TREBISACCE «Devono assumere quello che diciamo noi, non quelli che dicono loro, che se no lo chiudo (…), la prossima denuncia che mi arriva che sentono la puzza…». «Non ci hanno assunto uno». Per il gip del Tribunale di Castrovillari Simone Falerno, quella del sindaco di Trebisacce Franco Mundo – da ieri agli arresti domiciliari – è la parabola di un sindaco che «ha dimostrato di non distinguere la sfera privata da quella pubblica». Un politico determinato a raggiungere «a tutti i costi l’obiettivo dell’elezione al consiglio regionale calabrese (nella lista “Io resto in Calabria”, a sostegno di Pippo Callipo, ndr)». Ma soprattutto pronto a utilizzare «stabilmente mezzi e uomini per soddisfare esigenze personale (come per partecipare a udienze penali o per comprare un motorino)». Questi comportamenti, secondo l’accusa, si sarebbero manifestati anche nel rapporto con la società Eurospin che chiedeva «l’effettuazione dell’orario continuato». Mundo sarebbe stato disponibile «solamente a condizione che assumessero persone a lui vicine, minacciando diversamente la chiusura dell’attività».
Le assunzioni sembrano essere la vera leva del potere nelle piccole amministrazioni. Vale anche per gli incarichi che – sempre secondo l’interpretazione della Procura – Mundo avrebbe dato «agli amici». «Il comportamento poco trasparente del sindaco Mundo – appuntano gli inquirenti – lo si evince anche attraverso l’ascolto della conversazione (…) nel corso della quale commenta con il segretario comunale Ciriaco Di Talia la circostanza riguardante il conferimento di un incarico professionale» a un architetto, moglie di un membro del suo staff. Una scelta che avrebbe provocato le lamentele di un membro della giunta comunale. Rimostranze delle quali Mundo non si capacita, visto che l’abitudine sarebbe proprio quella di spartire gli incarichi professionali con le persone a lui vicine: «Sei o sette tecnici (riferiti al numero di incarichi Mibac) io li ho chiamati tutti quanti (si riferisce ai suoi collaboratori): avete qualcuno, qualche amico? Lei (l’assessore che si lamenta, ndr): no, no, no a me non mi interessa di cose, non ne voglio sapere, non ho nessuno e, ma che vuole insomma».
La gestione del Comune a uso del consenso personale pare una fissazione. Che le pagine dell’ordinanza sottolineano in grassetto. Dalle intercettazioni ambientali autorizzate dal gip «sono emersi recentissimi preoccupanti elementi che evidenziano, ancora una volta, l’asservimento della funzione pubblica ai propri interessi personali. Nella specie, l’utilizzo degli incarichi professionali per il sostegno elettorale». L’atteggiamento si evincerebbe da una conversazione captata all’interno dell’ufficio del sindaco, che parla con i suoi collaboratori Michele Calvosa e Filippo Castrovillari. «Ma gli diamo l’incarico a Trebisacce… che questi sono tutti di fuori», dice il primo cittadino. Castrovillari ribatte che gli accordi erano altri: «Questi (si riferisce a quelli di fuori) ti hanno votato tutti quanti, gli impegni li ho presi quando abbiamo fatto le elezioni». Il riferimento (la conversazione è del 31 maggio scorso) è alle ultime Regionali. Il sindaco e il suo collaboratore la vedono in maniera diversa. Mundo vorrebbe coinvolgere più gente del posto: «E se no tu vai a Cosenza, vai a prendere i voti, ti dicono». C’è quanto basta perché il giudice osservi che «questa continuative gestione disinvolta e priva di scrupoli della sua posizione di potere suggerisce che, in difetto di idonea cautela, l’indagato tornerà certamente a delinquere».
Parte dell’inchiesta verte sulla raccolta di firme per la presentazione della candidatura di Mundo nella circoscrizione Nord senza però, secondo l’accusa, che fosse presente il pubblico ufficiale autenticante e al di fuori delle sedi comunali. Secondo quanto riporta l’ordinanza, Mundo avrebbe «ammonito l’assessore ai Lavori pubblici Filippo Castrovillari di avvertire le persone che lo avessero, eventualmente, chiamato in merito all’autenticazione delle sottoscrizioni, di riferire di avere firmato in Comune davanti all’Ufficio elettorale». Il sindaco si sarebbe, contemporaneamente, «attivato nel senso di conoscere i nominativi delle persone convocate» dalla polizia giudiziaria «e contattare, tra queste, più persone possibili, al fine di indirizzarne le dichiarazioni e depistare le indagini». Segue un elenco di cinque persone sulle quali il primo cittadino sarebbe intervenuto. Anche con modalità grottesche come quando cerca di “convincere” uno dei suoi interlocutori di aver firmato in Comune ma quello non si scompone: «No, no, io ho firmato… Ci siamo visti a casa mia praticamente». Davanti alle insistenze del sindaco («No ma qua tutti al Comune, poi, hanno firmato, anche tu se ti ricordi»), l’uomo cambia idea e riferisce «falsamente» alla polizia giudiziaria di aver firmato in Comune. Poi, una volta finito l’interrogatorio, contatta Mundo rassicurandolo: «Ho già riferito tutto». Ma le cimici degli investigatori stavano registrando. (p.petrasso@corrierecal.it)
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