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«Il mobbing può “uccidere”?»

Il caso di Sara Pedri accende i riflettori su una tematica (“il mobbing”) ancora oggi sottovalutata e strumentalizzata da chi non ha il coraggio, l’interesse e quella sensibilità emotiva per capir…

Pubblicato il: 17/07/2021 – 16:52
di giusy raffaele
«Il mobbing può “uccidere”?»

Il caso di Sara Pedri accende i riflettori su una tematica (“il mobbing”) ancora oggi sottovalutata e strumentalizzata da chi non ha il coraggio, l’interesse e quella sensibilità emotiva per capire cosa può provare chi la subisce. E gli ambienti lavorativi sono troppo spesso manipolati da persone che scelgono di circordarsi del “lacchè” di turno che, falsamente, li ossequia e li venera, isolando o non considerando chi non fa parte della “corte” del capo. Il tanto decantato benessere organizzativo dei lavoratori è un obiettivo non contemplato! Ma a volte quest’isolamento è attuato con modalità così esasperate, aggressive, sconfinando al limite della persecuzione verbale. Sono passati circa tre anni da quando un caro collega decise di togliersi la vita e lo fece sul posto di lavoro. Colpisce la scelta del luogo! Era una persona sempre sorridente, affabile che pian piano si è isolata, non parlava con nessuno, perché così gli era stato caldamente suggerito. Durante il sopralluogo i poliziotti fecero le solite domande di rito, ed anche in quel momento di dolore, ricordo le occhiate di alcuni colleghi e dirigenti poco compassionevoli e l’invito a “non esprimersi con troppi giudizi, a non filosofeggiare”. L’indifferenza di molti a fronte della sofferenza di pochi, tacciati come persone fragili con tendenza a mistificare i fatti. In quella situazione e per i mesi successivi (perché l’atteggiamento persecutorio si è riversato da quel momento su chi conosceva e lavorava col collega) mi sono resa conto della situazione surreale che può vivere chi subisce mobbing. Si viene catapultati in un tunnel nel quale ci si sente intrappolati e le “parole” si trasformano in un’arma pericolosa, molto più dolorosa di un pugno in faccia. Ma la cosa che fa più male è non essere creduti, sminuire quello che si prova, perché ancora oggi il mobbing è un fenomeno che per comodità viene metaforicamente ascritto nella categoria delle “fantasie mentali”, scomodo anche solo da pronunciare, pena l’essere giudicati come personalità problematiche con difficoltà relazionali. Mentre nella realtà un dato che si trascura è che spesso le vere persone problematiche e potenzialmente pericolose sono chiamate a ricoprire ruoli dirigenziali strategici, con tutti i risvolti a livello psicologico che l’esercizio di questo potere, se fatto da persone poco equilibrate, può scatenare sui malcapitati, costretti a lavorare e a subire l’instabilità di questi soggetti. Perché in fondo per loro è un gioco sociale, a volte molto subdolo, una combinazione di umiliazioni, diffamazioni, minacce e molestie che spesso non hanno alcuno scopo, ma sono verosimilmente espressione di una sintomatologia da inquadrare e curare. E chi ne fa le spese sono le persone più sensibili!

Dedicato al collega Riccardo

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