubbio – per gli investigatori – quella dello spaccio di droga. A coordinare tutte le piazze – come emerso nelle indagini – era un broker reggino. «Sul fronte della lotta al traffico di stupefacenti, l’attività parte all’indomani dell’operazione “Frontiera”», aveva avuto modo di asserire in conferenza stampa il capitano Giordano Tognoni, alla guida dei Carabinieri della Compagnia di Paola. «La cocaina arriva dalla locride, mentre la marijuana veniva prodotta in loco, l’hashish veniva acquistato da altre piazze». «C’era una rete di supporto di pusher anche minorenni».
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