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il ricordo

«Un vescovo buono»

Gli occhi gli erano diventati piccolini e giaceva nel Suo letto di sofferenza con un sorriso smagliante! E’ contento Padre? Lui, prima mi stringe la mano (me la terrà così per quasi due ore), poi …

Pubblicato il: 01/07/2021 – 16:46
di Nunzio Raimondi*
«Un vescovo buono»

Gli occhi gli erano diventati piccolini e giaceva nel Suo letto di sofferenza con un sorriso smagliante! E’ contento Padre? Lui, prima mi stringe la mano (me la terrà così per quasi due ore), poi apre un pochino gli occhi e mi dice: sto aspettando il Signore! E’ davvero felice di aver rinunziato a quello che aveva definito un “accanimento terapeutico”, dovuto alla insistenza di tanti Suoi figli di “provarle tutte” pur di mantenerlo ancora un poco in mezzo a noi…
In quelle due ore di sabato scorso abbiamo parlato di tante cose…eravamo in pochi. La sorella del Presule, un suo collaboratore, alcuni dei suoi affezionatissimi seminaristi, il carissimo Don Luciano che mi aveva ammesso all’incontro e, per brevi momenti, don Marcello. È stato un colloquio bellissimo, nel quale il nostro amatissimo Arcivescovo emerito, mi rispondeva in una maniera tutta particolare. Per approvare mi stringeva forte la mano, per dissentire emetteva un sibilo, diverso da quel suono d’acuto dolore che ogni tanto veniva a causa della sua malattia. Di Lui conservo una quantità di ricordi in oltre quarant’anni di intensa frequentazione e – se posso dirlo – di sincera amicizia. Ma voglio parlare adesso di quel sabato. Da cosa dissentiva. Prima di tutto dalle mie solite lamentele di non essermi imposto, nel 2005, per realizzare la Fondazione “Antonio Cantisani”, per la quale avevo preparato lo Statuto e che qualcuno boicottava. So cosa voleva dirmi con quel soffio di voce che gli restava! Smettila di lamentarti sempre per ciò in cui non sei riuscito, metti tutto nelle mani di Dio. Infatti, conoscendo oramai i Suoi insegnamenti, risposi subito: ha ragione Padre, ma le prometto che la farò la Fondazione a Suo nome, vorrò vedere se ancora adesso mi s’impedirà di farla (intendendo che Lui, da lassù, mi avrebbe potuto aiutare molto più che da quaggiù). L’idea era meravigliosa per allora (e penso che lo sia anche oggi) ma non voglio svelare niente di più! Poi Gli ricordai le parole del Battista, da Lui rievocate in occasione della Sua ultima omelia, prima di cedere il pastorale a Mons. Ciliberti. Disse: «Ora lui deve crescere ed io diminuire». Ed il nostro amatissimo Padre, mi sussurrò all’orecchio: sei buono. In questi giorni, mattina e sera, ho disturbato don Luciano per conoscere del suo stato di salute e ho pregato intensamente: sembrava spegnersi come l’ultimo guizzo di una candela, ma sempre compostamente e sopratutto stracolmo di gioia perché NON VEDEVA L’ORA DI VEDERE GESÙ FACCIA A FACCIA! In ciò credo che Iddio abbia esaudito tanti di noi, riservandoGli un trapasso sereno, mi si dice “da santo”.
Ora è il momento del dolore intenso e non mi viene da dire nient’altro se non di questa gioia che aveva d’immergersi nella vita eterna. Ancora avremo tempo per parlare di Lui, raccontarci di un episcopato che correttamente è stato definito “fulgido”. E non soltanto per le moltissime pubblicazioni (che peraltro noi “addetti ai lavori” sapevamo che scriveva Lui e, per questo, acquistavano maggior valore), ma per il Suo infinito Amore per la Sua Sposa, la nostra Chiesa di Catanzaro-Squillace, che Le rimarrà sempre riconoscente. A cominciare dal volume, oramai in fase di stampa, che, per iniziativa di Alberto Scerbo, stava per essere pubblicato in Suo onore ed ora lo sarà in Sua memoria. Un ulteriore segno tangibile dell’Amore grande che Gli abbiamo nel tempo portato, continuando a far battere il nostro cuore all’unisono col Suo grande cuore. Un giorno di molti anni fa doveva recarsi dall’episcopio alla Basilica dell’Immacolata, non più di cinque minuti a piedi. Trovandomi con Lui mi disse: mi accompagni? Che domande -dissi – Eccellenza? Con viva gioia. Uscimmo su via Menniti Ippolito e un gruppo di popolo festante Gli si fece incontro… Restammo fermi sulla via per circa venti minuti e Lui salutò tutti ad uno ad uno. Poi procedemmo oltre, mentre il suo segretario Lo pregava di affrettarsi. Niente da fare: sul corso Mazzini, venne “assalito” da una marea di persone che cercava di baciare l’anello pastorale. E Lui, che si sentiva in imbarazzo, ritirava le mani dentro le tasche della tonaca, cercando d’arginare questa valanga d’Amore. Insomma, arrivammo in Basilica dopo più di un’ora! Quanti episodi… ma la nostalgia mi assale e quasi non riesco più a dire…
Se, nell’ultimo giorno, saremo giudicati sull’Amore e l’albero buono si vede dai frutti, allora possiamo senz’altro ringraziare il Signore per il grande dono che Egli, col Vescovo Antonio, ha donato all’umanità.

*avvocato

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