LAMEZIA TERME Anche la Calabria potrà affrontare la fase di ripresa post pandemica, ma soprattutto costruire le basi di uno sviluppo socio-economico “reale” e sostenibile puntando sulla green economy e sulla transizione ecologica del sistema produttivo locale. Un cambio di filosofia imposto in qualche modo dalla crisi climatica prima e dalla diffusione poi dell’epidemia da Covid-19 (che ne è diretta conseguenza) che potrebbe generare i semi di una ricchezza diffusa sul territorio. Costruendo le fondamenta per le future generazioni di calabresi. In linea con le indicazioni delle politiche di sviluppo europee che proprio sulla rivoluzione verde – introdotta dal piano Next generation Eu e del Green new deal – punta una cospicua fetta delle risorse programmate da Bruxelles per far uscire il vecchio continente dalla crisi e rilanciarne l’economia complessiva. Come previsto anche dal Pnrr a firma Draghi che sulla rivoluzione verde e alla transizione ecologica: 69,69 miliardi pari a circa il 30% dell’intera posta in gioco.
Temi che sono i cavalli di battaglia di Edo Ronchi, più volte ministro dell’Ambiente ed ora presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, onlus in cui imprese ed esperti collaborano per la crescita della green economy in Italia. A lui si deve la prima legge sui rifiuti in Italia che porta per questo il suo nome, Ronchi ha difeso questa linea anche nel suo recente libro “Le sfide della transizione ecologica” edito da Piemme. Una strategia che risulterà vincente anche per territorio in ritardo di sviluppo come la Calabria per uscire dalla situazione di marginalità in cui da decenni sembra relegata.
Presidente lo scoppio della pandemia ha messo ancor più in luce divergenze territoriali, evidenziando le fragilità socio-economiche delle aree più povere. Anche in Italia. La Calabria ha registrato flessioni importanti sul fronte dell’occupazione e conseguentemente un crollo della ricchezza delle famiglie. Con il piano Next generation Eu, l’Europa chiede maggiore attenzione alle tematiche ambientali. Può rappresentare un’occasione di sviluppo vero anche per regioni come la Calabria?
«Ciascuna delle 6 Missioni in cui è articolato il Piano italiano per l’utilizzo delle ingenti risorse europee di Next generation EU a me pare alimenti possibilità importanti anche per le aree più povere del nostro Paese: la prima missione impiega risorse per l’innovazione, per la valorizzazione dei beni culturali e il turismo che hanno potenziali che potrebbero essere meglio utilizzati in Calabria; la seconda missione mobilita risorse per iniziative di elevata qualità ambientale per le quali c’è un gran bisogno ovunque; la terza è volta a migliorare la mobilità nelle città e a livello regionale, in particolare quella ferroviaria; la quarta per favorire la formazione e la ricerca che può valorizzare e migliorare la buona rete di Università calabresi; la quinta e la sesta per la coesione e la sanità che potrebbero essere ben utilizzate per potenziare sostegni all’infanzia e assistenza agli anziani, oltre alle strutture sanitarie calabresi, notoriamente carenti. Anche in Calabria con queste risorse europee possiamo avere una buona occasione da non perdere. Non si tratta, a mio avviso, di aspettare che cada dal cielo la soluzione di tutti i problemi, ma di attrezzarsi e darsi da fare per cogliere, dopo un periodo così nero come quello di questa pandemia, al meglio una buona opportunità».
I decisori politici su cosa dovrebbero puntare per far recuperare a questa regione il gap con il resto del Paese, facendo leva sui capisaldi della Green economy?
«Ogni volta che vado in Calabria rimango colpito dalla bellezza di gran parte delle sue coste e dei suoi monti, della varietà e qualità dei prodotti dell’agricoltura (con una presenza di produzioni biologiche fra le più importanti d’Europa), dell’ospitalità degli abitanti, dell’eccellenza degli alimenti e del buon vino. In Calabria vi sono attività, non molto diffuse, ma presenti, di artigianato e di industrie di qualità insieme ad università note e di buon livello. Unendo queste potenzialità e queste capacità la Calabria, anziché regione di emigrati, potrebbe diventare attrattiva: una Regione green al centro del Mediterraneo, con elevata qualità ecologica del territorio, delle coste e del mare, dell’alimentazione e degli stili di vita, potrebbe attirare flussi di turismo molto più consistenti di quelli attuali. Molte persone in Europa e nel mondo si spostano, specie anziani con buoni redditi, ma anche famiglie che cercano luoghi migliori dove vivere bene: la Calabria potrebbe diventare uno di quei posti dove trasferirsi per vivere bene. La globalizzazione e lo sviluppo tecnologico hanno diffuso attività industriali e di servizi avanzati in aree attrattive, dove si vive bene e dove sono disponibili giovani e centri di ricerca di eccellenza. Investendo contemporaneamente nelle università e nei centri di ricerca di eccellenza in Calabria e in progetti di sviluppo avanzato in aree di elevata qualità ecologica, si potrebbe alimentare, invece che la fuga di cervelli, una dinamica attrattiva per una green economy avanzata».
