La Calabria politica e istituzionale le sta vivendo tutte. Dagli esempi che l’hanno onorata negli anni, con ministri che hanno lasciato il segno nel Paese, siamo arrivati alla farsa. Da rappresentanti dell’istituzione regionale – del tipo Antonio Guarasci e Bruno Dominijanni (l’unico a fare un piano sanitario degno di questo nome!), solo per fare due buoni esempi – siamo arrivati al peggio.
Un declino che non ha avuto eguali ovunque. Che è arrivato a far sì che si giustificassero candidature di ieri a Presidente della Regione funzionali a rimettere l’Ente in mano a dilettanti della gestione della res pubblica, ad incapaci e a sbeffeggiatori dei diritti di cittadinanza, spesso utili ai soliti saccheggiatori seriali.
Certamente, negli ultimi periodi c’è stata anche chi ha saputo fare qualcosa, due esempi su tutti per essere bipartisan: la legislatura di Agazio Loiero e quella riferita ai primi (e soli) 14 mesi di Giuseppe Scopelliti. Ma non è servito a nulla, né allora e neppure oggi.
Alla vigilia delle elezioni di ottobre, ecco la solita messinscena ingannevole, peraltro di qualità anche grossolana, cui partecipano deludenti attori della politica nazionale, che impongono l’improponibile e testimoniano un decadentismo delle rappresentanze che non riscontra eguali nella storia del Paese.
Terribile ciò che sta accadendo nel centrosinistra calabrese, per fare un significativo esempio, frastagliato in rivoli, del tipo quelli che caratterizzano le demografie tribali libiche. Non è solo fratturato dagli esiti cui l’hanno condotta i giocatori d’azzardo della politica nostrana che hanno prodotto da decenni le solite rovine.
Tutto questo è avvenuto a causa della pluridecennale occupazione familistica della politica rappresentativa e della viltà degli organi centrali nell’affrontare i sacrifici della ricostruzione dei partiti, con naturale perdita del peggiore consenso.
Nella destra le cose non sono andate affatto meglio, fatta salva la breve pausa (ahinoi) di presidenza della compianta Jole Santelli. L’incompetenza ha governato per decenni sino a cadere nel baratro, tanto da sollecitare la rivolta delle scelte, che tuttavia genererà qualche naturale disappunto degli attrattori del consenso più sovranista.
Quindi, sulla scacchiera del gioco elettorale, che si terrà in autunno, ci sono:
da una parte, un centrodestra che candida un proprio leader istituzionale, il capogruppo alla Camera dei deputati, dal quale la Calabria si attende però un programma che vada ben oltre i fiocchi, magari esteso al prossimo decennio, appena sufficiente a risolvere l’altrimenti irrisolvibile; dall’altra, un centrosinistra + 2, con il primo in preda al massimo del disagio nel tentativo di scegliere il candidato a premier regionale.
Un PD che sceglie, e lo fa bene, individuando Nicola Irto, un giovane politico che – se arricchito (come avrebbe saputo certamente fare) delle conoscenze che occorrono per governare la Regione, oramai ridotta all’osso dagli incoscienti – avrebbe potuto recuperare il tempo perduto e avviare la stagione del Rinascimento. Ma arriva lo stop, la paletta rossa dei vigili Dem. Un PD, dunque, che lo rinnega, mettendo in moto contorsionismi incomprensibili.
Un PD che, d’accordo con Conte, passa alla seconda fase designando una imprenditrice, figlia di una famiglia che di binari e accessori ha fatto la sua meritata fortuna. Un PD (unitamente a Conte che ha già i suoi problemi ad essere politicamente comprensibile) che – a distanza di poche ore e a meno di tre mesi dal voto – registra una rinuncia della manager Ventura, risultata più motivata di quanto sia stata l’individuazione della stessa come candidata.
In questo ring politico, ove i combattenti si attardano negli angoli per evitare di guadagnare il centro del quadrato ove è naturale che ci sia lo scontro, esiste il problema dei programmi e delle liste. Necessiterà stare attenti alla candidatura al femminile, quindi, al ruolo da assegnare alle elette. La (non proprio) parità di genere rappresenta la vera buona novità di questa tornata elettorale, sulla quale saranno in tanti a puntare la giocata e a sperare. Saranno guai per diversi uscenti in senso di performance del consenso.
I calabresi staranno molto attenti a scegliere gli abbinamenti, nel tentativo di cambiare vita, di non sentirsi più come i migranti nella loro «carcassa» alla deriva, in preda all’affondamento. Lo faranno per sfuggire alla «social death», quella morte sociale, altrimenti prossima, per carenza assoluta di esigibilità dei diritti di cittadinanza.
Al Presidente eletto, che si spera attrezzato della voglia di realizzare le necessarie riforme strutturali, toccherà uno sforzo al di sopra di ogni limite. Alla Dorando Petri. Quell’atleta maratoneta che, ai giochi olimpici di Londra del 1942, cadde, si rialzò e tagliò il traguardo sorretto dai giudici di gara.
Proprio per questo, il contributo politico dovrà essere corale dal giorno immediatamente dopo. Dall’11 ottobre in poi, il nuovo Governatore dovrà pertanto contare su un grande insieme unito, pronto a ridisegnare e realizzare gradatamente la Calabria del domani. Gli occorrerà concretizzare (finalmente) politiche severe ; di bilancio; attuative dei diritto alla salute e all’assistenza sociale; innovative per la formazione della burocrazia anche locale, indispensabile per far fronte agli adempimenti del PNRR; ricostruttive del danneggiato parco delle società comunque partecipate piene zeppe di deficit patrimoniali plurimilionari; incentivanti per la crescita demografica di segno pericolosamente negativo; interruttive degli sprechi e dell’emigrazione giovanile; rivoluzionarie per la ricerca, il diritto allo studio, l’agricoltura e il turismo.
Insomma, finita la bagarre elettorale, ci vorrà una nuova politica unitaria di reale sostegno alla Calabria che moltiplichi le capacità disponibili all’impegno di scopo, sottragga gli impedimenti viziati dalle opposizioni non costruttive e non divida le forze sane.
*docente Unical
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