ROMA La Corte di Cassazione ha giudicato inammissibili i ricorsi presentati dalla Procura generale di Catanzaro e dalle difese degli imputati nell’ambito del procedimento Black Money contro il clan Mancuso di Limbadi. Di fatto viene, quindi, cristallizzata la sentenza di secondo grado emessa il 12 novembre 2019 che, oltre a fare crollare l’accusa di associazione mafiosa, vedeva assolti il boss Pantaleone Mancuso alias “Scarpuni” (sta scontando l’ergastolo per altre condanne); condannato a 9 anni Giovanni Mancuso; Agostino Papaianni, 7 anni e 8 mesi; Antonio Mancuso, 5 anni; Giuseppe Mancuso, classe ’77, assolto per intervenuta prescrizione; Antonio Castagna, assolto; Gaetano Muscia, 7 anni; Antonio Prestia, 5 anni e 6 mesi.
L’operazione era scattata nel marzo del 2013 con il coordinamento dell’allora procuratore Vincenzo Lombardo e dell’aggiunto della Dda, Giuseppe Borrelli (oggi procuratore capo a Salerno). In primo grado l’accusa è stata sostenuta dal pm Marisa Manzini, mentre in Appello per l’accusa era stato applicato il pm Annamaria Frustaci. Nel collegio difensivo, Giuseppe Di Renzo, Francesco Calabrese, Giovanni Vecchio, Salvatore Staiano, Michelangelo Miceli, Francesco Sabatino, Vincenzo Maiello.
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