CROTONE Il locale tribunale penale ha condannato a otto anni e due mesi di reclusione Massimiliamo Allevato, sovrintendente della Polizia di Stato accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e rivelazione di segreti. Pena che rispecchia le richieste dell’accusa che, tramite il pm distrettuale Paolo Sirleo, aveva chiesto otto anni.
Aveva fatto scalpore la dinamica che aveva acceso i riflettori sul caso del poliziotto “infedele”, incastrato grazie a una chat su Telegram. «News, amò» era stato il messaggio trovato nella corrispondenza su uno dei cellulari sequestrati a casa di Rocco De Vona, presunto esponente apicale della cosca Megna, del quartiere Papanice. De Vona risulta inoltre destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita nella notte tra il 19 e il 20 dicembre nell’ambito dell’operazione “Tisifone” della Dda di Catanzaro. Nel frattempo, De Vona è stato già condannato a dieci anni di reclusione ma, al termine di un’appendice investigativa tra i destinatari di misura cautelare era finito proprio lo stesso Allevato. scattò una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere, e tra i destinatari c’era Allevato definito dal pubblico ministero «capace di interfacciarsi con diverse cosche attive nel Crotonese per perseguire finalità di lucro».
Lo stesso, durante il processo, aveva ammesso di ammise di aver intrecciato un rapporto di amicizia, con frequentazione quotidiana, con De Vona, pur avendo indagato su di lui, ai tempi in cui era alla Squadra Mobile. Il loro rapporto si sarebbe evoluto attraverso un “sinallagma” basato su richieste di denaro da parte del poliziotto in cambio di rivelazione di informazioni su indagini per il presunto affiliato.
La difesa di Allevato, rappresentato in giudizio da Fabrizio Salviati, preannuncia appello puntando sull’inattendibilità di Luigi Bonaventura, collaboratore di giustizia che ha corroborato la tesi degli agenti infedeli durante l’istruttoria dibattimentale. Secondo la difesa, Allevato non avrebbe potuto favorire la latitanza di De Vona, che, secondo la ricostruzione, non aveva il disegno di rendersi irreperibile e che non sono stati verificati incontri con il presunto esponente del clan. Quanto al contenuto dei messaggi, inoltre, il legale ha ipotizzato che sarebbero stati interpretati in maniera distorta dall’accusa e che Allevato non rivelò alcuna notizia coperta da segreto né pregiudica alcuna indagine o apportò beneficio ad un’associazione mafiosa.
Nell’istruttoria la procura distrettuale antimafia ha inoltre depositato i verbali delle trascrizioni di alcune conversazioni tra Allevato e il patron del Crotone Gianni Vrenna al quale avrebbe chiesto soldi in cambio di eventuali informazioni su indagini a suo carico.
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