La Calabria come altre aree in ritardo di sviluppo, viste le sue caratteristiche – poche industrie “pesanti” e un importante patrimonio forestale, ambientale e di aree interne – potrebbe divenire una sorta di “laboratorio” delle nuove politiche ambientali?
«In Calabria vi sono ben tre importanti Parchi nazionali: del Pollino, della Sila e dell’Aspromonte. Queste realtà hanno già esperienze importanti di valorizzazione delle aree interne: del turismo, dei prodotti tipici locali, dell’agricoltura tipica e dell’artigianato. Valuterei le iniziative migliori, magari anche con il confronto con quelle che hanno avuto maggiore successo in altri parchi di montagna, in altre aree interne, e cercherei di sostenerle, rafforzarle ed estenderle. Il più delle volte queste iniziative sono rimaste limitate, non si sono sviluppate come avrebbero potuto, per mancanza di personale e di risorse finanziarie. Prima di pensare a nuovi “laboratori” ambientali, penserei a rafforzare quelli che già ci sono. Mi pare interessante anche il progetto, finanziato con le risorse del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza delle “green communities”, che punta ad attivare iniziative ambientali integrate in piccoli comuni di montagna e rurali che mettono insieme e finanziano attività tipiche di quelle zone che vanno dalla gestione delle risorse idriche, all’agricoltura tipica, all’energia rinnovabile, alla sistemazione e al recupero di costruzioni abbandonate o degradate, all’agriturismo e ad attività culturali».
Nel suo libro parla di “rivoluzione energetica” che passa attraverso una transizione dall’uso dei combustibili fossili ai rinnovabili. Eppure la Calabria da tempo è in testa alla classifica nazionale per la generazione di rinnovabili, senza però usufruirne i vantaggi. Anzi c’è il paradosso che è tra quelle che paga un costo energetico in bolletta più alto d’Italia per via del parametro Omega. Come correggere questa stortura?
«Non dimentichiamo che lo sviluppo delle energie rinnovabili serve a tutti per evitare un ulteriore peggioramento della crisi climatica che ha conseguenze molto serie anche in Calabria ed è pagata anche dai calabresi: pensiamo ai danni delle bombe d’acqua, ai danni alla salute delle ondate di calore, alle conseguenze dei periodi di siccità prolungata e alla crescita del pericolo della diffusione degli incendi. Condivido l’osservazione che si dovrebbe, tuttavia, fare di più per portare maggiori vantaggi ai cittadini con la diffusione delle fonti rinnovabili di energia. E intanto penso ad un maggiore utilizzo anche in Calabria dell’ecobonus del 110% che consente di integrare interventi per efficienza energetica (impianti, serramenti, pareti , soffitti ecc) e di produzione e uso di fonti rinnovabili di energia. Con una pompa di calore, pannelli fotovoltaici sul tetto e miglioramento dell’efficienza delle case, senza spendere soldi propri, possiamo avere l’energia pulita che ci serve per riscaldare e raffrescare casa, per cucinare e avere acqua calda. Nei piccoli comuni fino a 5.000 abitanti, diffusi in Calabria, si possono organizzare “comunità energetiche” che realizzano impianti per produrre energia rinnovabile (solare fotovoltaica, termica , a biomassa, biogas e biometano, mini-idroelettrica , eolica e geotermica ) per il proprio consumo: per tali impianti possono avere prestiti a tasso zero e per l’intero costo dell’impianto. Spendendo molto meno delle bollette ripagano il prestito in un certo numero di anni, ma disponendo gratuitamente dell’energia che produce il loro impianto di comunità».
L’agricoltura resta uno dei settori ancora trainanti dell’economia calabrese. Un comparto al quale lei chiede una particolare attenzione per contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra. Quali atteggiamenti dovranno essere modificati anche in contesti locali?
«L’agricoltura calabrese degli ulivi, degli agrumi, della frutta, delle viti, delle verdure e di molte specialità tipiche ha una grande importanza non solo economica, ma anche per la qualità del territorio e del paesaggio calabrese. Ha già intrapreso un percorso di qualità ecologica: il 29% delle aree coltivate è biologico. Dovrebbe proseguire su questa strada. La nuova strategia europea “Farm to Fork”, dalla campagna alla tavola, punta da una parte a migliorare la qualità ecologica dei prodotti agro-alimentari e, dall’altra, a migliorare sia gli impatti sul clima dell’agricoltura e dell’allevamento e a favorire misure di adattamento al cambiamento climatico. In linea con questa strategia occorre ridurre l’uso delle sostanze chimiche in agricoltura, migliorare la gestione dei suoli agricoli per aumentare lo stoccaggio del carbonio organico, migliorare la gestione dei rifiuti agricoli e degli allevamenti per ridurre le emissioni di biogas e coinvolgere di più gli agricoltori per produrre e utilizzare energia rinnovabile. Per esempio c’è un programma finanziato per realizzare impianti fotovoltaici sui tetti delle costruzioni destinate ad usi agricoli».
