CATANZARO Nel 2021, in 13 settori manifatturieri la produzione torna sopra i livelli pre-covid: dal legno ai mobili, dalla ceramica alla metallurgia e all’alimentare. Settori in cui è diffusa la presenza di Mpi ad alta vocazione artigiana che in Calabria contano 10.851 imprese, pari all’83% del totale manifatturiero e al 6% del totale economia. Di queste, il 59,4% sono artigiane che pesano sull’artigianato complessivo per il 19%. Tra i fattori di traino, vi è la forte domanda di prodotti per l’edilizia stimolata dagli interventi incentivati dal superbonus, su cui però pesa la crescita dei costi delle materie prime, con le attese sui prezzi ai massimi storici.
Tra i settori maggiormente colpiti, oltre al turismo che nella nostra regione ha registrato un -52,5 % di presenze nel 2020 rispetto al 2019 con un meno 86% di presenze straniere, vi è quello della moda, che rappresenta l’8% del manifatturiero con l’abbigliamento in testa con un -36,3% di produzione (gennaio-aprile 2021 rispetto al 2019). Anche il settore dei servizi, in cui operano più del 50% delle imprese calabresi, è in ritardo. Secondo l’elaborazione del centro studi su dati Istat, i primi quattro settore in cui si registra una riduzione del fatturato nel I trimestre 2021 rispetto ai livelli pre covid sono quello della produzione cinematografica (-39%), dei trasporti (-45,9%), delle attività di ristorazione (-52%) agenzia di viaggio, tour operator (-90%). Con questo scenario, vi è un rischio operativo Alto/Medio alto per le imprese calabresi il cui 38,8% lamenta, tra le principali criticità, la liquidità e gestione delle fonti di finanziamento. Tanto è vero che un’impresa su 4 (21,7%) non ha richiesto prestiti assistiti da garanzia pubblica per l’eccessiva difficoltà riscontrata nell’accesso alle misure (>11,3% dato nazionale). Senza dimenticare l’eccessivo costo del credito con la Calabria che registra il più alto tasso di interesse bancario attivo alle piccole imprese e pari al 9,38%.
Tra le tante difficoltà, le 32.500 imprese artigiane che operano in Calabria devono fare i conti ogni giorno anche con quelle aziende che di fatto poggiano la propria produttività su lavoratori “fantasma”, che penalizza chi svolge la propria attività imprenditoriale nel rigido alveo del rispetto delle norme legali e fiscali. Sotto attacco del lavoro sommerso in Calabria è il 22,1 per cento delle imprese artigiane. In particolare, il 32,6 per cento il settore delle costruzioni (pari al 13 per cento del totale economia), il 19,3 per cento i servizi e il 16,6 per cento il manifatturiero esteso: nel 2018, in sostanza, rispetto all’anno precedente il tasso di irregolarità degli occupati ha registrato un incremento di 9,2 punti percentuale. E’ quanto rileva uno studio dell’Osservatorio MPI Confartigianato Imprese Calabria che ha effettuato le analisi sulla base dei dati Istat.
Decine i settori dell’Artigianato esposti alla concorrenza sleale del sommerso: Costruzioni, autoriparazione, produzione di beni, somministrazione di servizi alla persona, trasporti, alloggio, ristorazione e pasticceria sono i settori maggiormente esposti alla concorrenza sleale del sommerso, anche se nessuna professione più dirsi immune dagli attacchi dell’irregolarità aziendale.
«La situazione, sebbene in lieve ripresa, non ci tranquillizza. Occorre lavorare tutti insieme per superare i diversi limiti della nostra regione – afferma il presidente regionale di Confartigianato Imprese Calabria, Roberto Matragrano -. Occorre sostenere il lavoro delle nostre imprese artigiane, il lavoro regolare, il lavoro in sicurezza. Occorre una maggiore consapevolezza dell’importanza non solo numerica ma anche di pil prodotto delle MPI calabresi e di quelle a valore artigiano. E’ arrivato il momento che i problemi siano risolti con uno sviluppo serio della nostra regione. E’ necessaria un’azione di intervento incisiva a tutela e garanzia delle aziende calabresi».
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