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Non solo mare, viaggio tra i monti del Pollino

Un percorso fuori dalle rotte canoniche del turismo. E se il vero potenziale della regione fosse la montagna? Alla scoperta del Sellaro

Pubblicato il: 17/06/2021 – 18:28
di Domenico Lo Duca
Non solo mare, viaggio tra i monti del Pollino

Ottocento chilometri di coste e due mari, Ionio e Tirreno, a bagnarla. Blu cobalto e acque cristalline che da sempre invadono gli spot e le campagne pubblicitarie della nostra Regione facendoci conoscere principalmente come un territorio a vocazione balneare. Una risorsa preziosa molte volte maltrattata, vedasi i problemi legati alla depurazione delle acque che puntualmente si ripropongono come mantra.
Ma se da un lato il mare la fa da padrone, dall’altro pochi conoscono quello che potrebbe essere il vero tesoro nascosto della Calabria: la montagna. E si perché, quasi come fosse una bolla incantata, il territorio montano è sconosciuto al turismo di massa e noto solo a chi va alla ricerca di esperienze fuori dalle grandi rotte.
Non dobbiamo infatti dimenticare che la nostra Regione è sede di tre parchi nazionali: quello dell’Aspromonte, quello della Sila e il parco Nazionale del Pollino (condiviso con la Basilicata) che con i suoi 1.925 chilometri quadrati di natura è il parco naturale più grande d’Italia.
Un parco, quest’ultimo, dalle mille sfaccettature che fa da frontiera naturale alla nostra Regione e che riserva posti incontaminati e selvaggi dove è madre natura a primeggiare. Ma non solo perché sulle vie e i sentieri che portano alle cime più alte del sud Italia, si incrociano i passi di storie che si perdono nella notte dei tempi.
Un vero e proprio bagno di storia e natura quindi, ideale per gli amanti del trekking e dell’alpinismo.
Tra i tanti affascinanti percorsi attraverso i quali le esperti guide conducono gli avventori, c’è quello che da Cerchiara di Calabria porta in cima al Monte Sellaro (1493 mt slm) passando per il Santuario della Madonna delle Armi, un vero e proprio scrigno incastonato ai piedi della montagna.
Raggiunta Cerchiara di Calabria – il cui attuale centro abitato risalirebbe secondo alcuni documenti risalirebbe al periodo Bizantino (X sec.) quando esso è indicato, col nome di Circlarium, al centro di una zona monastica di grande importanza – si intraprende il sentiero che ogni anno (24 e 25 aprile) in occasione della festa della Madonna delle Armi, gli abitanti di Cerchiara percorrono per raggiungere l’omonimo santuario. Un saliscendi tra vegetazione, scarabei stercorari e pietre impresse da simboli che indicano il cammino mariano, nel cuore del Parco della Cessuta che racchiude l’intero centro abitato di Cerchiara e si estende su circa 300 ettari di bosco in cui ammirare bellissimi esemplari di oleandro (nerium oleander), cerro (quercus cerro), leccio (quercus ilex), farnetto (quercus frainetto) e molte altre specie.
Superato il parco, e la prima parte di cammino, arrivando dal basso si ammira il maestoso complesso del Santuario della Madonna delle Armi.

L’odierno santuario sorge su un antico sito monastico bizantino. Il titolo Madonna delle Armi deriva dal greco e sta ad indicare “delle grotte, degli anfratti”, di cui il monte Sellaro è particolarmente ricco. Nel santuario storia e leggenda si intrecciano in un connubio perfetto. Narra infatti l’antica leggenda che nel 1450 dei cacciatori rossanesi videro una cerva infilarsi in una piccola grotta. Seguitala all’interno della grotta, non videro più la cerva ma due icone lignee raffiguranti i Santi evangelisti. Meravigliati del prodigio, i cacciatori portarono le tavolette nella loro città ma queste sparirono ripetutamente per essere sempre ritrovate nel luogo di rinvenimento originario. Da qui la decisione di edificare una piccola cappella che le custodisse. Tuttavia durante i lavori di costruzione della cappella, uno degli operai alle prese con una pietra ovale, inservibile al suo scopo, ma che continuava a capitargli tra le mani, la ruppe con un colpo deciso. Questa si aprì in due e fu prodigio. Su un lato della pietra infatti comparve l’immagine della Madonna con il Bambino e dall’altra San Giovanni Battista. La prima è ancora oggi custodita gelosamente in una cappella del santuario ed è meta di pellegrinaggi. L’altra fu trafugata e, secondo una tradizione, trasportata a Malta.

Dopo aver sostato alla Madonna delle Armi, non prima di aver fatto rifornimenti, ci si incammina lungo il sentiero che sale a sinistra. Passato un cancello il sentiero si fa sempre più irto. Attraversato con qualche tornante, il bosco di pini, proprio sopra il Santuario la vegetazione pian piano si dirada per lasciare spazio a viste mozzafiato sulla piana sottostante. Proseguendo nel cammino si giunge al Passo del Panno Bianco il valico che separa il Monte Sellaro dal suo gemello Il Panno Bianco, che rappresenta l’avancorpo del Pollino sul mare, poiché è la prima vetta con pareti verticali che spicca alla vista guardando dalla costa jonica verso la montagna).

Lasciandosi il Panno Bianco alle spalle svoltando a sinistra inizia la vera scalata al Sellaro. Tra pietre carsiche, fiori dalla rara bellezza e profumi inebrianti si giunge in cima. E qui si apre lo spettacolo. Una vista a 360 gradi sulle principali vette del Pollino disposti a corona: Timpa Principe, la Mula, il Serra Dolcedorme, una piccola porzione di Monte Pollino, la Serra delle Ciavole, la Serra Crispo. Poi tutto il settore di Monte Sparviere con Timpa di Pietrasasso, spettacolare dente di roccia ofiolitica alto più di 50 metri che ricade nel comune di Terranova del Pollino. E poi come quasi in una processione le quattro Timpe calcaree: Falconara, San Lorenzo, Cassano e Porace. Qui pensi che lo spettacolo sia terminato, ma non è così, è un attimo che gli occhi passano dalle cime del Pollino ai vasti campi della Piana di Sibari, fino a che lo sguardo si perde nel blu del mar Ionio dove, nelle giornate particolarmente limpide puoi osservare tutto lo ionio cosentino, fino al Golfo di Taranto.

Il monte Sellaro è una terrazza senza confini ma solo infiniti spazi dove il vento batte in fronte e il sole (ovviamente se le condizioni meteo lo permettono) arrossisce la pelle.

La libertà che si respira in vetta, soprattutto dopo i lunghi mesi di lockdown, ti fa comprendere quanta meravigliosa sia la nostra terra, che tesoro inestimabile abbiamo sottomano, che troppo poco effettivamente la conosciamo.

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