Ultimo aggiornamento alle 12:48
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 9 minuti
Cambia colore:
 

il caso

Scordovillo, storia del ghetto più grande del Sud Italia e le «aspettative deluse»

Venticinque anni di sopralluoghi parlano di «emergenza umanitaria e ambientale». Lunedì la manifestazione dei cittadini per dire «basta»

Pubblicato il: 17/07/2021 – 7:13
di Alessia Truzzolillo
Scordovillo, storia del ghetto più grande del Sud Italia e le «aspettative deluse»

LAMEZIA TERME Si terrà lunedì alle 17 davanti al palazzo Comunale di Lamezia Terme il sit-in di iniziativa popolare per chiedere una soluzione al problema dei righi tossici che provengono dal campo rom di Scordovillo e per incentivare la risoluzione dell’emergenza umanitaria e ambientale che lo stesso campo rappresenta.
Gli organizzatori sono un gruppo di cittadini che ha deciso di reagire dopo il rogo che due giorni fa è partito proprio dal campo. È stato uno degli incendi più vasti che si sia mai sviluppato. Le forze dell’ordine hanno ricevuto segnalazioni delle esalazioni tossiche fino a Marcellinara. L’area, circa 300 metri quadri, era stata posta sotto sequestro lo scorso 18 giugno nel corso dell’operazione dei carabinieri e della Dda di Catanzaro denominata “Quarta Chiave”. Oltre 200 copertoni sono stati divorati dalle fiamme, oltre a carcasse di automobili, resine sintetiche e rifiuti di ogni ordine e grado. Una vera discarica incontrollata posta, quale monumento all’emergenza ambientale, proprio davanti al palazzo comunale e all’ospedale cittadino. Una discarica nata con la complicità di ditte compiacenti e privati cittadini che smaltiscono copertoni e scarti lasciandoli al traffico illecito dei rifiuti praticato dai rom. Due giorni hanno impiegato i vigili del fuoco a spegnere l’incendio e mettere in sicurezza un’area pericolosamente impregnata di diossina.

Il sit-in

Un gruppo di cittadini ha deciso di dire basta e reagire. Hanno creato la pagina Facebook “Class action fumi tossici Lamezia Terme” che conta oltre 4000 iscritti e hanno organizzato un sit-in che si terrà davanti al Comune lunedì alle 17. Una manifestazione partita dal basso nel corso della quale verrà letto un documento con le richieste da presentare al commissario prefettizio, in seguito verranno raccolte le firme per sottoscrivere le richieste e il commissario Giuseppe Priolo riceverà una delegazione di cittadini e il documento sottoscritto.
I patti sono chiari, come chiedono i 4000 iscritti al gruppo: la manifestazione è civile, del tutto popolare e non «ha connotazioni di tipo ideologico, politico e partitico». Insomma, nessuno cerchi di metterci sopra, furbamente il cappello. Una precauzione in più viste anche le imminenti elezioni regionali.
Si chiede a tutti, infatti, «di partecipare in qualità di privati cittadini e non in rappresentanza di partiti o schieramenti politici» e di «di mantenere un atteggiamento adeguato a una manifestazione pacifica e civile» oltre che «di indossare le mascherine anti-covid e rispettare il distanziamento sociale».

Storia di un accampamento

Due o tre cose da sapere sull’accampamento rom di Scordovillo le racconta l’inchiesta “Quarta Chiave” condotta il 18 giugno scorso dai carabinieri del Gruppo di Lamezia Terme e dalla Dda di Catanzaro con l’indispensabile supporto della Procura di Lamezia Terme. Gli investigatori, nella richiesta di misure cautelari, hanno ricostruito la “Genesi dei fatti”.
C’è da sapere che l’accampamento rom più grande del meridione si trova a Lamezia Terme in località Scordovillo su una superficie di circa due ettari che confina con l’ospedale “Giovanni Paolo II”. Le due zone vengono separate dal terrapieno della ferrovia. Le indagini dei carabinieri, in particolare, hanno permesso di tracciare la progressiva espansione dell’accampamento, che ha visto la superficie estendersi da circa 14.000 metri quadri agli attuali 25.000 metri quadri.
L’area è pubblica, è comunale, mentre la strada d’accesso al campo, da via Salvatore Miceli, è di proprietà delle Ferrovie dello Stato poiché ricade nella fascia di rispetto del terrapieno della ferrovia che collega la stazione di Nicastro a quella di Sant’Eufemia.
Secondo il Piano regolatore generale comunale, ancora vigente, l’area del campo rom risulta essere “zona ospedaliera”. Secondo il Piano strutturale comunale l’area risulta classificata per attrezzature urbane ed in particolare usi ospedalieri complementari e integrati nella previsione di smantellamento del campo rom.
Nel 2011 sono state censite 130 unità abitative (per un totale di circa 800 persone) ma «la visualizzazione delle immagini satellitari dimostra la proliferazione di abusi edilizi, che hanno inciso significativamente sulla conformazione urbanistica del territorio, sebbene l’ultima ordinanza di demolizione sia datata 15 maggio 2012».

