REGGIO CALABRIA Il boss Paolo De Stefano «doveva avere soldi da “Milano 2”, che li aveva investiti ai tempi di Bontate». È quanto sostiene il pentito Nino Fiume, ex killer dei De Stefano, dal 2002 collaboratore di giustizia ha reso dichiarazioni nel processo ‘ndrangheta stragista. Lo riporta ilfattoquotidiano che specifica come le circostanze da lui riportare siano per ora prive di riscontri. Sempre a testata, lo scorso 23 giugno, aveva riportato la notizia dell’interrogatorio di Giovanni Brusca, collaboratore di giustizia già appartenente a Cosa Nostra, di recente tornato in libertà.
Le dichiarazioni di Fiume si legano in qualche modo a quelle del boss Giuseppe Graviano, che nel corso del 2020, sempre nel medesimo processo, aveva parlato dei soldi che suo nonno avrebbe dato al leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, per i primi cantieri dell’opera meneghina, negli anni 70.
Anche in questo caso non ci sono riscontri sulle dichiarazioni, se non un’ulteriore circostanza.
Secondo la ricostruzione offerta ai giudici dal pentito Fiume, il progetto “Milano 2” sarebbe stato realizzato da Berlusconi anche grazie al denaro della ’Ndrangheta e in particolare della cosca De Stefano di Reggio Calabria.
Nel luglio 2020, nel filone reggino di ‘Ndrangheta stragista, era arrivata la condanna all’ergastolo per Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, accusati del duplice omicidio dei carabinieri Fava e Garofalo, nel 1994.
Nino Fiume “offre” dunque una via che collega la Lombardia a Reggio Calabria, nella specie a Paolo De Stefano (ucciso nel 1985) legato a Stefano Bontate. Avevano «tutti e due un orologio “Costantin”. Erano compari», dice Fiume. De Stefano al Nord diventava «il conte» mantenendo questo status quo attraverso l’ostentazione di macchine di lusso con «autista un maresciallo dei carabinieri» e un sarto in una delle vie più in della città. Fiume ripete in aula le “confidenze” fattegli dalla moglie del defunto De Dtefano: «La signora Errigo aveva una lista perché doveva avere molti soldi, perché suo marito doveva fare a Milano, in Lombardia, con Cosa Nostra…». Si riferisce a quegli elenchi di creditori menzionati dal pentito anche nel processo “Gotha”, a Reggio Calabria: «La Errigo aveva una lista di tutti i soldi che doveva avere suo marito quando lui morì. Poi aveva un’altra lista scritta in codice…ma erano soldi che Paolo De Stefano doveva avere da altre persone su Milano, collegate a quello là che aveva lo stesso orologio suo là, che è stato ucciso…gliel’avevo detto a Pignatone, mannaggia! A Stefano Bontate, perché aveva investito soldi su quando realizzare “Milano 2”, poi questi soldi non li ha avuti». Su questa linea anche le dichiarazioni del pentito Roberto Moio, nipote del boss Giovanni Tegano, alleato dei De Stefano, che nel 2010 racconto ai pm come «i Papalia, i Barbaro, i Trimboli, i Marando si occupavano di narcotraffico e di appalti… avevano anche mezzi loro…all’epoca hanno fatto “Milano 1” e “Milano 2”…i De Stefano prendevano soldi da tutti questi amici».
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