Catanzaro, come il resto della Calabria, sembra essere diventata “cosa loro”; nelle mani di quanti la politica la decidono senza esporsi, rimanendo dietro le quinte. Attenzione che già sono proiettati su cosa e come fare nei prossimi mesi, quando si apriranno “le danze” nei comuni e nella Regione che dovranno essere rinnovati dopo l’estate. L’impegno sarà pieno. Si dovranno scegliere nuovi sindaci e un nuovo Consiglio regionale. A Catanzaro, Abramo – considerato che ha tagliato il traguardo dei quattro mandati – sarà messo a riposo. Sarà soprattutto questo ricambio a scatenare appetiti e scontri duri. Sono in molti a mostrare fibrillazione manifestando interesse a mettere la loro impronta per essere punto di riferimento per accordi futuri, secondo quel retaggio che proviene dal passato e che si perpetua nell’ambito della politica di casa nostra; un modo di fare proprio di quanti dispongono di voti e che ritengono, a torto o a ragione, di poter decidere cosa fare, come, quando e se farlo.
Le opposizioni non fanno mistero: definiscono la Città capoluogo di regione in stato di totale abbandono, in una condizione di degrado totale. Vicende come quella di “Gettonopoli” vengono considerate come conseguenze di sfortunate coincidenze; in questo quasi a voler giustificare la mancanza di costituzione di parte civile nel processo per le assunzioni fittizie dei consiglieri che hanno spillato denaro pubblico facendosi rimborsare dall’Amministrazione le somme “ricevute” come retribuzioni dai presunti datori di lavoro.
Non è un bella situazione, né per quanti sono rimasti impigliati nella rete tesa dai carabinieri, né per l’Amministrazione comunale che, tra i compiti istituzionali, ha anche quello di tenere alto il buon nome della città. E, invece, anche all’interno di Palazzo Santa Chiara di questa vicenda si parla come se le responsabilità fossero di altri, magari di quelli che stanno fuori dallo stabile. Ma ciò che rattrista è non solo il fatto che ognuno tenta di scrollare le spalle sperando che quelle storie facciano passare sottotraccia anche comportamenti censurabili, quanto la ricorrente attestazione di sfortunati che, in larga misura, si vorrebbe accreditare facendosi scudo con i consiglieri coinvolti. Come se l’obiettivo fosse solo crearsi una nuova verginità in vista delle prossime elezioni regionali alle quali, nonostante tutto, alcuni aspirano confidando che il tempo e l’interesse politico contribuiscano a far sbiadire il ricordo e che si possa “alleggerire” la vicenda giudiziaria.
C’è da domandarsi perché mai una vicenda come questa sia accaduta a Catanzaro. Forse non è peregrino pensare che il target possa essere più ampio e riguardi anche altre aree della regione, se non del Paese. Probabilmente può essere dipeso dalla qualità della rappresentanza politica che siamo riusciti ad eleggere.
Comunque è una vicenda che ha fatto emergere le contrapposizioni personali che spesso sono lontane da come si immaginano e secondo l’idea che la politica fosse qualitativamente più efficiente. Purtroppo, invece, a prevalere continuano ad essere i centri di potere sulla deontologia politica. Si chiama più semplicemente “patto elettorale”, che altri definiscono, opportunamente, “compromesso”.
A pagarne il fio, purtroppo, saranno gli ignari cittadini elettori che, vuoi per indolenza, vuoi perché ritengono che un voto valga l’altro, continuano ad agire con indifferenza e superficialità anche a costo che ne derivi una vita grama nella loro città e nella loro regione.
Pretendere dai partiti il rinnovamento della classe politica costituirebbe il minimo edittale per sperare in una inversione sostanziale per riportare le città e la regione su standard di vita accettabili, al passo con i tempi, nel rispetto delle tradizioni e di una condizione di vita migliore per gli abitanti.
*giornalista
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