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l’intervista

“Riace Social Blues”, Enrico Fierro racconta «l’utopia della normalità»

Il giornalista dialoga con Mimmo Lucano nello spettacolo che riproduce «l’essenza» del “modello”. «Da Alvaro a Teti, un “dna” tutto calabrese»

Pubblicato il: 10/07/2021 – 7:10
di Francesco Donnici
“Riace Social Blues”, Enrico Fierro racconta «l’utopia della normalità»

REGGIO CALABRIA «Se Riace, a un certo punto della sua storia, ha parlato più linguaggi, allora questa narrazione doveva avere più linguaggi» declinati insieme «grazie alla lingua universale del teatro civile».
Lo scorso 7 luglio, il giornalista e scrittore Enrico Fierro è salito sul palco insieme all’ex sindaco del così detto “borgo dell’accoglienza”, Mimmo Lucano, per la Prima dello spettacolo “Riace Social Blues”, che aspira a tenere viva l’essenza di quel “modello”, celebre e celebrato in tutto il mondo. «L’obiettivo dello spettacolo – racconta al Corriere della Calabria – è comprendere il grande messaggio che Riace ha lanciato all’umanità».

Dall’Odissea a Vito Teti. «Un “dna” tutto calabrese»

riace social blues
Il cast di Riace Social Blues. “Prima” dello spettacolo al “Festival delle Colline” di Poggio a Caiano (PO)

Il cammino di “Riace social blues” non inizia dalla Calabria, ma dallo splendido panorama della provincia di Prato, nel centro toscano di Poggio a Caiano dove da 42 anni si svolge il celebre “Festival delle colline”. Per il taglio del nastro gli organizzatori hanno voluto lo spettacolo che vede al centro non tanto le cronache di Riace, ma l’anima di una storia senza tempo.
«L’obiettivo è capire qual era il “dna” che ha spinto Mimmo Lucano e una parte della popolazione a realizzare questa utopia della normalità, celebrata e apprezzata in tutto il mondo» dice ancora Fierro. Un “dna” «tutto calabrese: c’è la Medea di Corrado Alvaro, gli scritti di Vito Teti, la ricerca del professor Tonino Perna, l’Odissea di Omero». Narrazioni «che sono nel sangue di questo tipo di calabresi».
La storia è nota ai più: un borgo disperso tra la costa ionica reggina e l’entroterra della Locride, rifugge il suo destino di spopolamento e rinasce grazie ad un modello di accoglienza diffusa avviato in forma spontanea, dopo l’arrivo di un veliero guidato dal vento. Il modello cresce, conquista importanti vetrine mondiali, attira lo sguardo di ammiratori e detrattori.
«Quando incontrai Ada Colau (sindaca di Barcellona, ndr) a Riace mi disse: “Sono venuta qui per imparare”». Negli anni, per quelle ripide stradine della Locride, diventa facile incrociare i volti più disparati; storie e linguaggi che si fondono per dar vita al prodigio sociale oggi riprodotto in questo spettacolo.

“Riace Social Blues”

La “taranta” ballata da Lucia Scarabino accompagnata dalle melodie di Baba Sissoko

«Sul palco c’è Lucia Scarabino, ballerina della “Notte della Taranta”. E abbiamo avuto la presunzione di ballare la taranta facendola suonare da strumenti africani». Non dei suoni qualunque, ma quelli di un artista di fama mondiale, il «griot del Mali, Baba Sissoko che da vent’anni vive in Calabria».  
«Se glielo chiedi – dice ancora Enrico Fierro – si presenta come “Calafricano”, sorridendo».
Ma sul palco non c’è solo lui. I colori e i suoni si moltiplicano quasi a voler riprodurre l’effetto che dalla fine degli anni 90 si stagliava dalla piazza del borgo fino al “Villaggio Globale” e in ogni strada di Riace. «C’è la voce stupenda di Djane Sissoko, il musicista calabrese Checco Pallone».
Il filo conduttore è un racconto di “integrazione”, ancora viva, come spesso rimarca lo stesso Mimmo Lucano.
La narrazione di queste “contaminazioni” è affidata a Cosimo Damiano Damato scrittore, regista e sceneggiatore pugliese che vanta anche importanti collaborazioni con nomi del calibro di Alda Merini e Erri De Luca solo per fare alcuni esempi.

