«Un saluto particolare a tutti coloro che hanno voluto seguire il Vescovo in questo pellegrinaggio in onore del Santo Patrono Vitaliano. È una Chiesa in uscita, quella che oggi celebra qui, in periferia, la festa del santo Patrono, che continueremo a invocare in questo tempo di lenta ripartenza dopo il punto più alto della pandemia sanitaria, a cui succedono più aspri momenti di pandemia sociale e lavorativa. Nel nome del Signore e del Santo patrono, l’arcidiocesi di Catanzaro viene qui, anche fisicamente, insieme con le reliquie del suo Santo: “recepire e imitare lo stile di Dio”, che “non sta rinchiuso nel suo mondo, ma esce”. Dio sempre è in uscita, cercando noi; non è rinchiuso: Dio esce continuamente alla ricerca delle persone, perché vuole che nessuno sia escluso dal suo disegno d’amore. Anche san Vitaliano oggi esce e si muove lungo le periferie sociali ed esistenziali della città. Anche le nostre comunità sono chiamate ad uscire dai vari tipi di confini che ci possono essere, per offrire a tutti la parola di salvezza che Gesù è venuto a portare. Esaltiamo e lodiamo nostro Signore Gesù Cristo, padrone del sabato e della festa, il quale ci ripete: “Misericordia io voglio e non sacrifici”! Esaltiamo e lodiamo il nostro Dio e Padre, che ha stabilito fin dall’antichità la legge del riposo sabbatico (che riguarda esseri umani, ma anche animali e cosmo), per insegnarci il significato genuino della festa! Esaltiamo e lodiamo lo Spirito Santo che ispirò nel 1122 papa Callisto II a trasferire a Catanzaro il vescovado di ‘Tres Tabernae’, e far dono alla città delle reliquie del santo! Sorelle e fratelli tutti, soffermiamoci e approfondiamo il brano evangelico appena proclamato sintetizzabile nel motto: il Figlio dell’uomo è signore del sabato. Il Signore Dio smentisce chiunque voglia farsi signorotto sugli altri. Quant’è bella e liberante questa parola dell’evangelo secondo Matteo! La controversia sul giorno di festa e sull’osservanza formale del giorno di sabato, agitata dal gruppo degli osservanti farisei contro il modo di comportarsi dei Discepoli di Gesù, che, passando fra campi di grano, ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle, consente a Gesù, Figlio di Dio in terra, di ricordare la vera Legge del Padre suo: le regole morali e sociali, anche se si sono solidificate in modi di fare e prassi, restano secondarie rispetto alla signoria di Dio. Nessuno, neanche delle regole giuridiche e religiose, può mettersi al posto del Signore Dio tuo. Dio è il padrone dello Shabbàt, non sono le regole umane più importanti del vero Signore Dio e del Figlio eterno che ha preso la carne tra noi. Ancor oggi, come sappiamo, tra i numerosi precetti che l’ebraismo prescrive, lo Shabbat occupa da sempre un posto fondamentale nel cuore dell’ebreo osservante. È la più importante delle ricorrenze del calendario ebraico e si sussegue di settimana in settimana, scandendo il ritmo dell’anno nella vita individuale, famigliare e in quella della comunità. In questo giorno tutti hanno diritto al riposo: non deve lavorare né il padrone né il servo, né l’uomo, né la donna, non il cittadino né lo straniero, perfino gli animali da lavoro in questo giorno tutti devono essere esentati dal lavoro e hanno diritto al riposo. L’esecuzione del precetto positivo e dei divieti comportava già al tempo di Gesù di Nazaret l’astensione da una serie di lavori ed opere (anche quella di raccogliere spighe di grano) che rientrano nel precetto “osserva il giorno del sabato per santificarlo”. Tuttavia, nessuna norma legale può diventare più importante della vera e unica signoria, che è di Dio e del suo Figlio, di fronte a cui cadono tutte le altre signorie e pretese terrene. Ogni legge è per la persona, non viceversa; e se la persona ha fame, non le si può togliere la possibilità e l’opportunità di soddisfare, nella legalità, il suo bisogno. Di fronte a tutto questo, apriamo gli occhi, non limitandoci alla ricerca del capro espiatorio, ma piuttosto rimboccandoci le maniche e assumendoci le nostre responsabilità: la Chiesa, con san Vitaliano, è un appello alla riconciliazione! Nel VII secolo, Vitaliano fu acclamato vescovo dal popolo di Capua contro la sua volontà e divenne inviso ad alcuni perché annunciava la signoria di Dio; perciò divenne oggetto di calunnie e di volgari insinuazioni, da parte dei suoi nemici, che in ogni circostanza non mancano mai, i quali non si sa come, lo fecero apparire in pubblico vestito da abiti femminili, onde accusarlo di impudicizia. A imitazione del Figlio dell’uomo, che ribadisce i diritti dell’unico Signore Dio, Vitaliano si difese apertamente, smascherando le insidie dei suoi calunniatori, poi lasciò la città di Capua di cui era vescovo, ma fu catturato, legato in un sacco di cuoio e gettato nel fiume Garigliano. Gesù ricorda che Dio vuole misericordia, non osservanze esteriori, né nel civile, né nel religioso. La protezione divina lo salvò dalla morte e lo fece approdare incolume sulla costa ad Ostia, dopo che il fiume l’ebbe trasportato fino al mare; inoltre la città fu punita con siccità, carestia e peste».