L’allarme della Procura e le orecchie da mercante delle istituzioni

L’allarme la Procura di Lamezia Terme lo sta lanciando dal 2006, quando il 21 novembre venne eseguito il primo sequestro preventivo dell’area adiacente al campo che veniva usata come discarica e delle sue vie d’accesso.
Nel 2011 è stato eseguito un nuovo sequestro preventivo questa volta dell’intero accampamento, con differimento dello sgombero di circa 30 giorni per permettere agli interessati di arginare l’emergenza abitativa. Pochi mesi dopo il sequestro, la relazione del Noe di Catanzaro, trasmessa alla Procura di Lamezia, relative ai campionamenti di terreno fatti nell’accampamento rivela una «elevata a contaminazione da idrocarburi, piombo, cadmio e rame, con valori ben al di sopra della norma».

«Emergenza umanitaria e ambientale»

Alla luce di questi dati il pubblico ministero non esita a parlare di «emergenza umanitaria e ambientale al contempo da affrontare unicamente con lo sgombero immediato e la bonifica dell’area interessata dal campo rom, non essendo ipotizzabili strumenti alternativi in considerazione della resistenza della popolazione rom ad integrarsi mediante l’occupazione in attività lecite ed in considerazione del fatto che il suo allontanamento dalla società civile è destinato a crescere in misura proporzionale alla crescita prevedibile della popolazione del campo e del correlato aumento dell’elusione massiccia dell’obbligo scolastico. La scuola, che potrebbe rappresentare la via maestra per l’integrazione, non fa il suo ingresso nel mondo rom ed il campo rom, di converso, diventa ancor più la palestra per l’addestramento al crimine delle nuove generazioni. I  finanziamenti periodici per le bonifiche e/o le ristrutturazioni del campo si sono rivelati inefficaci quanto alla soluzione definitiva della questione rom, intesa nel suo significato complesso di fenomeno criminale ed umanitario, e di mero tamponamento di fortuna quanto all’emergenza generata di volta in volta, nel frattempo, dalla mancanza di una sistematica osservazione e prevenzione dell’involuzione delle dinamiche criminali interne alla popolazione rom». La richiesta di sgombero del pm contiene in sé l’analisi di una situazione allo stremo nella quale una mai integrata popolazione rom vive senza rete fognaria e con allacci illegali alla rete elettrica, visto gli allacci legali sono stati interrotti. Il campo rom è un ambiente insalubre, a rischio incendi e con la scolarizzazione dei bambini ridotta all’osso, sempre più emarginato e mal tollerato dal resto della popolazione. Il campo rom di Scordovillo è una sorta di campo profughi in pieno centro città.

Le aspettative deluse

Il 31 ottobre 2011 la Procura di Lamezia Terme dispone l’esecuzione dello sgombero del campo. Ma il Comune di Lamezia Terme – amministrazione Speranza – presenta un’istanza di dissequestro alla Procura di Lamezia Terme, firmata del coordinatore dell’ufficio speciale rom, con la quale comunicava l’avvenuta presentazione di un progetto al ministero dell’interno, denominato le “Tre Chiavi di Ciaiò”, finalizzato ad ottenere di un finanziamento nell’ambito del Pon Sicurezza 2007 -2013 per potenziare e proseguire lo sgombero dell’accampamento di Scordovillo.
Un anno dopo, a dicembre 2012, il sostituto procuratore Domenico Galletta, ritenuta condivisibile e affidabile l’istanza, ordinava il dissequestro del bene e la restituzione al Comune di Lamezia Terme per le ragioni e le finalità sopra indicate.
«Le aspettative sono state deluse – scrive la Dda di Catanzaro –. Difatti, nessun provvedimento è stato (ancora) adottato dall’autorità pubblica per fronteggiare l’emergenza».

