COSENZA Un altro flashback, un ritorno al passato a quel 3 gennaio 2012 quando la mala cosentina decise la morte di Luca Bruni detto “Bella Bella”, il cui corpo fu ritrovato sotterrato nelle campagne di Castrolibero, in località Orto Matera, grazie alle rivelazioni del pentito Adolfo Foggetti, difeso dall’avvocato Michele Gigliotti. A sparare fu uno dei migliori amici della vittima, Daniele Lamanna, oggi pentito. «L’ho sparato in testa con la 7.65, la pistola si è inceppata e Adolfo Foggetti mi ha passato la 38. L’ho colpito, ho buttato l’arma e sono andato via». Del corpo non si seppe nulla fino al 2014 e grazie alle confessioni proprio di Foggetti, oggi tornato in aula (in videoconferenza) per raccontare – ancora una volta – i macabri dettagli di quel delitto di lupara bianca su cui sono stati costruiti cinque processi imbastiti per individuare tutti i responsabili di quell’omicidio. In Corte d’Assise al Tribunale di Cosenza, il pm Vito Valerio ha chiesto – in fase preliminare – di acquisire in accordo con le parti i verbali di Foggetti datati 17 e 19 dicembre 2014.
L’uccisione dell’uomo del clan dei “Bella Bella” ha segnato evidentemente uno spartiacque nella storia della criminalità organizzata cosentina. Il pubblico ministero chiede al collaboratore di giustizia di ripercorrere i giorni antecedenti al delitto: riunioni, piani omicidiari e personaggi coinvolti nell’omicidio. «Doveva essere Marco Abruzzese – dice Foggetti – a sparare a Luca Bruni nel corso di un agguato organizzato nella villetta di Sant’Agostino a Rende». «”Lo Struzzo” si appostò dietro una siepe», e con la complicità dei due pentiti avrebbe dovuto freddare Bruni, ma il colpo sfumò così come un altro tentativo organizzato e che si sarebbe dovuto consumare in via Panebianco. Foggetti racconta di almeno tre tentativi di far fuori Bruni a cavallo tra i giorni antecedenti la vigilia di Natale del 2011 e il 3 gennaio 2012 (giorno in cui poi venne ucciso).
La morte del rampollo del clan “Bella Bella” fu studiata a tavolino. «Si tennero due riunioni, una in agosto e una in autunno del 2011 – racconta Foggetti – alla prima parteciparono lo stesso pentito e poi Franco Bruzzese e Maurizio Rango», alla seconda in via degli Stadi «Maurizio Rango, Ernesto Foggetti, Roberto Porcaro e Francesco Patitucci». Il pubblico ministero chiede perché fu decisa la morte di Luca Bruni e Foggetti risponde: «Bisognava evitare che prendesse in mano i business di suo fratello Michele» (morto di tumore quando si trovava in carcere). Ma c’è di più. Il collaboratore di giustizia aggiunge una seconda motivazione e cita alcune intercettazioni «riferite al procedimento Telesis» in cui emergerebbe chiara «la volontà di Michele Bruni di iniziare a collaborare con la giustizia». Quanto al coinvolgimento dei fratelli “Banana” nel delitto, Foggetti viene più volte incalzato dalle domande dei legali difensori degli imputati coinvolti nel procedimento. Gli avvocati Pisani, Quintieri e Badolato sottolineano – nel corso del controesame – le ricostruzioni superficiali e carenti di Foggetti. I “Banana” si sarebbero macchiati le mani di sangue, secondo quanto ricostruito nell’indagine, per guadagnare spazio nel mercato dello stupefacente cosentino. Come conferma lo stesso Foggetti «gli Abruzzese erano i numeri uno dello spaccio di cocaina». I “Banana”, dunque, erano «a conoscenza dei propositi omicidiari».
Luca Bruni, Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti il 3 gennaio del 2012 si diedero appuntamento in uno noto bar di Rende. Sui dettagli dell’appuntamento Foggetti si è mostrato piuttosto confuso, sottolineando che era consuetudine non parlare al telefono ma darsi appuntamento nel corso degli incontri quotidiani tra lui, Lamanna e Bruni. Il 3 gennaio, la vittima arriva a bordo della sua auto al bar di Rende, parcheggia e sale in macchina di Lamanna: insieme a loro ovviamente anche Adolfo Foggetti. Bruni era convinto di dover partecipare ad un incontro «con i latitanti» Ettore Lanzino e Franco Presta ed ignorava che quello sarebbe stato il suo ultimo viaggio. I tre raggiungeranno Orto Matera e sarà toccherà a Daniele Lamanna premere il grilletto. «Sparò un colpo in testa a Luca – racconta Foggetti – poi lo colpì alla schiena. Ci tengo a precisare che era contrario all’omicidio e che fece di tutto per evitarlo». A delitto compiuto sopraggiunsero sul posto Maurizio Rango ed Ettore Sottile con «zappa in mano» e pronto a seppellire il cadavere. Foggetti e Lamanna andarono via, e il collaboratore – oggi oggetto di esame da parte del pm e della difesa – aggiunge di essere «tornato sul luogo del delitto per prendere le pistole». A sbarazzarsi delle armi fu – sempre secondo Foggetti – Maurizio Rango che «prima le pulì e poi le gettò in una zona impervia di Rende paese». Il continuo riferimento da parte di Foggetti al ruolo ed alla figura di Maurizio Rango ha convinto gli avvocati a chiedere di poter sentire proprio l’uomo di punta del clan Rango-Zingari di Cosenza, condannato all’ergastolo. Il pm si è opposto ed ha anche respinto un’altra richiesta avanzata dai legali e riferita alla possibilità di rendere disponibili gli omissis presenti nei verbali «se attinenti al procedimento in corso». La Corte si è riservata la decisione che sarà resa nota nel corso della prossima udienza.
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