«Cittadine e cittadini di Catanzaro, Autorità politiche, militari e civili! Ascoltiamo il significato profondo dell’evangelo proclamato nel giorno della festa di san Vitaliano: Non avrai altro Dio all’infuori dell’Onnipotente. Nessuno si può fare signore al posto del Dio unico. Questo la nostra Chiesa oggi grida da un quartiere che, più profondamente degli altri, sente il disagio sociale, certamente acuitosi a motivo della pandemia sanitaria e sociale, che ci ha costretto a chiudere tante imprese e ha penalizzato i lavori non strutturati. In un anno e più di pandemia, siamo stati soffocati da notizie spesso contraddittorie, incapaci d’intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone. Non venga mai meno l’acqua buona della fiducia, anche se abbiamo respirato l’aria pesante della reciproca diffidenza. Chi è nel bisogno e non vede prospettive nel suo futuro prossimo, rischia di diventare subordinato ad altre piccole signorie di questo mondo, che promettono prestiti, denaro, lavoro… ma al solo scopo di irretire in manovalanza illegale o di dubbia illegalità. Apriamo gli occhi e aborriamo i falsi Zeus di questo mondo! L’analisi e l’interpretazione dei fenomeni demografici, economici e sociali della provincia di Catanzaro, impone a tutti un grave esame di coscienza. I protocolli anti-Covid ci hanno prudentemente distanziati; in futuro non diventino alibi alla nostra incapacità di ristabilire relazioni significative, di cui dobbiamo tornare a imparare la grammatica di base. Tutti siamo oggi invitati, ciascuno per la sua parte, ad accettare una chiamata a uscire: uscire dalla propria comodità, avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce che viene dal Vangelo e dai Santi cristiani. Chiesa e città di Catanzaro, hai ancora voglia di annunciare Gesù di Nazareth? Vuoi forse stare seduta ad aspettare stancamente la conclusione dei tuoi giorni? Interroghiamoci, lasciandoci prendere dal fascino di Gesù di Nazareth: dove e in quali contesti maggiormente mancano la luce e la vita del Risorto? Quali sono le periferie esistenziali del nostro territorio o quali sono i nuovi ambiti socio-culturali su cui bisogna puntare? Siamo disposti a rinunciare alle urgenze per accompagnare anche chi è rimasto al bordo della strada, che non può sfamarsi neanche di spighe come i discepoli di Gesù, a motivo di uno sviluppo, che è ancora distorto e incompiuto? Quali sono le principali carenze della popolazione che vive nelle periferie e nelle zone impoverite, della popolazione che sopravvive in mezzo a grandi difficoltà e cerca soluzioni per le proprie necessità e non promesse irrealizzabili? Siamo disposti, particolarmente coloro che sono in politica o nell’amministrazione, o prossimamente si candideranno, a camminare insieme, mano nella mano, lungo lo stesso sentiero che porta ai quattro punti cardinali della città, senza che alcuno perda la propria identità, il proprio nome e cognome, la storia propria e quella della terra che l’ha partorito? Se, com’è stato detto, la Politica è realizzare, è concepire le istituzioni come strumenti preziosi della partecipazione della gente alle decisioni che, tutte e sempre, li riguardano, perché non decidere tutti insieme di realizzare ciò che si ritiene possibile e trasformare il sogno in progetto, l’ideale in reale, l’Utopia in felicità ad ogni passo, anche quello accidentato? Imitiamo lo stile di Vitaliano: egli combatte contro le calunnie, sapendo che la verità avrà ragione; intanto, si rende disponibile a quanto Dio chiede da lui, pronto anche a lasciare per sempre la terra a cui era stato destinato come Vescovo. Cosa significa essere come san Vitaliano nel Sud della nostra Italia e in questo nostro peculiare