Il 2016 e nuovi problemi

Dopo quattro anni la situazione è sempre la stessa se non peggiore. A febbraio 2016 il gip di Lamezia Terme, su richiesta della Procura, emette un’ordinanza di arresto nei confronti di alcuni dimoranti nel campo rom ritenuti responsabili di plurimi incendi di rifiuti speciali pericolosi. Il giudice parla di «inquietante impatto ambientale». Dall’analisi chimica di un campione di terreno superficiale è emersa la presenza di concentrazioni superiori ai limiti di legge di metalli pesanti (antimonio, cadmio, piombo, rame, zinco), idrocarburi pesanti, «che dimostrano, in maniera univoca, il rilascio di elementi tossici nella matrice suolo, con elevato rischio di inquinamento anche delle acque sotterranee». È l’ennesima riprova dieci hanno dopo le analisi del 2006. 

2018, un progetto da 700mila euro mai realizzato

A giugno 2018 c’è una nuova operazione. Nuovi arresti per traffico illecito di rifiuti, discarica non autorizzata, inquinamento ambientale e violazione di sigilli. Il Comune cosa fa? Istituisce una “Unità di Progetto”, denominata “Rom Scordovillo”, che ha come scopo monitoraggio del campo rom e degli insediamenti abusivi; identificazione e il censimento di tutti gli abitanti, minori compresi; controllo della situazione economico patrimoniale di tutti i nuclei familiari, anche mediante l’ausilio dell’Agenzia delle Entrate e/o i nuclei di polizia tributaria; sgombero e abbattimento immediato degli insediamenti abusivi; sgombero e abbattimento dei container dei cittadini rom residenti a Lamezia Terme aventi diritto alle misure agevolative per la risistemazione alloggiativa che dovrà avvenire in modo graduale. Un progetto faraonico che a marzo 2019 porta l’ente ad adottare un programma triennale dei lavori pubblici (2019/2021) che prevede: “realizzazione alloggi per cittadini rom” per l’importo di 700mila euro.
Ma gli investigatori nel 2021 non posso che constatare amaramente che nel 2021 «considerata l’assenza di interventi concreti, permane quello stato di precarietà ed irregolarità diffusa già evidenziato all’atto del sopralluogo eseguito nel maggio del 1995, che si riporta, aggravato da ulteriori 25 anni di espansione ed edilizia incontrollata: “le opere relative ai servizi primari quali l’acqua potabile, la fognatura e l’energia elettrica realizzate per il campo progettato in origine risultava insufficienti e inidonei a causa della crescita incontrollata dell’insediamento in termini di popolazione presente, cui è corrisposta una crescita caotica e disordinata delle abitazioni, […omissis…] la viabilità all’interno del campo è stata compromessa dagli ampliamenti successivi degli insediamenti, che hanno progressivamente ristretto la carreggiata stradale fino ad interromperla in alcuni punti. Le stradine interne originariamente bitumate, sono allo stato dissestate e prive di un’adeguata canalizzazione per la raccolta delle acque superficiali”».
Nessuna amministrazione, nessun commissario, hanno mai concretamente posto soluzione al problema nonostante le proposte i finanziamenti e gli innumerevoli interventi dell’autorità giudiziaria. Oggi, dopo il rogo che ha invaso la Piana di Lamezia, arrivano i primi proclami di intervento. Il governatore facente funzioni Nino Spirlì dichiara di avere «convocato, per la prossima settimana, un nutrito e competente tavolo di lavoro per risolvere, una volta per tutte, i problemi che ruotano attorno al campo di Scordovillo». I cittadini di Lamezia chiedono oggi solo una cosa: più concretezza e meno ipocrisia.

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x