LAMEZIA TERME Sono già centinaia le segnalazioni arrivate in Procura, tante quanto le preoccupazioni dei cittadini che ogni anno si ritrovano in Calabria e, in particolare, sulla costa tirrenica catanzarese e vibonese. Al netto delle rassicurazioni dell’Arpacal, infatti, il mare continua, implacabile, ad assumere il colore verde e in ampi tratti anche l’ormai nota schiuma gialla, davvero poco rassicuranti per i turisti e i calabresi che ogni anno decidono comunque di soggiornare su questo tratto di costa. Il problema, dunque, c’è e va risolto.
La politica – locale e regionale – ha già dimostrato in questi anni la propria incapacità e allora a smuovere le acque (è il caso di dire) ci hanno pensato due Procure, quelle di Vibo Valentia e Lamezia Terme, guidate rispettivamente da Camillo Falvo e Salvatore Curcio. Nell’incontro di ieri organizzato a Lamezia, infatti, è stata istituita quella che è già stata definita una “mega task force”. Coinvolte, appunto, le due Procure, ma anche Calabria Verde, l’Arpacal, i carabinieri del Noe, la Guardia di Finanza, i Forestali, la Capitaneria di Porto. L’intenzione è quella di cercare innanzitutto di risalire e capire l’origine del fenomeno. Falvo e Curcio hanno già coinvolto tutti gli operatori del settore: ci saranno controlli sui depuratori, sui corsi d’acqua. L’azione si concentrerà – da subito – in particolare nel tratto di costa compresa tra Pizzo fino al Golfo di Sant’Eufemia e che coinvolge dunque i territori di Curinga, Acconia, San Pietro Lametino e dove è situato il pontile dell’ex Sir.
«Avevo già aperto un procedimento penale sui fatti di Nicotera – spiega al Corriere della Calabria il procuratore di Vibo, Camillo Falvo – ma in quell’occasione fu l’Arpacal ad evidenziare come le criticità non fossero legate ai depuratori, ma ai tantissimi e problematici corsi d’acqua. C’è ad esempio il Mesima: qui la Procura di Vibo aveva messo in azione una task force (almeno sulla parta vibonese) che ne hanno quasi del tutto risolto le criticità. Ma lo stesso andrebbe fatto anche dall’altra parte che ricade nel territorio di San Ferdinando». «La schiuma gialla che ogni anno si vede – spiega ancora Falvo – non è che non sia rilevante, ma potrebbe essere legato all’uso dei fertilizzanti in agricoltura che determinano la crescita delle alghe. E quanto muoiono con le temperature alte, rilasciano un muco che sembra olio, e quindi il fenomeno che vediamo nei nostri mari potrebbe essere legato a questo».
Il problema legato al funzionamento dei depuratori però c’è ed è reale. Una questione seria di cui dovrebbe occuparsi (davvero) la politica sia locale che regionale. «Ci sono strutture – ci spiega Falvo – per un verso sottodimensionate, dall’altro che non vengono manotenute come dovrebbero, ma molto spesso non per la malafede delle amministrazioni ma proprio perché mancano i soldi per poterlo fare. È a questo punto che dovrebbe intervenire la politica regionale». Già perché al netto dei proclami del facente funzioni, Nino Spirlì, e dell’assessore all’Ambiente, Sergio De Caprio, le criticità sulla costa si ripetono ad ogni stagione estiva, senza riuscire a trovare o quanto meno proporre soluzioni adeguate, e soprattutto senza fornire ai cittadini risposte certe. «Se non ci sono valori sballati, e se non emergeranno dai nostri rilievi – spiega Camillo Falvo – bisognerà comunque spiegare alla popolazione di cosa si tratta». «E se il problema sono davvero i fertilizzanti, va a risolto a livello politico perché bisogna spiegare agli agricoltori e alle aziende come comportarsi. Se noi interrompiamo oggi questo fenomeno, per qualche anno andrà ancora avanti. Ma se non interverremo mai, il mare resterà verde per sempre».
C’è poi un altro “caso”, ovvero la mancanza di amministrazioni con le quali potersi confrontare. Da Pizzo ad Amantea, per esempio, i Comuni sono tutti commissariati (tranne Gizzeria) e interfacciarsi con la politica è perciò impossibile. «Per noi – spiega però Falvo – è po’ più facile parlare con un prefetto-commissario, ma il limite è sempre lo stesso ovvero la mancanza di soldi per porre rimedio. È un problema serio, è una vicenda che va affrontata». «Si parla di Pnrr, di fondi, e allora perché non utilizzarli per risolvere le problematiche ambientali? Già non abbiamo industrie, se poi non ci impegniamo neanche per cercare di tutelare quel minimo di turismo è la fine. Un turista che viene qui e vede il mare in queste condizioni, quando mai ritornerà? E se torna al nord e spiega agli altri potenziali turisti che il nostro mare è verde e ha le bolle?» «Adesso i soldi arrivano, sfruttiamoli, facciamoli i depuratori e soprattuto vigiliamo che funzionino». (redazione@corrierecal.it)
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