La fiction «chiusa in un cassetto»

Lo spettacolo è stato prodotto da “Kino Music”, agenzia di Modena. «Una produzione – secondo Fierro – che ha avuto molto coraggio». Quello stesso che forse è mancato alla Rai per mandare in onda “Tutto il mondo è paese”, lo sceneggiato dedicato proprio all’esperienza di Riace, con Beppe Fiorello nei panni di Lucano. «La Rai ha speso molti soldi per una fiction che tiene chiusa in un cassetto. Ci si potrebbe fermare qui. Noi – rimarca – con mezzi decisamente minori abbiamo messo in scena uno spettacolo che racconta questa esperienza per quello che rappresenta ed ha rappresentato».

«Un’inchiesta politica»

Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace

«La narrazione è per molti aspetti onirica, ma sempre fatta col sorriso. Anche la parte che riguarda le vicende giudiziarie di Mimmo è raccontata col linguaggio di Piero Calamandrei. E soprattutto quel Piero Calamandrei che difende Danilo Dolci, un altro “Santo laico” della storia d’Italia, anche lui, come dire, perseguitato dalla giustizia per il suo sogno di libertà, di riscatto del Sud».
Nel 1956 Calamandrei scese in Sicilia per pronunciare la sua storica arringa difensiva in quello che venne definito “il processo all’Articolo 4” della Costituzione. Tra gli imputati c’era il sociologo e studioso Danilo Dolci. Era stato definito dall’accusa “un individuo dalla spiccata capacità a delinquere” per aver attivato il così detto “sciopero alla rovescia”: se un operaio, per ottenere i propri diritti, sciopera astenendosi dal lavoro, un disoccupato può fare lo stesso lavorando. Decine di persone si misero all’opera per riparare la strada di “Trazzera Vecchia” (collegamento tra i comuni di Trappeto e Partinico, in provincia di Palermo) e da quel gesto di “disobbedienza civile” ebbero impulso l’inchiesta prima e il processo poi.
Aspetti che per certi versi ricordano il processo che vede imputato Mimmo Lucano insieme ad altre 26 persone. A metà del prossimo settembre sono attese le arringhe difensive dei suoi legali, Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, ex sindaco di Milano subentrato dopo la scomparsa di Antonio Mazzone.
«Ho definito “politica” l’inchiesta della Procura di Locri (che per Lucano ha chiesto 7 anni e 11 mesi di reclusione, ndr). – dice Fierro – Il processo si sta incaricando di riportare equilibrio in questa vicenda. L’inchiesta ha usato una pesantezza molto politica, che tendeva a soddisfare il clima politico del tempo. Il processo cerca invece un riequilibrio tra le posizioni degli imputati e i doveri dell’accusa».

Becky Moses, la Medea degli anni duemila

fierro lucano
Il dialogo tra Enrico Fierro e Mimmo Lucano durante lo spettacolo

«Non potevamo, scrivendo il testo, non attingere alla grande tradizione della poesia africana che abbiamo fusa con Corrado Alvaro, con la sua Medea, che nel nostro racconto fantastico è Becky Moses».
Il sipario di “Riace Social Blues” si apre con la proiezione della carta d’identità che Mimmo Lucano aveva rilasciato alla giovane di origine nigeriana che a Riace aveva trovato la sua nuova casa. Un documento al quale non avrebbe avuto diritto «essendosi vista opposta due dinieghi dopo i quali doveva essere cacciata da Riace, sulla base dell’assurda legge italiana sull’immigrazione». Così sarà. Becky Moses, anni 26, verrà ospitata da alcuni connazionali nell’ex baraccopoli di San Ferdinando dove morirà carbonizzata. Vicino alle spoglie, oggi custodite nel cimitero di Riace, quel documento rilasciatole dall’allora sindaco “per andare contro a una legge ingiusta”.
«Per noi è la Medea di Corrado Alvaro, commedia di fine anni 40, ma che sembra essere stata scritta due giorni fa. La protagonista dell’opera chiedeva letteralmente “per me e per i miei figli un fiumiciattolo dove io possa specchiarmi, lontano delle contese dei re”.  – ricorda Fierro – Questo chiedono quanti vengono da fuori: un pezzo di terra, un pizzico di pace e un pezzo di pane».
E sullo stesso piano, i tanti «sventurati dei giorni nostri che sbarcano sulle coste ioniche» diventano degli Ulisse, «quando arrivò nella terra dei Feaci e incontrò Nausicaa, che alla sua vista rassicurò le ancelle invitandole ad accogliere quell’uomo, dandogli acqua, cibo, ospitalità». (redazione@corrierecal.it)

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