territorio, ancora afflitto dalla zizzania mafiosa e da comportamenti corrotti? Come annunciare Vitaliano in un contesto di condizionamenti mafiosi, violenze, corruzioni, illegalità, disoccupazione? Perché la nostra comunità è così spesso impermeabile a queste gravi sfide sociali? Eppure una prassi ecclesiale e sociale, che vogliano restare fedeli al modo di rivelarsi di Dio in Cristo (solo Dio è Signore del sabato e dei precetti) non possono che nascere da un cambiamento radicale di atteggiamenti e culture. La lenta uscita dalla pandemia sanitaria, in particolare, richiede una disamina coraggiosa delle forti contraddizioni che gravano ancora sui nostri territori e sulle periferie, ma anche una disponibilità a fare, radicata dal sangue dei martiri e dagli esempi di uomini come Vitaliano, fiduciosi che, mentre Dio vede e provvede, ogni umana volontà e risorsa deve e può aiutare la mano di Dio. Ecco alcuni dati numerici che devono farci riflettere: l’indice di vecchiaia della nostra città al 2021, secondo l’Istat, è salito al 181,4: tale indice, ricordiamolo, rappresenta il grado di invecchiamento di una popolazione. Esso indica il rapporto percentuale tra il numero degli ultrassessantacinquenni ed il numero dei giovani fino ai 14 anni. Ora, nel 2021 l’indice di vecchiaia per la provincia di Catanzaro dice che ci sono 181,4 anziani ogni 100 giovani. Come gestire fraternamente i rapporti tra le generazioni? Sul piano dell’indice di dipendenza strutturale, in provincia di Catanzaro nel 2021 ci sono 55,3 individui a carico, ogni 100 che lavorano: è un dato molto preoccupante in tempo di ri-partenza, che si addiziona a quello della popolazione in età lavorativa, che è molto anziana. Cosa stiamo predisponendo sul piano imprenditoriale, amministrativo e politico? Gli stranieri residenti in provincia di Catanzaro al 1° gennaio 2021 sono 18.014 e rappresentano il 5,2% della popolazione residente: quali processi attivare per la piena integrazione senza esclusioni, nel rispetto della diversità di ideali etici, religiosi e culturali? Alunni spariti dall’anagrafe scolastica e, nella maggior parte dei casi, destinati a rimanere fuori da ogni percorso formativo. «Ecco soltanto alcune situazioni che attendono sguardo lungimirante e sapienza nelle decisioni, da prendere senza rinvii sine die. Nessuno può esaminare questi dati e agire come se Dio non esistesse, o decidere come se i poveri non esistessero, oppure sognare come se gli altri non esistessero, o anche lavorare come se quanti non hanno ricevuto l’annuncio liberante non esistessero. L’esempio di Vitaliano ci dà una certezza interiore, cioè la convinzione che Dio può agire in qualsiasi circostanza, anche in mezzo ad apparenti fallimenti, perché “abbiamo questo tesoro in vasi di creta” (2 Cor 4,7); ma ci stimola anche ad agire, però mai al di fuori di una comune responsabilità. È tempo di abbandonare l’aria pesante della reciproca diffidenza. È il tempo di ricucire”, di ristabilire relazioni significative”». «Conclusione A San Vitaliano– affido il sogno di una Città dove al posto del giudizio si supplisca la stima delle persone. All’odio e alla ricerca del capro espiatorio subentri l’impegno di rimboccarsi le maniche e assumersi le proprie responsabilità. Le nostre due prossime Beate: Maria Antonia Samà e Nuccia Tolomeo, ci regalano oggi un’eredità spirituale di offerta della loro vita per il bene degli altri che profuma già di Risurrezione”. Tutti invochiamo il Santo Patrono, tutti a lui chiediamo protezione e grazie per noi, per le nostre famiglie, i nostri quartieri, la nostra città, la nostra arcidiocesi. Amen».
Arcivescovo Vincenzo Bertolone
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