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«Incontri con imprenditori vicini ai clan» e l’interdittiva: come nasce l’addio di Ventura

Le informative svelate da “Domani” parlano di contatti tra l’ex candidata e i Giardino, che sarebbero legati alle cosche crotonesi. I giudizi pesanti della Prefettura di Lecce

Pubblicato il: 04/07/2021 – 8:40
«Incontri con imprenditori vicini ai clan» e l’interdittiva: come nasce l’addio di Ventura

COSENZA La famiglia Ventura immaginava (e si auspicava) il passo di lato da giorni. Con una candidatura al governo della Regione la ricerca di notizie sull’azienda di famiglia sarebbe stata (come, in effetti, è avvenuto) all’ordine del giorno. E il gruppo non poteva permetterselo. Maria Antonietta Ventura, nella nota in cui ha abbandonato la corsa per la presidenza della Regione, ha usato espressioni generiche su tutto fuorché su un punto: «Ho la responsabilità di tutelare le oltre 1.000 famiglie dei lavoratori diretti e indiretti relativi alle aziende del mio gruppo». Il nocciolo della questione è tutto qui: la sovraesposizione avrebbe messo in difficoltà la società, un colosso delle costruzioni ferroviarie. In certi casi contano anche le note a margine degli atti giudiziari.

I fari della Prefettura di Lecce sull’azienda dei Ventura

E nell’interdittiva della Prefettura di Salerno che lambisce la Ventura (comunque non direttamente l’ormai ex candidata) alcuni passaggi sono dedicati proprio al management della “Francesco Ventura costruzioni ferroviarie srl”, consorziata assieme alla Fersalento nel Consorzio armatori ferroviario (destinatario dell’interdittiva). «Sono emerse – sintetizza il documento – dalla complessa attività istruttoria molteplici situazioni pregiudizievoli che assumono pregnante rilievo in un’ottica di prevenzione antimafia». Le interdittive – sulle quali il dibattito giurisprudenziale è aperto ormai da anni – nel delineare il quadro dei “pericoli” di infiltrazioni in un’azienda, vanno a ripescare fatti risalenti nel tempo, anche sentenze di assoluzione. È così anche nel caso dell’azienda calabrese. L’atto ricorda che «Francesco Ventura risulta gravato da numerose condanne penali, tra le quali assume significativa importanza la sentenza definitiva di condanna per patteggiamento emanata dal Tribunale di Roma in data 27 marzo 1997 per i reati di corruzione aggravata per un atto contrario ai doveri di ufficio in concorso, violazione delle norme sul finanziamento dei partiti politici in concorso e turbativa degli incanti in concorso». La Prefettura di Lecce rievoca anche un’indagine per la realizzazione dei lavori dell’interporto nell’area di Gioia Tauro, archiviata nel 2007. E una denuncia, risalente al 2013, per «associazione a delinquere, truffa, sottrazione fraudo lenta al pagamento di imposte». Questo procedimento è stato archiviato. Nel 2000, invece, è arrivata «una condanna in primo grado per il reato di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione», condanna successivamente riformata in Appello, con una sentenza che ha dichiarato il non doversi procedere per prescrizione. A Pietro Ventura, invece, vengono segnalati i reati ipotizzati nell’inchiesta “Passepartout” della Dda di Catanzaro. Ventura è stato rinviato a giudizio per turbata libertà degli incanti, traffico di influenze illecite, abuso d’ufficio e frode nelle pubbliche forniture. La Prefettura le considera «gravissime imputazioni (…) tra le quali ha assoluto valore indiziario ex art. 84 del codice antimafia citato l’accusa di turbata libertà degli incanti con testata al m edesim o “nella sua qualità di socio e rappresentante della Francesco Ventura Costruzioni Ferroviarie srl e le quali, valutate in una prospettiva sistematica, assumono pregnante rilievo dimostrando una spregiudicatezza nel porre in essere dinamiche illecite in contesti gravemente compromessi».

Domani: «Incontri tra l’ex candidata e i Giardino, vicini ai clan del Crotonese»

Se l’interdittiva si concentra sulla società, domenica mattina il quotidiano Domani riporta brani di alcune informative dei carabinieri inviate alla Procura antimafia di Catanzaro «in cui gli investigatori descrivono i rapporti tra la società Ventura e le aziende della famiglia Giar­dino, originaria della Calabria, provincia di Crotone, ma resi­dente da anni in Veneto, nell’a­rea del Veronese». Questi documenti investigativi «riportano pe­raltro incontri diretti e intercet­tazioni telefoniche tra Maria Antonietta Ventura e i Giardi­no, in particolare con Domeni­co». I Giardino sarebbero legati alle più potenti cosche del Crotonese, e dalle carte «risulta un rap­porto commerciale tra Ventura e Giardino. L’11 luglio 2017 per esempio – riporta ancora Domani – è avvenuto un incontro in Cala­bria tra Domenico Giardino e Maria Antonietta Ventura. Nei giorni successivi tra i due sono stati registrati “innumerevoli contatti tra Domenico Giardino e la signora Maria, ovvero la Ven­tura Maria Antonietta”. Con­tatti registrati anche con un al­tro Giardino, Stefano, figlio di Domenico: Maria Ventura e Ste­fano Giardino parlano sempre di affari, di mezzi da acquistare. Insomma, condividono busi­ness e progetti». Questi incontri, si legge, «avvengono anche do­po le prime inchieste su alcuni membri della famiglia sospetta­ta di contiguità con la ‘ndran­gheta». E una delle informative riassume: «Nonostante i pre­giudizi penali a carico di molti dei componenti della famiglia Giardino, sono emersi innume­revoli spunti investigativi in merito a infiltrazioni in appalti pubblici grazie al favore di so­cietà compiacenti nel settore della manutenzione e costru­zione di reti ferroviarie, prime tra tutte la Ventura Mineraria». (ppp)

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