Lei è un fautore della corretta gestione dei rifiuti. Un tema che da sempre è particolarmente delicato in una regione come la Calabria che per anni è stata commissariata in questo settore e che continua, nonostante l’uscita da quella fase commissariale, a non riuscire ad uscire dalla logica delle discariche. Quali correttivi dovrebbero essere introdotti per modificare rapidamente la situazione?
«La Calabria con il 47,9% di raccolta differenziata dei rifiuti urbani nel 2019, continua ad essere una delle Regioni italiane più indietro nella gestione dei rifiuti urbani, insieme alla Basilicata e alla Sicilia: la media della raccolta differenziata in Italia è al 61,3% e ben otto Regioni italiane sono ormai sopra il 65% . La responsabilità del ritardo non è omogena in Calabria. In verità la provincia di Catanzaro è al 54,3% e quella di Cosenza al 58,6%, ciò che fa ridurre la media regionale sono i bassi livelli raggiunti nel Vibonese con il 41,4% , nel Reggino con il 36% e nel Crotonese con appena il 30%. A causa del basso livello delle raccolte differenziate la gran parte dei rifiuti urbani in Calabria continua a finire in discarica, con spreco di risorse, di territorio e con elevati impatti ambientali, invece di alimentare attività di riciclo. Questo sistema arretrato è anche costoso per i cittadini che pagano la tassa dei rifiuti: la gestione di un kg di rifiuto urbano in Calabria costa mediamente circa 42 centesimi di euro, in Lombardia, con una raccolta differenziata al 72%, costa 28 centesimi al Kg e in Veneto, con il 74,7% di raccolta differenziata, costa 29 centesimi al Kg: quindi la gestione dei rifiuti in Calabria pesa in termini economici ai calabresi circa un terzo in più rispetto a quanto costa ai cittadini lombardi o veneti. Da chi dipende l’arretratezza nella gestione dei rifiuti urbani? Dai sindaci e dagli assessori incaricati. Dove questi si sono impegnati, infatti, anche in Calabria i risultati, nel giro di pochi anni, si sono visti. Dove i livelli di raccolta differenziata sono rimasti bassi, la responsabilità è quindi ben precisa. Quando aumenta la raccolta differenziata vanno adeguati anche gli impianti di trattamento e di riciclo. E ciò si può fare con una certa rapidità, come si è fatto in molte altre Regioni».
C’è anche il tema della mobilità sostenibile in cui la Calabria potrebbe divenire modello di sperimentazione. I collegamenti pubblici verso le altre aree del Paese, soprattutto della fascia jonica, restano ancora in forte ritardo. Scoraggiando l’utilizzo di mezzi a basso impatto ambientale come i treni. L’occasione del Pnrr andrà colta in questa direzione?
«Direi proprio di si. Il Pnrr prevede ben 25,4 miliardi di euro per le infrastrutture per la mobilità con l’esplicita indicazione di colmare il divario fra Nord e Sud e tra le aree interne del Paese, con attenzione anche ai collegamenti ferroviari regionali».
Uno degli aspetti di cui lei resta un sostenitore è quello delle green city. Quali trasformazioni potrebbero essere introdotte anche in piccole realtà quali sono le città calabresi?
«Raccogliendo i più recenti indirizzi europei, il Green city network, col quale collaboro, ha elaborato Linee guida per le città che ben si adeguano anche a città piccole e medie come quelle calabresi. Le linee guida puntano all’elevata qualità ecologica come chiave del rilancio delle nostre città, anche piccole. Quindi sulla cura per la qualità urbanistica e architettonica degli interventi, sulle misure per una buona qualità dell’aria, per aumentare le dotazioni di verde urbano e periurbano , per puntare sulla rigenerazione di aree già urbanizzate e il recupero di edifici esistenti, risparmiando nuovo suolo, su una mobilità urbana meno dipendente dalle auto, più ciclopedonale, ecologica e basata sulla mobilità pubblica e condivisa, sulla riduzione e il riciclo dei rifiuti, l’uso accorto dell’acqua e la riparazione delle elevate perdite degli acquedotti e con l’adozione di misure di mitigazione e di adattamento al cambiamento climatico».
Da qui a qualche mese la Calabria avrà un nuovo governo regionale. Cosa si sente di “consigliare” a chi guiderà la Regione per avviare politiche di sviluppo sostenibile locali?
«La crisi climatica si prospetta come la prossima pandemia per l’umanità, con conseguenze ancora più gravi se non si interviene subito con misure più efficaci. Anche in Calabria l’impegno per ridurre le emissioni di gas serra e adottare misure di adattamento al cambiamento climatico non può più essere considerato secondario. Queste misure possono anche diventare una leva di riqualificazione e di nuovo sviluppo. La qualità ecologica non può più essere considerata un fattore trascurabile: è ormai centrale per il nostro benessere e per il futuro stesso dello sviluppo. Stiamo entrando in una nuova era nella quale la transizione digitale e quella ecologica stanno generando rapidi cambiamenti. Le Regioni che hanno grandi potenzialità ecologiche come la Calabria potrebbero mettersi alla testa di questo cambiamento. Per arrivare ad una meta non basta però che il vento sia favorevole, è indispensabile che i marinai sappiano dove andare». (r.desanto@corrierecal.it)
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